L’ardente «Liturgia» di Cajkovski: tutti i toni solenni di un atto di fede

«La Liturgia di San Giovanni Crisostomo è, a mio giudizio, una delle più belle creazioni dell’arte. Amo i Vespri, il sabato, in una piccola, vecchia cappella. Si resta lì, nella penombra, avviluppati nei fumi dell’incenso, a porsi immutabili interrogativi: perché, quando, dove e per quale disegno? Ma il cuore intona un cantico, e ci si abbandona al suo incantamento…». Così scriveva Pëtr Il’ic Cajkovskij (1840-1893), ripercorrendo idealmente i motivi che lo avevano spinto a cimentarsi nell’adattamento musicale della celebrazione eucaristica più in uso nella Chiesa Russa, la cosiddetta “messa ortodossa”.
Con la stesura della Liturgia di San Giovanni Crisostomo op. 41 il compositore si è così calato nel solco di una lunga e illustre tradizione, con alcune sostanziali “personalizzazioni”: fedele all’impianto formale, alla successione dei testi e alle caratteristiche peculiari della melodia liturgica, il lavoro di Cajkovskij sembra infatti pagare in parte pegno a un certo qual compiacimento estetizzante e a un sentimentalismo religioso che rappresenta il riflesso incondizionato dell’afflato tardo-romantico con cui il musicista ha investito i suoi maggiori capolavori, nel campo della sinfonia, del concerto solistico e del balletto.
Al rischio sotteso a questa deriva cerca di sottrarsi l’incisione realizzata nel 1988 dal Coro da camera del Ministero della Cultura dell’Unione Sovietica diretto da Valery Polyansky (cd pubblicato da Melodya e distribuito da Codaex); un’interpretazione rimasta a lungo negli annali della discografia ufficiale come lettura di riferimento, che cerca appunto di affrancare l’impronta maggiormente “occidentale” delle armonizzazioni, delle combinazioni armonico-timbriche e degli stilemi tanto cari all’autore, per risvegliare i toni ardenti e solenni che riverberano i sussulti di uno spirito inquieto, in cerca di un approdo sicuro per la sua esistenza e la sua arte. Un atto di fede che trova riscontro nelle note affidate da Cajkovskij alle pagine del suo diario proprio nel periodo in cui stava ultimando la Divina Liturgia: «Durante tutto questo tempo ho pensato molto a Dio, alla vita, alla morte. Prego come mi è stato insegnato. Ma Dio non ha bisogno delle nostre preghiere; ne abbiamo bisogno noi…».

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