Leopoli, ecco il corteo di pace

La giornata infinita dei duecentocinquanta pacifisti italiani in Ucraina inizia prima dell’alba, dopo una notte quasi insonne trascorsa nei pressi della cittadina polacca di Przemysl. Alle 4 del mattino un serpentone infinito, composto da decine di furgoni, minivan, auto, persino un pullman si incammina nel buio della campagna polacca per raggiungere il confine di Korczowa- Krakovets, incolonnandosi per affrontare controlli doganali sfiancanti. C’è chi dorme nei veicoli avvolto nella bandiera della pace, altri invece sono rimasti svegli tutta la notte per l’adrenalina. Poi si entra finalmente nel Paese in guerra, in direzione ostinata e contraria rispetto a quello che raccontano le cronache di queste settimane.

È ancora buio pesto quando Mimma Dardano, storica attivista di Pax Christi, ci fa notare il paradosso: «Ci siamo imbarcati in un viaggio lunghissimo e vogliamo entrare a tutti i costi, mentre molta gente di qui vuole lasciare il proprio Paese a tutti i costi». Lungo la strada per entrare a Leopoli, dai finestrini, scorrono pile di vestiti strappati e intrecciati, tenuti insieme da reti che formano rudimentali trincee, sacchi di sabbia e cavalli di frisia sorvegliati da militari armati fino ai denti. La prima tappa del convoglio è ai due grandi centri di raccolta della Caritas e dei Salesiani, alla periferia della città, per scaricare il materiale portato dall’Italia. Oltre 30 tonnellate di medicine e beni alimentari che i più giovani del gruppo sistemano sui bancali in poco meno di mezz’ora. Poi si riparte, stavolta verso il seminario vescovile dello Spirito Santo, nella parte alta di Leopoli, anch’esso un luogo diventato rifugio per chi i tanti che stanno scappando dalla guerra. I volontari, zaino e materassino in spalla, si sistemano nella grande palestra, dove trascorreranno la notte tutti insieme. Irina, giovane attivista dell’Ukrainian Education Platform, il gruppo che ha organizzato l’iniziativa insieme alle Ong italiane, mostra una porta ai lati della scala che conduce alle stanze dei seminaristi. Un cartello con la scritta ‘bunker’ indica il rifugio sotterraneo allestito nel seminterrato dell’edificio, che può essere usato quando scattano le sirene anti-aereo. Ma nell’atmosfera non si respira tensione, a prevalere sono piuttosto l’allegria e la voglia di condividere, la consa- pevolezza di essere parte di un movimento che ha riannodato anche in Europa il filo della ‘diplomazia dei popoli’, e darà sollievo a chi resta.

È il primo pomeriggio quando si risale sui furgoni e si va in centro, qualcuno non ha neanche il tempo di pranzare. Nelle strutture di prima accoglienza allestite da settimane davanti all’imponente stazione cittadina si incrociano paesaggi umani segnati dalla disillusione, dal bisogno, dalla paura. Decine di donne, anziani e qualche soldato si accalcavano intorno ai tendoni sanitari e alle strutture che forniscono cibo e acqua, mentre i bambini saltano sui tappeti elastici sotto gli sguardi delle madri. «Non si tratta più dei flussi dei primi giorni, quando la città accoglieva 60-70mila persone al giorno, ma migliaia di persone in partenza per il resto d’Europa passano ancora da qui», spiega più tardi il sindaco di Leopoli, che ringrazia per il grande contributo di solidarietà arrivato dall’Italia e trova persino il tempo di fare una battuta sulla mancata qualificazione della nostra nazionale ai mondiali di calcio. Poi gli organizzatori fanno sapere che a metà pomeriggio è atteso un treno partito da Mariupol con un corridoio umanitario: bisogna accogliere chi arriva. Suonano due volte le sirene anti-aereo ma gli abitanti non sembrano farci caso più di tanto, tutto prosegue quasi come se niente fosse, i negozi sono aperti, la vita continua.

In serata alcuni decidono di ripartire già per l’Italia. Il viaggio sarà lungo e le ore di sonno sono state troppo poche. In molti furgoni, adesso semi vuoti, salgono i profughi che vogliono lasciare il Paese. Il resto della carovana della pace si incammina di nuovo per l’antico centro di Leopoli, dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, e si mette in marcia per un corteo che scorre davanti agli sguardi della popolazione di passaggio. «Stop the war now», recita lo striscione che apre il corteo. In Ucraina torneremo presto ma la guerra deve finire subito.

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Il lungo serpentone della “diplomazia dal basso”, partito dall’Italia, si fa largo nella città di trincee, rifugi e militari Ma nell’aria non c’è tensione: donne, anziani e bambini si accalcano intorno alle strutture che forniscono cibo e acqua

LA SFIDA

Circa 200 attivisti italiani hanno manifestato nella piazza della stazione da dove ogni giorno migliaia di persone scappano per raggiungere l’Europa

La carovana ha scaricato 35 tonnellate di aiuti umanitari nelle sedi della Caritas e dei padri Salesiani. Nei furgoni semi-vuoti adesso salgono i profughi, i più fragili, che saranno portati in Italia

A sinistra: alcuni attivisti italiani che hanno partecipato alla carovana della pace partita dall’Italia e giunta ieri in Ucraina, a Leopoli A destra: al riparo dalle bombe accanto ai muri in uno dei rifugi nel centro di Leopoli