L’inchiesta. La generazione rubata a Kiev: «Ventimila bimbi deportati in Russia»

Putin ha firmato la legge per accelerare le adozioni dei minori soli dal Donbass. La gran parte è sparita dagli orfanotrofi delle zone occupate. Una fonte Onu: «Si tratta di una stima prudenziale»
Un parco giochi abbandonato a Borodyanka, nell'oblast di Kiev, davanti ai condomini sventrati dalle esplosioni

Un parco giochi abbandonato a Borodyanka, nell’oblast di Kiev, davanti ai condomini sventrati dalle esplosioni – Ansa

C’erano almeno centomila bambini negli istituti per minori in Ucraina. Di migliaia si sono perse le tracce. Soprattutto dei minorenni finiti nella trappola delle province occupate. Il trasferimento illegale in Russia e nelle aree sotto il controllo di Mosca non è un’ipotesi. Documenti riservati e testimonianze ufficiali confermano lo scenario peggiore.

All’inizio di marzo, meno di dieci giorni dopo lo scoppio della guerra, le autorità ucraine avevano espresso preoccupazione per 5mila bambini registrati in diverse strutture ma non più rintracciati. Da allora sono trascorsi quasi quattro mesi «e quella cifra va moltiplicata almeno per quattro, almeno 20mila», insiste un funzionario delle Nazioni Unite che parla di «stima prudenziale». A questi vanno aggiunti gli altri minori – più di 300mila – giunti nella Federazione russa con almeno un genitore o un adulto di riferimento e dei quali non si conosce la destinazione. Metà dei centomila ospiti degli istituti sono orfani e una buona percentuale sono bambini con disabilità. Una conferma indiretta arriva proprio dalla Russia: il 30 maggio il presidente Putin ha firmato un decreto per accelerare l’adozione degli orfani ucraini trasferiti. Il funzionario delle Nazioni Unite ci mostra un altro documento nel quale risulta evidente che le autorità internazionali hanno raccolto più elementi di quanto non venga reso pubblico. A scovare le informazioni, che al momento restano in gran parte secretate, sono gli investigatori internazionali sul campo e le agenzie umanitarie Onu, che per adesso escludono l’arruolamento forzato di minori negli eserciti e nelle formazioni combattenti di entrambe le parti. Le denunce stanno già diventando capi d’imputazione: «Siamo al corrente di numerosi casi di violenza sessuale segnalati attraverso diverse agenzie delle Nazioni Unire e operatori sul terreno», dice la fonte Onu che incontriamo in un caffé non lontano dal Teatro dell’Opera di Odessa. Non vuole dire molto di più, ma sul tavolo squaderna altri documenti con l’intestazione delle agenzie delle Nazioni Unite e le informative provenienti dalle squadre di investigatori dispiegati da vari Paesi. Il diplomatico tiene a far sapere che alle donne e ai minorenni coinvolti in episodi di abusi sessuali, ma rimasti nel territorio controllato dall’Ucraina, viene fornita assistenza medica e psicologica. Una rassicurazione che mette in allarme Mosca: vuol dire che un certo numero di testimoni è tenuto al sicuro e lontano dalle forze russe. Non è un caso che proprio alle agenzie Onu (organizzazione di cui la Russia è membro del Consiglio di sicurezza) venga impedito di lavorare sul confine con la Federazione.

La fonte di Avvenire giunta nel Sud del Paese per cooperare alle indagini, ammette che le Nazioni Unite «sono al corrente di notizie circa lo spostamento di bambini dall’Ucraina orientale e sudorientale attra- verso il confine con la Federazione Russa, compresi bambini privi dei genitori». Angela Travis, esponente dell’Unicef arrivata in Ucraina, conferma che l’agenzia «è a conoscenza di queste segnalazioni», ma non può al momento fornire dettagli né procedere alle verifiche caso per caso «a causa dell’impossibilità di accesso alle aree lungo il confine con la Federazione Russa». Una mancanza di collaborazione che certo non rassicura, perciò l’organizzazione Onu continua a impegnarsi «per rispondere alle violazioni dei diritti fondamentali». Ma chi sono i responsabili degli abusi? Si tratta di episodi o di una precisa strategia? «Non posso essere più specifico, però ci stiamo concentrando in particolare su chi è sfuggito dalle aree occupate», risponde il funzionario Onu con un passato da operatore nel Donbass. Osseti, ceceni, mercenari islamisti. I sospetti ricadono su una varietà di gruppi combattenti inviati da Mosca. Ci vorrà tempo per circoscrivere le accuse e stabilire le responsabilità. Molti riscontri arrivano proprio dagli sfollati. «A partire dal 20 aprile l’Unicef – si legge in una nota pubblica – ha fornito assistenza a oltre 9mila persone evacuate da Mariupol e dalle località in prima linea». Dai racconti di chi è riuscito a percorrere i corridoi umanitari giungono dettagli sempre nuovi. Perciò Angela Travis invita a considerare la guerra come anche una «una “crisi dei diritti dell’infanzia”, dato che 2 bambini su 3 sono sfollati all’interno o all’esterno del Paese e l’impatto psicologico è enorme».

Le Nazioni Unite hanno messo al lavoro solo per i minorenni 63 squadre mobili in 13 regioni, una linea telefonica nazionale per i bambini e i giovani che hanno bisogno di sostegno. Nelle aree centrali e occidentali sono stati creati «spazi sicuri » per i bambini. «Ogni giorno in Ucraina in media più di 2 bambini vengono uccisi e oltre 4 feriti», ricorda l’Ufficio Onu per i diritti umani (Ohchr). Ad oggi i minori che hanno perso la vita sono 339 e 611 quelli feriti, «ma il vero numero delle vittime fra i bambini è probabilmente molto più alto», insiste l’agenzia umanitaria. Dei 3,2 milioni di bambini che si stima siano rimasti nelle loro case, quasi la metà potrebbe rischiare di non avere abbastanza cibo. Oltre 2 milioni di madri e bambini sotto i 5 anni hanno bisogno di assistenza nutrizionale salvavita. Scuole e centri sportivi non vengono risparmiati. Nei giorni scorsi abbiamo assistito al bombardamento delle aree urbane di Mykolaiv dove un missile si è conficcato nel terreno a meno di 50 metri dal parco giochi di un complesso condominiale. Un altro razzo ha devastato il centro sportivo più frequentato dai giovanissimi. Anche ieri le bombe sono continuate a cadere come non accadeva da settimane: 60 missili in un solo giorno. Dell’artiglieria e delle trincee oramai sappiamo quasi tutto. Ma di una generazione di piccoli e vulnerabili finiti chissà dove, non sappiamo quasi nulla.

Avvenire