L’omelia di monsignor Morandi nella solennità di san Geminiano, patrono di Modena

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Il testo evangelico che abbiamo ascoltato (Mt, 9,35-10,1) segna un momento di passaggio nel ministero pubblico di Gesù.

I capitoli otto e nove ci mostrano Gesù impegnato ad incontrare infermi, ammalati, indemoniati, persone che hanno bisogno della sua parola di guarigione. Sono ben dieci i racconti di miracoli, un’autentica cascata di guarigioni che si riversano sull’intero popolo di Dio.

Al termine di questa intensa attività, l’evangelista nota che Gesù continuava a percorrere le città e i villaggi, annunciando il Vangelo e curando ogni malattia e infermità.
Nonostante questo apostolato così pervasivo, senza sosta, Gesù vede le folle e ne sente compassione perché erano come pecore senza pastore, stanche e sfinite. Sembra quasi che l’evangelista Matteo pur mostrando un’azione travolgente di Gesù che sconfigge il male in qualunque forma si presenti, ci dica che non è sufficiente a provvedere alla moltitudine che lo segue e lo cerca.

La compassione di Gesù, è un sentimento profondo che “sconvolge le viscere” e diventa azione, determinazione di coinvolgere i dodici nel medesimo sguardo affinché il loro ministero sia un’efficace estensione del suo potere di guarigione e di salvezza.

La compassione nel vedere la condizione di abbandono e desolazione del popolo è il punto di partenza della Sua azione e possiamo dire che dovrebbe essere la via maestra e regale di ogni discepolo di Gesù.

Si può dire che la compassione è accorgersi che gli altri esistono, è dimenticarsi finalmente di se stessi, dei propri progetti, problemi, difficoltà, speranze per assumere uno sguardo che si fa carico della condizione dei fratelli e sorelle che vivono accanto a noi. Non è mai stato facile aprire il proprio sguardo sugli altri e forse oggi più che mai si avverte la fatica di guardarci con compassione tanto siamo reclinati su noi stessi, preoccupati per il nostro bene o interesse.

La celebre e drammatica espressione di un filosofo esistenzialista sembra aver fatto scuola e avere trovato numerosi discepoli: l’inferno sono gli altri!
Nella sezione precedente dei miracoli, l’evangelista commenta l’azione guaritrice di Gesù con una citazione del profeta Isaia: “Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,16). La compassione è prendersi cura degli altri, caricarsi delle loro sofferenze, condividere le loro speranze e attese, spendere il proprio tempo a fondo perduto, così come ci è raccontato nella parabola del Buon Samaritano (cfr, Lc 10,29-37).

La prima conseguenza di questo sguardo è donare la cosa più preziosa che abbiamo: il nostro tempo! Il mio tempo donato- che nessuno mi potrà rifondere- è il dono più grande che posso dare al fratello e alla sorella che incrocia il mio cammino. Siamo infatti gelosi del nostro tempo per conseguire i nostri legittimi obiettivi professionali, di riposo o di svago, e quante volte consideriamo gli altri come intrusi che ci fanno perdere tempo, soprattutto se abbiamo la fondata certezza che non potremmo ottenere da loro qualcosa di vantaggioso per noi in cambio.

Dare tempo per ascoltare spesso vicende intrise di dolore e sofferenze, necessità impellenti che richiedono non solo dispendio di tempo ma anche di risorse. Abbiamo poco tempo e non possiamo sprecarlo e consideriamo questo fermarci in ascolto dell’altro come un’inutile perdita di tempo, magari mostrando al nostro interlocutore l’orologio, sperando che comprenda che il suo tempo è scaduto!

Erano forse questi i pensieri di Gemiliano quando acclamato Vescovo di Modena, si diede alla fuga? Forse no, ma probabilmente il futuro santo evangelizzatore di Modena, aveva intuito che una volta accettata la nomina, la sua vita non gli sarebbe più appartenuta, e che d’ora innanzi non avrebbe più avuto un “suo tempo” e che la gestione del suo tempo doveva tenere conto sempre e comunque delle necessità del popolo che gli era stato affidato. Alla fine in lui prevalse quel sentimento di compassione per un popolo che aveva riconosciuto in Lui il riflesso affascinante e seducente del volto dell’unico Buon Pastore che dona la vita per le sue pecore!

