L’altro “Quo Vadis?”

di Claudia Di Giovanni

Attraverso le pellicole cinematografiche si traccia la storia dello sviluppo artistico e culturale dell’umanità, documentando ogni aspetto della vita dalla fine del XIX secolo. Per questo ogni archivio è un vero e proprio scrigno che custodisce tesori soggetti però, a volte, a un inevitabile e irreversibile degrado, se non ben conservati. La pellicola nasce da una lunga storia di esperimenti e scoperte per arrivare alla creazione di un supporto flessibile coperto da un’emulsione fotosensibile. Impiegata prima nella fotografia e poi nel cinema, essa sostituì le fragili lastre di vetro, con l’introduzione del nitrato di cellulosa, una vera e propria rivoluzione per l’epoca, prodotta dal 1889 al 1951, ma utilizzata in pratica dal 1900 al 1939, per una serie di problematiche legate alle sue caratteristiche.
Se, infatti, il nitrato era perfetto esteticamente perché le immagini erano brillanti e splendenti, allo stesso tempo era un supporto molto instabile e infiammabile. Proprio i numerosi incendi che derivavano dall’accumulo di queste pellicole, spinsero le case produttrici a eliminare il nitrato, anche se in molte collezioni, soprattutto dell’epoca del muto, si possono trovare ancora queste pellicole. Anche la Filmoteca Vaticana aveva alcune pellicole in nitrato, conservate a temperature molto basse per evitare il rischio di autocombustione, che nel tempo sono state trasformate in materiale di sicurezza. Di recente ne è stata trovata un’altra, particolarmente importante, poiché si tratta di una copia del film Quo Vadis?, realizzato nel 1924 per la regia di Georg Jacoby e Gabriellino D’Annunzio. Quando nel 1894 Henry Sienkiewicz pubblicò Quo Vadis? a puntate sulla “Gazzetta Polacca” non poteva certo immaginare che il suo romanzo, uscito poi nel 1896 in un unico libro, avrebbe suscitato l’interesse di tanti registi. Già all’inizio del Novecento fu riadattato a teatro, ma fu soprattutto il cinema a farsi conquistare dalla tormentata storia d’amore tra il tribuno pagano Vinicio e la cristiana Licia, sullo sfondo della Roma di Nerone. Nel 1901 Lucien Nonguet e Ferdinand Zecca realizzano la prima versione cinematografica del romanzo, un cortometraggio che narra alcuni momenti salienti dell’opera.
Occorre attendere il 1912, perché Enrico Guazzoni realizzi il suo Quo Vadis? per la casa di produzione Cines che aveva acquistato i diritti d’autore dallo scrittore. Le riprese durarono due anni e Guazzoni diede vita a un kolossal di successo mondiale con cui non poté competere il film realizzato nello stesso anno da Arturo Ambrosio. Sulla spinta del grande successo del filone, venne realizzata nel 1924 la pellicola ritrovata nella Filmoteca Vaticana, una coproduzione italo tedesca prodotta dall’Unione Cinematografica Italiana (Uci), per la regia del tedesco Georg Jacoby, coadiuvato da Gabriellino D’Annunzio. Il cast di questa nuova versione era internazionale, Emil Jannings, Lilian Hall-Davis, Bruto Castellani, Elena Sangro, la messa in scena imponente, con grande cura di scenografie e costumi. Purtroppo non ottenne il successo sperato e fredda fu l’accoglienza di pubblico e critica. Resta comunque un film interessante dal punto di vista tecnico, per le inquadrature di grande impatto e le ricostruzioni architettoniche, ma forse la scelta degli sceneggiatori di allontanarsi dalla storia di Sienkiewicz, esaltando piuttosto il concetto di “romanità”, fu in parte la causa del “flop”.

(©L’Osservatore Romano 6-7 agosto 2012)