L’incontro che salva: Aperto il convegno internazionale ”Gesù nostro contemporaneo”. Presente anche il Vescovo Ausiliare

“Cristo senza la Chiesa è realtà facilmente manipolabile e presto deformata a seconda dei gusti personali, mentre una Chiesa senza Cristo si riduce a struttura solo umana e in quanto tale struttura di potere”. Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione con cui ha aperto questo pomeriggio a Roma l’evento internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, promosso dal Comitato Cei per il progetto culturale. “Nessuna salvezza è possibile senza incontrare personalmente Gesù vivo e vero nella sua comunità che è la Chiesa”, ha proseguito il cardinale, che ha spiegato: “Separare Cristo dalla sua Chiesa è operazione che conduce alla falsificazione sia dell’uno che dell’altra”. Il cardinale ha stigmatizzato, in particolare, il “riduzionismo mediatico”, che “fa spesso una lettura esclusivamente ‘politica’ e quindi univoca e parziale” della Chiesa. “Certo – ha ammesso il card. Bagnasco – anche la Chiesa può essere ferita dalla realtà del peccato, poiché nel suo seno raccoglie santi e peccatori”. “Lo scandalo, le infedeltà, le fragilità dei singoli sono sempre possibili” – ha proseguito – ed “è compito della Chiesa accompagnare e sostenere i suoi membri nel cammino verso la santità”, ma “il peccato non può mai avere legittimamente come causa la Chiesa, che “santa e insieme sempre bisognosa di purificazione vive di Cristo e dell’annuncio di Lui come salvatore del mondo”.Per sempre nella storia. “Gesù è entrato per sempre nella storia umana e vi continua a vivere, con la sua bellezza e potenza, in quel corpo fragile e sempre bisognoso di purificazione, ma anche infinitamente ricolmo dell’amore divino, che è la Chiesa”. È quanto scrive Benedetto XVI, nel telegramma letto in apertura del convegno da mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei. “La contemporaneità di Gesù – prosegue il Papa nel suo messaggio – si rivela in modo speciale nell’Eucaristia, in cui Egli è presente con la passione, morte e la Risurrezione. È questo il motivo che rende la Chiesa contemporanea di ogni uomo, capace di abbracciare tutti gli uomini e tutte le epoche perché guidata dallo Spirito Santo al fine di continuare l’opera di Gesù nella storia”. “Molti segnali – esordisce il Papa – rivelano come il nome e il messaggio di Gesù di Nazareth, pur in tempi così distratti e confusi, trovino frequentemente interesse ed esercitino una forte attrattiva, anche in coloro che non giungono ad aderire alla sua parola di salvezza”. Di qui la necessità di “suscitare in noi stessi e dovunque una comprensione sempre più profonda e compiuta della figura reale di Gesù Cristo, quale può scaturire solo dall’ermeneutica della fede posta in fecondo rapporto con la ragione storica”. Secondo il Papa, dunque, “è molto significativo che, all’interno dell’opera di elaborazione culturale della comunità cristiana, venga messo a tema ciò che non può considerarsi oggetto esclusivo delle discipline sacre, come ben mostra la vastità delle competenze e la pluralità delle voci chiamate a raccolta dal convegno”. “Aprire a Dio una strada nel cuore e nella vita degli uomini”: questa, ricorda Benedetto XVI, una delle “priorità” del suo pontificato. “Non a un indefinito ente superiore o una forza cosmica possiamo affidare le nostre vite”, ammonisce il Papa: “È Gesù la chiave che ci apre la porta della sapienza e dell’amore, che spezza la nostra solitudine e tiene accesa la speranza davanti al mistero del male e della morte”.

La reticenza e l’annuncio. “Gesù è salvatore – l’affermazione di fondo del card. Bagnasco – e la forza salvifica della sua presenza nella storia va ribadita con tutta chiarezza a fronte di una opacizzazione della figura di Cristo attraverso la sua riduzione a ‘maestro interiore’ in certe spiritualità disincarnate a sfondo gnostico, a ‘mito’, a ‘cifra di una bontà generica’ ma senza fondamento in talune letture solo umanistiche, a ‘fonte di consolazione’ per tamponare l’ansia esistenziale in forme religiose autoreferenziali”. “A collegare trasversalmente queste figure di non credenza, di credenza blanda e intermittente – ha spiegato il presidente della Cei – è la distorsione di fondo che porta a leggere Gesù a partire da bisogni soggettivi, senza mai lasciarsi interpellare da lui e, quindi, senza mai incontrarlo veramente”. Oggi, infatti, ha ribadito il cardinale all’inizio della prolusione, c’è “una strana reticenza a dire Gesù, una sorta di stanchezza, uno scetticismo talora contagioso” che rischia di trasformare i credenti in “ripetitori stanchi di un cristianesimo scontato e insipido, di una parola che non trafigge il cuore e non muove a conversione, di un’alternativa di vita che non affascina”. Di qui la necessità e l’urgenza di “una stagione di nuova evangelizzazione perché la trasmissione della fede possa ritrovare fluidità e diventare frutto quotidiano di ogni vissuto cristiano”. “La questione di Dio e Gesù Cristo sono inestricabili”, ha affermato il cardinale, e “solo senza dividere Dio da Gesù possiamo rendere presente il mistero cristiano agli uomini e alle donne del nostro tempo”. L’uomo “fuori da Cristo, facilmente perde se stesso”, e la questione “sul senso ultimo e definitivo della vita e del mondo, sull’enigma del tempo e della morte” è “la questione che attraversa la storia umana”. “La fede in Gesù è l’incontro tra due inquietudini: quella di Dio e quella dell’uomo”: “L’inquietudine premurosa di Dio diventa il passo e lo stile di Gesù nella sua vicenda umana, da Betlemme al Calvario, e al contempo raggiunge ogni propaggine di umanità”.

Il “male radicale” e la “svolta” dell’essere. “Non è forse vero che l’attrattiva di Gesù e del suo Vangelo nasce anche dalla corrispondenza con il cuore umano? Che la sua vita e le sue parole fanno eco a quanto l’umanità attende da sempre? All’invocazione più profonda, ai tormenti e alle corde dell’essere di ogni uomo?”, si è chiesto il cardinale, secondo il quale “il Verbo incarnato è la risposta personale anche alla domanda che emerge incomprimibile dal cosmo stesso che, attraverso la punta arroventata della coscienza, pone l’invocazione ontologica, interroga “qualcuno” circa la sua origine e il suo destino. Sì, nel paradosso umano, Cristo corrisponde, e l’intelligenza pensosa e libera comprende e s’incammina”. C’è “un male radicale che contraddistingue la stessa condizione dell’uomo come essere finito, imperfetto e responsabile, che vive in contraddizione con se stesso poiché mentre desidera di fare il bene compie il male”, ha ricordato il presidente della Cei, sottolineando che “nei suoi due volumi su Gesù di Nazaret, Benedetto XVI presenta Gesù come colui che prende sulle spalle la colpa dell’intera umanità”. Nel Battesimo al Giordano Gesù “può prendere su di sé tutta la colpa del mondo”: questa “lotta” è la “svolta” dell’essere, che “produce una nuova qualità dell’essere, prepara un nuovo cielo e una nuova terra”. Nella passione e morte di Gesù, ha concluso il card. Bagnasco citando il libro del Papa, “tutto lo sporco del mondo viene a contatto con l’immensamente Puro, ed è così che il dolore dell’amore infinito assume, annulla e trasforma il peccato”.

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