Nella sua Breve storia della musica, il critico Massimo Mila ha voluto rendere omaggio al genio di Johann Sebastian Bach individuando con queste parole il fulcro centrale dell’inesauribile fonte d’ispirazione e dell’impronta di profonda spiritualità che ha marchiato a fuoco l’opera del compositore tedesco: «La sua immensa produzione musicale fu messa assieme con un lavoro assiduo, metodico e tranquillo, eseguito con una scrupolosa cura di artigiano e inteso, senza alcuna posa, come servizio di Dio. Senza posa, ché se Bach fosse stato calzolaio, avrebbe fatto a maggior gloria di Dio un numero sterminato di scarpe, tutte accuratamente lavorate e finite…».
Una visione in qualche modo poetica e “confessionale” che, in ambito musicologico, ha aperto un vero e proprio dibattito dai toni alquanto accesi, ma che qui offre lo spunto ideale per introdurre una figura come quella di Lorenzo Ghielmi, musicista di chiara fama che riassume in sé i tratti caratteristici dell’illustre e glorioso “maestro di cappella”; depositario di un’antica tradizione, di un’abilità e di una sapienza formate e affinate direttamente sul campo, nelle sale da concerto, tra le navate delle chiese e nelle aule delle scuole, in qualità di organista, clavicembalista, direttore e ricercatore che da anni si dedica allo studio e all’esecuzione delle opere del repertorio rinascimentale e barocco, ma anche nella veste di docente di musica antica (presso la Civica Scuola di Musica di Milano e la Schola Cantorum Basiliensis di Basilea) o di organista titolare dell’organo Ahrend della basilica milanese di San Simpliciano (dove ha peraltro eseguito l’opera omnia per organo di Bach).
E proprio nel nome del sommo Thomaskantor di Lipsia Ghielmi ha realizzato gli ultimi suoi due dischi pubblicati dall’etichetta Passacaille, il primo dedicato alle Suites Francesi BWV 525-530 e al Concerto Italiano BWV 971 (eseguiti al clavicembalo), il secondo alle Sonate in Trio BWV 525-530 interpretate all’organo, dove tra forme di danza transalpine, reminiscenze di scuola vivaldiana e lontani echi di corali luterani riadattati, il sigillo dell’invenzione melodica e del magistero contrappuntistico bachiano si traducono in un artigianato di nobile fattura che si fa arte sopraffina.
Una visione in qualche modo poetica e “confessionale” che, in ambito musicologico, ha aperto un vero e proprio dibattito dai toni alquanto accesi, ma che qui offre lo spunto ideale per introdurre una figura come quella di Lorenzo Ghielmi, musicista di chiara fama che riassume in sé i tratti caratteristici dell’illustre e glorioso “maestro di cappella”; depositario di un’antica tradizione, di un’abilità e di una sapienza formate e affinate direttamente sul campo, nelle sale da concerto, tra le navate delle chiese e nelle aule delle scuole, in qualità di organista, clavicembalista, direttore e ricercatore che da anni si dedica allo studio e all’esecuzione delle opere del repertorio rinascimentale e barocco, ma anche nella veste di docente di musica antica (presso la Civica Scuola di Musica di Milano e la Schola Cantorum Basiliensis di Basilea) o di organista titolare dell’organo Ahrend della basilica milanese di San Simpliciano (dove ha peraltro eseguito l’opera omnia per organo di Bach).
E proprio nel nome del sommo Thomaskantor di Lipsia Ghielmi ha realizzato gli ultimi suoi due dischi pubblicati dall’etichetta Passacaille, il primo dedicato alle Suites Francesi BWV 525-530 e al Concerto Italiano BWV 971 (eseguiti al clavicembalo), il secondo alle Sonate in Trio BWV 525-530 interpretate all’organo, dove tra forme di danza transalpine, reminiscenze di scuola vivaldiana e lontani echi di corali luterani riadattati, il sigillo dell’invenzione melodica e del magistero contrappuntistico bachiano si traducono in un artigianato di nobile fattura che si fa arte sopraffina.
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