Le Chiese europee contro i nazionalismi dell’esclusione

(vatican insider)

Un documento della Commissione Giustizia e Pace delle Conferenze episcopali europee ammonisce sui rischi dei movimenti xenofobi


In un momento critico per la storia europea il contributo delle Chiese deve farsi impegno concreto per promuovere un cambio di mentalità, favorire il dialogo e migliorare la possibilità di una pacifica convivenza tra fedi, etnie e religioni. I risultati delle recenti consultazioni elettorali europee del maggio scorso e di singoli stati non lasciano dubbi sulla crescita di sentimenti e movimenti che fanno di un rinnovato nazionalismo versione terzo millennio la propria bandiera.

La Chiesa cattolica in Europa avverte la responsabilità che grava sulle sue spalle e intende far sentire una voce univoca prima che sia troppo tardi: è ciò che ha indotto la Commissione Giustizia e Pace delle Conferenze episcopali europee, sorta all’indomani del Vaticano II in linea con la Costituzione pastorale Gaudium et spes – al lavoro in stretta collaborazione con i vescovi accreditati presso l’Unione Europea (Comece) – a lanciare un’azione comune in data odierna, Mercoledì delle Ceneri, presso la sede di Bruxelles. «Il nazionalismo dell’esclusione»: un’iniziativa concertata tra le Conferenze episcopali europee che hanno lavorato in queste settimane per dar vita a un documento che sarà presentato al più presto a politici e amministratori di tutta Europa.

In occasione del lancio congiunto, l’arcivescovo del Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, presidente di Giustizia e Pace in Europa, ha detto: «Semplici slogan e propaganda a buon mercato vengono pronunciati contro gli immigrati e contro la stessa Ue. Tali slogan possono produrre  un forte impatto su alcune persone preoccupate per il loro futuro, tuttavia, non sono una risposta alle complesse sfide del nostro tempo per le quali non esistono soluzioni semplici e confezionate. Chiari e semplici, al contrario, sono gli obiettivi di questi partiti e movimenti: il raggiungimento di un potere politico ed economico. Ma dobbiamo tener ben presente che questi movimenti non sono affatto al servizio dei poveri, i deboli e le persone realmente svantaggiate».

Il testo rappresenta un coraggioso appello alle organizzazioni della società civile e a quelle religiose per «contrastare e mettere in discussione tutte le espressioni della retorica nazionalista sia in privato e nella vita pubblica». Contiene, inoltre, l’idea che «la visione cristiana della giustizia universale e della pace non lascia spazio ad alcun tipo di sciovinismo».

Il Segretariato generale della Commissione Giustizia e Pace Europa che ha sede a Bruxelles, ha anche fornito alle singole commissioni nazionali un piano d’azione che, tra l’altro le invita a discutere e valutare i programmi e metodi dei partiti nazionalisti e xenofobi, presenti stato per stato.

Assistiamo a un riemergere degli interessi nazionali a scapito del bene comune, si legge nel documento, mentre «come cristiani siamo chiamati a prendere parte attiva all’interno della vita pubblica e a lavorare per il benessere dell’intera famiglia umana».

La dottrina sociale della Chiesa insiste sulla pari dignità umana e ribadisce che le popolazioni, le culture e le minoranze presenti all’interno di ogni stato hanno diritto di cittadinanza e debbono essere trattate con rispetto. Di fatto non ha alcun senso per un cristiano avere un eccessivo attaccamento al proprio luogo di nascita e alla propria lingua madre. Se è umano l’orgoglio per la propria terra e la propria famiglia, questo non può venire ingigantito a dismisura. «Il giusto orgoglio e interesse nazionale è tanto più genuino quanto più rientra in un’ottica più ampia di bene comune della comunità globale».

La tendenza attuale di certi movimenti è il cercare morbosamente la popolarità attraverso slogan e idee di stampo populista, continuano i Vescovi: è chiaro che non possiamo raggiungere il benessere di alcuni a scapito di quello di altri.

«Il nazionalismo dell’esclusione è malato perché nega giustizia e i diritti fondamentali su base nazionale e razziale o per motivazioni di ordine religioso: esso rappresenta una minaccia alla coesione sociale e al mantenimento della pace tra gli stati».

Definitiva la conclusione prima di alcune indicazioni operative: «Il nostro credere nella creazione di uomini e donne a immagine di Dio e in un Cristo morto e risorto ci obbliga a opporci con tutte le nostre forze a ogni forma di nazionalismo».