«Ma»: capire certi “vuoti” o è profonda notte

Lupus di «ma»… Ieri sul “Fatto” (p. 11), e identicamente su altri giornali, di rimbalzo dalle agenzie la tragica notizia del suicidio di un bimbo di 10 anni a Roma. Così: «il bambino era figlio di genitori in fase di separazione, ma (sic!) secondo i primi accertamenti… non risultava aver avuto particolari problemi». Così anche sull’intera p. 23 di “Repubblica” in Cronaca di Roma, ove si parla della separazione dei genitori che – leggo – «era l’unica ombra nel suo cuore». Insomma: non aveva «particolari problemi», salvo quell’«unica ombra»… Ecco: forse nella testa un po’ – almeno un po’ – ideologizzata di qualcuno non si capisce, o non si vuol capire, che talora certe “ombre”, anche “uniche”, sono profonda notte, soprattutto per i piccoli e i fragili. Si dà per scontato che è normale la “separazione”, anzi è una conquista di civiltà e di libertà per tutti, ma… forse si dimentica qualcuno, vero? Altro “ma”… Sulla “Stampa” ieri (p. 18) grosso titolo da Parigi per Alberto Matioli: “Nozze gay, la rivolta dei sindaci”. Ma? E già! Leggo che «il progetto langue in Parlamento, mentre la provincia si ribella». E si ribella così: «Non li celebreremo mai»! Ma allora qualche resistenza non è solo colpa del Vaticano, che in Italia avremmo la “disgrazia” di avere in casa! Ma allora forse c’è qualcosa di più profondo, di più serio, di più solido, e rispettare i diritti civili di tutti senza discriminazioni, pur conservando certe differenze obiettive è doveroso, senza confondere tutto, come se tutto e sempre fosse la stessa cosa. Ieri qui (p. 2) un Editoriale raccomandava: «Capire il vuoto». Parlava d’altro, ma viene bene anche per ambedue i «ma».
a cura di Gianni Gennari – avvenire.it