L’aborto: una ferita incancellabile per la donna

Se ne è discusso in un convegno promosso dal Movimento per la Vita

di Gaia Bottino

ROMA, sabato, 20 ottobre 2012 (ZENIT.org) – L’aborto non è solo una pratica che porta ad uccidere una vita umana: procura ferite dolorose, incancellabili e troppo spesso taciute nell’animo della donna che lo compie.

Di fronte a questa scelta disperata infatti, si nascondono non solo condizionamenti esterni provenienti dal compagno o dalla famiglia d’origine, ma soprattutto ancestrali condizionamenti mentali appartenenti alla natura umana come il rifiuto di vivere l’ambiguità di un possibile sconvolgimento della propria vita e l’innata predisposizione alla risoluzione dei problemi nel più breve tempo possibile; sentimenti così discordanti tra mente e l’anima portano la donna ad una lotta interiore dove ad avere la meglio, è in questo caso la paura: l’unica soluzione possibile al problema risulta quindi essere l’aborto.

Si sceglie l’aborto per evitare il rischio di un cambiamento radicale nella propria vita quando poi in realtà, il cambiamento avverrà comunque ma prenderà un risvolto senz’altro più doloroso rispetto all’arrivo di un figlio.

Il Movimento per la Vita Italiano ha voluto toccare questo tema in occasione dell’apertura dei lavori del convegno sulle conseguenze psichiche subite dalla donna in seguito all’aborto, organizzato a Roma nelle giornate di oggi e domani (20-21 ottobre), presso la Sala del Pio Sodalizio dei Piceni di San Salvatore in Lauro e che sta vedendo la partecipazione di esponenti di spicco del Movimento per la Vita, delle istituzioni pubbliche, oltre a religiosi e professionisti sensibili al tema della vita.

Ad introdurre l’argomento è stato Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita che ha parlato degli sforzi compiuti dal movimento nella costruzione di un dialogo con le donne protagoniste del dramma dell’aborto: “Vogliamo che la madre del bimbo abortito, possa non sentirsi perduta e che trasformi il suo dolore in un’occasione di rinascita –  ha affermato Casini –. Lo stesso Giovanni Paolo II, durante un’omelia, aveva dedicato un pensiero speciale a queste donne, spesso lasciate sole di fronte ad una decisione sofferta e portandosi poi per tutta la vita una ferita profonda. Nonostante la sofferenza, si può diventare artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell’uomo e alla sua difesa”.

A prendere la parola è stato poi il Cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, che ha parlato della necessità di costruire un itinerario rivolto alla donna affinché possa essere aiutata nell’elaborazione del lutto per poi potersi riappacificare con sé stessa. “Esistono a tutt’oggi i consultori ma non basta –  ha affermato Sgreccia –. C’è bisogno di un aumento di personale operativo che aiuti la donna sia ad informarla sui rischi psicologici a cui va incontro nella fase post-aborto, sia ad accompagnarla nella difficile fase dell’elaborazione del lutto, una volta che l’aborto sia stato già compiuto”.

L’esigenza di istituire spazi di ascolto e consulenza psicologica per le donne provate dal trauma dell’aborto, ha portato alla nascita del Progetto “Futuro alla Vita”, presentato dall’Ingegner Roberto Bennati, Vicepresidente del Movimento per la Vita Italiano: l’iniziativa, cofinanziata dal Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, è destinata all’apertura di case di Accoglienza per madri emarginate dalla famiglia di origine o abbandonate dal partner o dal marito per aver scelto di tenere il bambino. Inoltre, in via sperimentale, verrà attuato uno spazio di ascolto e consulenza psicologica per sostenere le donne nel superamento di disagi psicologici vissuti in seguito all’interruzione volontaria di gravidanza.

Bennati ha ricordato inoltre l’importanza fondamentale e sempre più crescente del lavoro dei Centri di aiuto alla vita: “Nel territorio nazionale sono presenti ad oggi 600 CAV dove si svolgono attività di ascolto, consulenza e terapia psicologica per aiutare le donne che hanno abortito a ritrovare il proprio benessere fisico e psicologico e la consapevolezza della dignità e bellezza dell’essere donna e madre – ha detto l’Ing. Bennati –. A Roma vi è il CAV Palatino in Piazza Sant’Anastasia, un luogo strategico poiché a pochi metri vi è la chiesa di Sant’Anastasia dove da anni si svolge l’adorazione perpetua e molte donne vi si recano per confessarsi e chiedere aiuto”.

Il progetto “Futuro alla Vita” che ha ottenuto l’appoggio del Comune di Roma e del Governo, intende quindi fornire alle donne un percorso di conoscenza di sé, del proprio corpo e della propria personalità, iniziando a dare valore alla propria vita e a quella altrui.

La professoressa Elena Vergani, psichiatra e relatrice del convegno, ha così evidenziato come “l’aborto tocchi alla radice il rapporto tra l’individuo e quello con il Creatore, le creature ed il creato”, in quanto “nell’intimo della persona umana, la maternità rispecchia l’essenza della femminilità. Non è solo la madre a donare la vita al figlio ma quest’ultimo dà la vita alla madre realizzandola come persona”.

La dottoressa Cristina Cacace, psicoterapeuta, si è invece soffermata sul disturbo post-traumatico da stress vissuto dalle donne che hanno praticato l’aborto. “Alla morte fisica del bambino – ha affermato la dott.ssa Cacace – corrisponde anche la morte di una parte psichica della donna. Questo perché già nel momento del concepimento, senza che la donna ne sia consapevole, la sua mente dà origine ad una nuova identità, quella di madre”.

Il professor Tonino Cantelmi, psichiatra, ha poi evidenziato di come l’interruzione di gravidanza possa essere un fattore di rischio elevato per il benessere psico-fisico della donna. Per curare le psicopatologie legate all’aborto, è dunque necessario consentire al trauma vissuto dalla donna di emergere in superficie e di attribuirgli un significato nuovo e costruttivo tramite l’amore indissolubile che lega una madre al proprio figlio e che non potrà essere cancellato nemmeno dall’esperienza dell’aborto.