L’UOMO E LE VIOLENZE SUGLI ANIMALI

FERDINANDO CAMON

È accaduto nel Padovano: un pensionato di 60 anni, guidando l’auto, ha investito un cane, non si è fermato, l’animale ha guaìto per ore, poi è morto. Qualcuno ha preso la targa, e ha fatto denuncia. Conclusione: multa di 389 euro al pensionato. E così tutti facciamo la scoperta: è obbligatorio fermarsi, e fare quel che si può, anche quando investiamo un animale. Lo dice un articolo del nuovo codice stradale, il numero 189 bis. È un articolo sensato? Chi fa del male a una bestia va condannato? È cattivo? A tutte le domande rispondo: Sì.

Rispondo sì perché nella mia memoria tornano le pagine di un libro scritto da Erika Mann, figlia di Thomas Mann. Thomas Mann, come tutti sappiamo, non tollerava il nazismo, e preferì andarsene dalla Germania in America (più tardi, finita la guerra, fu scelto dagli Alleati come intellettuale adatto a comunicare a tutti i tedeschi lo Sterminio: occorreva che i tedeschi sapessero, e sapessero da uno di loro). La figlia di Thomas ha scritto un libro sull’educazione che molti giovani tedeschi ricevevano nelle scuole per diventare bravi nazisti: nell’educazione era compresa la capacità di infliggere dolore agli animali. C’erano studenti che si presentavano a scuola esibendo gli occhi del loro gatto: avevano cavato gli occhi al gatto vivo. L’impresa veniva annotata nel curriculum del ragazzo, e a fine anno aveva il suo peso nella promozione. Far soffrire e reggere la vista del dolore altrui era una virtù. Il perfetto nazista era corpo, non mente o psiche. Il giovane tedesco era bravo se sferrava forti pugni, non se sapeva bene il francese. Il motto: ‘Più boxe e meno francese’ lo aveva inventato Hitler.

Ora, non sto dicendo che il povero pensionato che ha investito un cane e non s’è fermato a soccorrerlo, somigli ai nazisti che facevano soffrire cani e gatti. L’incidente col cane è, appunto, un incidente. Ma c’è un altro episodio, anch’esso di questa settimana, che mostra come spesso la specie umana non abbia sensibilità verso gli animali. Sto parlando di quella ragazza che ha mostrato al mondo la sua capacità di ammazzare cuccioli di cane ridendo. S’è fatta filmare dal fratello e ha messo la sequenza su YouTube. Nel filmato, porta al braccio sinistro un cestino, nel cestino ci sono 6 cuccioli di cane, lei ne afferra uno alla volta e con la mano destra lo scaraventa nel fiume: la parabola del volo è seguita dalla videocamera. Durante il volo, il cagnolino guaisce di paura e lei strilla di gioia. Il messaggio è: «Guardate come sono forte!, ammazzo e rido».

«Forte» è il termine positivo per eccellenza nel linguaggio dei giovani. Tra molti ragazzi, forte è colui che va al di là della morale genitoriale o sociale. C’è il titolo di un libro che esprime bene questo limite da oltrepassare: ‘Al di là del bene e del male’. La ragazza vuole che il mondo la guardi ( YouTube sta al mondo dei giovani come il tg al mondo dei grandi) mentre è al di là del limite.

Guardarla non è facilissimo, perché è incappucciata, non vuol essere riconosciuta.

Dunque sa che quel che fa è male. Pare che sia stata riconosciuta, che sia una bosniaca (tutto il mondo è paese), e che sia minorenne.

La differenza tra il suo reato e quello del pensionato padovano è che l’uccisione del cane da parte del pensionato è colposa, mentre l’uccisione plurima dei cuccioli da parte della ragazza è volontaria. I 389 euro di multa al pensionato sono il minimo, tengono conto dell’involontarietà. Il massimo, quando c’è la volontà, sono 1.559 euro. La multa per la ragazza bosniaca non si calcola così, perché là non c’è quell’articolo. Ma c’è una legge per cui chi maltratta gli animali paga 5mila euro. Spero che glieli facciano sborsare. Peccato per lei che i tempi siano così cambiati. Ai tempi di Erika Mann avrebbe la carriera garantita in un corpo militare speciale. E avrebbe già i gradi sulle spalle.

avvenire 5 settembre 2010