L’Assunta con amore e fedeltà. Le ferite e la speranza

Nel cuore dell’estate ferragostana la festa dell’Assunta viene a sottolineare la grande dignità che circonda ogni persona. Il mistero di questa giornata è impasto di terra e di cielo, realizzato dall’umanità di Gesù risorto; è messaggio che attraversa la storia e ci assicura che ciò che è avvenuto in Maria non riguarda solo lei, ma è garanzia di un futuro che si realizzerà anche per noi.

Un futuro – aggiungo – che getta la sua luce impegnativa sul presente. La contemplazione di quanto Dio ha compiuto in Maria ci spinge, infatti, a ricordare che la salvezza portata da Gesù non riguarda solo l’anima dell’uomo, ma la persona nella sua integralità. Tante volte si è caduti nell’eccesso di dimenticare le necessità e i beni del mondo, per preoccuparsi solamente dei beni spirituali, o in quello opposto di declinare la proposta cristiana in termini puramente terreni, riducendola a una risposta ai bisogni di solidarietà e pace tra gli uomini.
Maria, assunta in cielo in anima e corpo, ci ricorda che per vivere pienamente la nostra umanità il nostro sguardo dev’essere rivolto a Dio e ai beni del cielo; e anche che, per essere davvero a Lui graditi, non abbiamo altra via del chinarci sulle necessità dei fratelli.

La liturgia ci fa meditare il bellissimo testo del Magnificat, il canto che Maria innalza durante la sua visita alla cugina Elisabetta, nel quale esalta il Signore per quanto ha operato per lei, per Israele e per tutta l’umanità. Ella già vede compiuto ciò che Dio realizzerà attraverso il suo Figlio: i potenti ribaltati dai troni e gli umili innalzati. È una lettura che testimonia a un tempo la profonda solidarietà di Maria con gli ultimi e la concretezza della salvezza cristiana, che ci fa vivere “in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni” e, al tempo stesso, radicati nel nostro tempo e dediti alle necessità dei fratelli, per non tradire l’incarnazione di Gesù.

La vittoria sull’indifferenza è quanto ci chiede ogni giorno papa Francesco nel suo ministero, non di rado frainteso o compreso unicamente in chiave politica o partitica. Il suo insegnamento ci riporta al centro stesso del messaggio cristiano, che impedisce, a chi lo voglia accogliere e vivere, di voltare le spalle davanti ai bisognosi.

Mentre scrivo queste cose mi passano davanti agli occhi i volti dei profughi iracheni che ho incontrato pochi giorni fa in Giordania, dove ho potuto vedere le ferite di tanti uomini, donne e bambini che per la loro fede sono stati perseguitati e cacciati dalla loro terra. È una sorte che li accomuna a tante altre persone, che affrontano distacchi negli affetti e rischi della stessa vita pur di trovarne una più dignitosa e sicura. A questi drammi vanno cercate soluzioni strutturali e condivise, che non si limitino all’iniziativa di singoli o a interventi sporadici.

Questo orizzonte non esime nessuno dal fare la propria parte, che muove dall’accorgersi delle sofferenze dell’altro per arrivare ad avere compassione di lui: è il cuore del messaggio evangelico, che ribalta i nostri schemi e ci chiede di uscire dall’egoismo che rende prigionieri di un cuore di pietra. Che la festa odierna non passi senza averci insegnato, sul modello di Maria, a vivere meglio il nostro essere uomini e il nostro essere cristiani, coniugando insieme l’amore per il cielo e la fedeltà al mondo.

Nunzio Galantino * Segretario generale della Cei