Credo che oggi più che mai la Chiesa e chi ha responsabilità di guida, anche a livello sociale e politico, debba saper offrire questo spazio di ascolto e accoglienza, esercitare quell’ascesi dell’ascolto che, pur essendo a volte estenuante, è il primo grande frutto della compassione. Uscire dal proprio mondo, dalle proprie necessità e urgenze, dall’essere reclinati su noi stessi, avvalendosi- magari – della propria posizione di forza e di potere, e servirsi delle persone che sono affidate alle nostre cure per un tornaconto personale, è una delle tragedie più frequenti della nostra contemporaneità.

Gesù coinvolge i dodici in questo sguardo di compassione e conferisce loro un’autorità per il Bene, ma ricordando a loro che il primo compito di un evangelizzatore compassionevole è la preghiera! Geminiamo è stato un uomo di preghiera, prova ne è la sua efficace battaglia contro il principe di questo mondo. La sua attività esorcistica era ben conosciuta ed esercitata anche al di fuori di Modena. Può sembrare che il comando di Gesù induca ad una certa passività, in realtà la preghiera è il luogo di cura e approfondimento di una relazione di fede e di amore che consente di portare agli uomini il dono più prezioso che la Chiesa possiede: Gesù Cristo.

La fede, la preghiera, il combattimento contro il nemico della natura umana, intrapreso da Geminiamo scaturivano sempre dal suo cuore compassionevole, ben consapevole che la desolazione più grande che l’uomo può subire e vivere è la perdita della Fede.

I grandi evangelizzatori sono stati uomini oranti, hanno lasciato viver il Signore nella loro vita, una pienezza sovrabbondante che si è poi riversata come il vino della nozze di Cana su coloro che vino più non avevano! Tommaso da Celano parlando di San Francesco affermava che Francesco “non tam orans quam oratio fuit (non era uno che pregava ma divenne preghiera).

Infine la compassione diviene evangelizzazione e annuncio. Il discepolo di Gesù ricorda sempre che il dono ricevuto non può essere sotterrato, nascosto, al contrario come ci dice Paolo nella seconda lettura: annunciare il Vangelo è una necessità che mi si impone. Geminiamo in un contesto paganeggiante, senza grandi strutture organizzative, ha annunciato il Vangelo, si è speso e consumato per dare ai modenesi quella gioia che scaturisce sempre dall’incontro con Cristo. E’ stato un vera Sentinella come il profeta Ezechiele ammonisce, certo che siamo responsabili dei nostri fratelli e sorelle che per tanti motivi, speriamo non per causa nostra, si sono allontanati dalla comunità cristiana.

La compassione è servizio a quella Verità, conoscendo la quale – come dice Gesù – sperimenteremo il dono inestimabile della libertà! (Cfr. Gv 8,31-32) secondo il felice aforisma di Sant’Ambrogio: Ubi fides, ibi libertas (Dove è la fede, lì c’è la libertà)
Essere servi di tutti per guadagnarne il maggior numero! La nostre comunità devono essere investite da questa passione per l’annuncio del Vangelo, farsi carico delle sofferenze dei fratelli e sorelle per donare a loro quella Parola di vita che consola, risana e salva! Scriveva il letterato e filosofo Miguel de Unamuno: “Ama chi ha il coraggio di dirti la verità, anche se essa ti fa piangere, perché è più misericordioso chi ti salva sull’orlo di un precipizio di chi ti fa un bel funerale dopo che sei morto!”

Nel Vangelo di Luca Gesù rivolge una domanda ai discepoli che rimane aperta senza risposta, quasi a dirci che ogni generazione di credenti la deve fare propria: “Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra? (Lc, 18,8) che possiamo declinare e attualizzare anche così: troverà la fede a Modena?
Chiediamo al nostro Santo vescovo Geminiamo di poter spendere la nostra vita, i doni e i talenti che ci sono stati consegnati rendendo ragione a chiunque lo domandi della speranza che è in noi! (Cfr.1Pt 3,15) E la speranza non delude! (Cfr. Rm 5,5)

+ Giacomo Morandi
Arcivescovo- Vescovo eletto di Reggio Emilia-Guastalla