L’allarme. «Salvare le scuole di frontiera, dove i prof non vogliono andare»

Una risoluzione unitaria della Camera impegna il governo a recuperare le risorse per “incentivare” i docenti a trasferirsi sulle piccole isole e nei paesi di montagna
«Salvare le scuole di frontiera, dove i prof non vogliono andare»

Ansa

Ad Ustica la scuola dell’infanzia ha riaperto dopo la metà di ottobre, mentre la primaria e le medie sono partite regolarmente ma senza alcuni docenti, tanto che l’insegnante di Matematica è arrivato soltanto dieci giorni fa. Ma la situazione sulla piccola isola in provincia di Palermo è la stessa di Linosa, isolotto appartenente all’Agrigentano e di molte altre scuole delle piccole isole e dei territori montani, dove ritardi e giorni di lezione persi sono purtroppo all’ordine del giorno, come denunciato anche da tante famiglie. Per «garantire il diritto all’istruzione» anche in questi territori di frontiera, ieri è stata approvata in commissione Cultura della Camera, una risoluzione unitaria che impegna il governo a intervenire soprattutto con incentivi economici al personale scolastico, docente e non. Per le circa 250 istituzioni scolastiche delle piccole isole e dei territori montani, il problema principale è, infatti, “convincere” insegnanti, bidelli e amministrativi a trasferirsi in queste zone. Una sistemazione disagevole e anche antieconomica, soprattutto per chi ha un contratto a tempo determinato.
Secondo i dati dell’Indire, l’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa, in Italia ci sono 7.435 piccole scuole primarie (con 529.757 alunni) e 1.688 piccole scuole secondarie di primo grado (con 73.114 studenti).
«Nelle piccole isole e nei comuni montani il diritto all’istruzione è spesso parziale se non addirittura negato – ricorda la presidente della commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera, Vittoria Casa, tra i firmatari della risoluzione approvata ieri –. In tutta Italia c’è una situazione di generale precarietà, con scuole che hanno iniziato in ritardo o che fino a tempi recenti hanno avuto cattedre ancora scoperte».
Con la risoluzione, spiega Casa, «il parlamento impegna il governo a garantire l’autonomia scolastica, a dare incentivi ai lavoratori pendolari, a favorire soluzioni per alloggiare sul luogo, a programmare e finanziare progetti specifici – in collaborazione con enti locali e regionali – per i territori fragili, ad assicurare l’esistenza delle scuole come presidi del territorio e a limitare la formazione delle pluriclassi». «Intervenire per garantire il diritto all’istruzione nei territori svantaggiati è un dovere costituzionale – ricorda la deputata del M5s –. Su autonomia e dimensionamento scolastico occorrono segnali concreti anche nella prossima legge di Bilancio».
In proposito, tra gli emendamenti “segnalati”, quelli cioè che hanno una buona possibilità di essere accolti, c’è n’è anche uno del M5s che prevede finanziamenti specifici per questa particolare tipologia di scuole.
«Attenzione alla scuola – sottolinea il deputato di Italia Viva, Gabriele Toccafondi, firmatario di un’altra risoluzione poi confluita in quella unitaria – significa attenzione a tutte le scuole, soprattutto quelle che fanno più fatica. Penso alle scuole delle piccole isole ma anche delle zone montane, in alcune – a tre mesi dall’inizio della scuola – ancora non ci sono gli insegnanti! La risoluzione vuole spingere il governo a trovare soluzioni per incentivare i docenti ad accettare le chiamate e a garantire continuità didattica ai ragazzi».
Di «segnale molto positivo», parla la capogruppo M5s in commissione Cultura della Camera, Alessandra Carbonaro, ricordando che «bisogna puntare all’autonomia scolastica e lavorare sul dimensionamento scolastico, come il Movimento 5 Stelle sta facendo anche in legge di Bilancio. L’approvazione di questa risoluzione da parte di tutte le forze di maggioranza avvalora e rafforza il nostro lavoro», conclude Carbonaro.
«Siamo molto soddisfatte», dichiarano, infine, le deputate di Coraggio Italia, Simona Vietina (anche lei firmataria di una risoluzione poi confluita in quella approvata) e Daniela Ruffino. «Per ripartire con una scuola più giusta e inclusiva – aggiungono – è necessario porre attenzione alle scuole dei Comuni logisticamente più svantaggiati come quelli montani, dove gli istituti in cui studiano i nostri ragazzi, sono spesso istituzioni fondamentali per mantenere coese e cementare le comunità sui territori».

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