Libro: «Il Dio dei senza Dio»

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14 novembre 2020 – Osservatore Romano

Piuttosto che di essere recensito, il libro di Franz Coriasco, Il Dio dei senza Dio. Riflessioni agnostiche sul più paradossale degli dèi (Cinisello Balsamo, San Paolo, 2020, pagine 224, euro 18) chiede di essere raccontato, perché le vicende di un animo e le esperienze interiori non possono essere passate al vaglio della critica, come accade nel caso di un saggio o di un romanzo. Tanto più se ciò deve avvenire nello spazio, necessariamente limitato, di una recensione. Certo, nel volume sono presenti non poche argomentazioni e affermazioni di carattere teologico e filosofico, ma tutto questo viene filtrato dal protagonista e rielaborato all’interno di un racconto autobiografico, una specie di originale diario intimo. E un diario non è recensibile.

La prima fondamentale informazione che l’autore dà al lettore riguarda il suo ateismo: da trent’anni Franz Coriasco ha perso la fede; non crede più in Dio, ma nello stesso tempo ritiene che il suo confronto con l’Altissimo non sia concluso: per questo motivo si presenta come un agnostico che, pur non credendo, non esclude che Dio possa esistere e, dunque, continua a domandare di Lui, perché questo enigmatico Signore gli si propone come una presenza (o una assenza) problematica. A quale Dio si riferisce Coriasco? A quello, ricordato nei Vangeli di Matteo e di Marco, a cui si rivolge il Crocifisso gridando «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Fu Chiara Lubich a far riflettere a fondo Franz su quell’urlo straziante: anche lei aveva incontrato Gesù abbandonato e ne aveva fatto il centro della propria vita, identificandolo con gli ultimi, i poveri, i senza speranza, con tutto il dolore del mondo; un Gesù da amare, amando gli abbandonati.

Fu, per Coriasco, allora adolescente, una testimonianza decisiva. Ma verso la fine degli anni ’80 del Novecento, la fede svanisce. In quel periodo tanto complicato un evento si impone: l’incontro con Chiara “Luce” Badano, che morirà giovanissima e che nel 2010 è stata elevata agli onori degli altari. Coriasco ha una certezza: «Gesù Abbandonato è stato indubbiamente il Dio di Chiara Luce». Ma la fede non torna. Improvvisamente, nell’oscurità di una vita sempre più cupa e intristita, irrompe l’amore. Franz si sposa, ma dopo poco il matrimonio fallisce e si conclude con il divorzio, che lo lascia nello smarrimento, incapace di trovare alcuna consolazione, neppure in quel “Gesù Abbandonato” che una volta gli era sembrato il rifugio più rassicurante. D’altra parte, in quale altro modo porsi di fronte a un Dio il cui Figlio muore inchiodato a una Croce, sperimentando l’abisso della solitudine e del nulla? Potrebbe essere questo Dio «azzerato» — si chiede ancora Coriasco — a offrire la risposta decisiva?

Ad aiutare Franz nell’ approfondimento di questi temi davvero brucianti fu Giuseppe Zanghì, anima eletta e amico di una vita, che il nostro autore ricorda costantemente con gratitudine: insieme discutono del dolore e dell’amore, dell’uomo e di Dio, della Trinità e del demonio, della fede e dell’ateismo, di tutto ciò che, insomma, interessa drammaticamente Coriasco e che poi è rifluito nel libro, soprattutto nella seconda parte, occupata da quelle «riflessioni agnostiche» che ne caratterizzano il contenuto.

In questo contesto, l’autore colloca varie considerazioni sul ruolo della fede cristiana e della Chiesa, che ai suoi occhi sembrano aver perso lo smalto sanamente provocatorio che dovrebbero contraddistinguerle. La crisi religiosa appare una parte della più generale crisi che sconquassa il mondo e, in particolare, l’Occidente una volta cristiano. Soltanto l’Abbandonato mostra la capacità di non finire travolto dallo sfacelo, che Coriasco giudica imminente.

Su tutto, incombe la tragedia del male che da sempre interroga e angoscia l’umanità e trafigge il cuore dei credenti. Ancora una volta per l’autore la sola presenza plausibile appare quella del Crocifisso, dell’Abbandonato: l’unico cristianesimo in grado di resistere alla tempesta della contemporaneità è quello che ha al centro il Dio che per amore si spoglia di ogni sua prerogativa, quello che Chiara Lubich definiva il Dio degli atei e, dunque, anche il Dio di Franz Coriasco.

Il libro non si conclude con un colpo di scena e l’autore conferma fino all’ultima pagina il proprio agnosticismo. La sua storia e le sue riflessioni, che ho cercato di sintetizzare, offrono infiniti spunti per pensare e meditare. Spero che a Coriasco non dispiacerà se, per concludere questa mia “non-recensione”, mi affido al celebre pensiero di Blaise Pascal in cui Gesù dice all’uomo: «Consolati, tu non mi cercheresti, se non mi avessi già trovato».

di Maurizio Schoepflin