«La sfida è quella di abitare le tensioni in modo fruttuoso, perché questo è il vero dono del Vangelo ed è centrale per il modo di procedere della Chiesa»

di: Michael J. O’Loughlin

vescovi

Non capita spesso che alcune decine di vescovi cattolici statunitensi si riuniscano in un unico luogo, al di fuori degli incontri regolari della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti. Ma la settimana scorsa, a Chicago, vescovi provenienti da tutti gli Stati Uniti e alcuni da altre parti del mondo si sono impegnati in un dialogo con teologi, studiosi e giornalisti sullo stato della Chiesa.

«Difficile da descrivere»

L’incontro ha cercato di mettere a tema in che modo i cattolici potrebbero sfuggire alla polarizzazione politica attuale e come potrebbero contribuire alla crescita di una migliore convivenza civile e a un discorso pubblico più rispettoso e benevolo.

La conferenza ha suscitato una certa curiosità sui social media. Anzitutto, per la messa celebrata nella Cattedrale del Santo Nome di Chicago in risposta all’appello di papa Francesco a pregare per la pace in Ucraina. La messa, presieduta dal card. Blase Cupich, è stata concelebrata da decine di vescovi, compreso l’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio apostolico negli Stati Uniti, che ha guidato l’assemblea nella lettura della preghiera per la pace del papa.

Ma, come ha notato Michael Sean Winters al National Catholic Reporter, la conferenza in sé resta «difficile da descrivere», poiché si è tenuta sotto «la Chatham House Rule, una regola di confidenza tra i partecipanti i quali hanno concordato di poter parlare in seguito dei contenuti delle discussioni, ma di non rivelare il nome di chi aveva fatto un particolare commento».

Come partecipante alla conferenza (ho moderato un panel sul panorama dei media cattolici in rapida evoluzione), alcuni elementi mi hanno colpito.

In primo luogo, sembrava esserci tra i vescovi la volontà di ascoltare i loro collaboratori laici. Due delle relazioni principali sono state affidate a teologi laici – Massimo Faggioli della Villanova University e Therese Lysaught della Loyola University di Chicago – e i panel erano composti da esperti laici in teologia, media ed economia.

Cardinali e vescovi hanno posto domande e fatto osservazioni, ma la maggior parte dei contributi sono venuti da laici (per questo mi domando se la Chatham House Rule fosse necessaria. Come giornalista direi probabilmente di no, dato che la trasparenza è un bene e il messaggio della conferenza era di speranza. Ma forse la promessa di anonimato ha reso più facile per i vescovi accettare di partecipare).

La professoressa Lysaught, la cui relazione verteva sulle guerre culturali e politiche e le divisioni nella Chiesa, si è detta colpita dallo spirito di collaborazione che si è respirato. «È la prima volta nei miei 30 anni di carriera come teologa cattolica che sono stata invitata a trascorrere due giorni incontrando, mangiando, ascoltando e discutendo della Chiesa, della teologia e delle realtà pastorali con i vescovi», mi ha detto in una e-mail dopo la conferenza. «Sono rimasta colpita da quanto attentamente hanno ascoltato, dall’onestà dei loro commenti, e nel vederli impegnati in un dibattito così serio tra loro e con gli altri partecipanti alla riunione».

Si è detta speranzosa che le discussioni abbiano mostrato ai vescovi a quale serbatoio di sostegno da parte dei laici cattolici essi possano attingere nello svolgere il loro compito per il meglio: «Spero che [i vescovi] se ne siano andati con la sensazione di essere sostenuti, che c’è speranza per la Chiesa negli Stati Uniti, che c’è un gruppo numeroso di studiosi e laici che li sostengono e che costruire relazioni e impegnarsi in un confronto tra loro e con questi studiosi e laici non farà che rafforzare la loro capacità di guidare la Chiesa, e persino renderla più facile».

In secondo luogo, i partecipanti hanno riconosciuto che le minacce all’attuazione del Concilio Vaticano II vanno prese più seriamente e che l’enfasi di papa Francesco sulla sinodalità potrebbe essere il modo per contrastare gli attacchi.

Secondo Mark Massa, gesuita, responsabile del «Boisi Center for Religion and American Public Life» al Boston College – istituzione che ha ospitato l’incontro insieme all’Hank Center for the Catholic Intellectual Heritage della Loyola University di Chicago e al Center on Religion and Culture della Fordham University – comprendere la resistenza alle riforme conciliari consente di spiegare perché alcuni cattolici si oppongano a papa Francesco.

«Vogliamo mostrare che l’opposizione a papa Francesco, non universalmente ma in larga misura, è opposizione al Vaticano II», ha detto padre Massa a «The Torch», un giornale studentesco del Boston College. «Francesco sta cercando di incassare l’assegno staccato dal Vaticano II: la sinodalità è la questione fondamentale».

In terzo luogo, la parte forse più fruttuosa dell’evento sono state le interazioni durante i pasti, le pause caffè e i brevi incontri in ascensore, rese possibili dal fatto che l’evento è stato tenuto interamente in presenza.

«La nostra tradizione cattolica pone un’enfasi unica sul valore della relazione e del dialogo faccia a faccia», mi ha scritto Mike Murphy, responsabile dell’Hank Center, in una email. «Dopo due anni difficili, di comunità amputata, capisco il perché. (…) È stato utile preparare la conferenza su Zoom. Ma niente può sostituire la forza della presenza personale. Tanti hanno segnalato come la vicinanza e la prossimità facciano la differenza».

Alcuni vescovi hanno parlato sinceramente delle sfide della ripresa post pandemia, e di come le routines sono state sconvolte e molte persone non stanno tornando nelle parrocchie. Altri hanno spiegato che il panorama dei media cattolici può risultare frustrante, specialmente quando i media si descrivono come cattolici ma sembrano intenti a minare il papa o ad attaccare altri credenti. Questi media raggiungono il gregge dei vescovi, proponendo un flusso costante di rabbia e di pettegolezzi che i leader della Chiesa non sembrano in grado di controllare.

Gli organizzatori sperano che l’evento diventi un’opportunità regolare per i vescovi di incontrarsi tra loro e con esperti laici per discutere delle sfide che la Chiesa deve affrontare.

«È un incontro iniziale, ma speriamo che diventi un evento annuale, o semestrale, per offrire un forum dove vescovi e teologi possano parlare francamente, gli uni con gli altri, di cose importanti che vengono normalmente ignorate dalla stampa», ha detto padre Massa.

Ci sono stati sforzi simili in passato. La conferenza di Chicago ricorda un incontro tenutosi al Boston College nel 2017, dove vescovi e teologi si sono impegnati in un dialogo sull’attuazione di «Amoris Laetitia», l’enciclica del 2015 sulla vita familiare. E nei college e nelle università cattoliche di tutto il paese si tengono regolarmente incontri sulle sfide che la Chiesa deve affrontare. L’effetto di questi incontri non è quantificabile. Ma il fatto che ci siano, specialmente in un’epoca di iperpartitismo e polarizzazione, è un segno di speranza e di possibilità.

«In un contesto di radicale polarizzazione, la Chiesa si trova in una posizione unica per offrire rimedi pratici», mi ha scritto ancora Mike Murphy. «Perché ha conosciuto e vissuto dentro simili tensioni per tutta la sua storia. In modo imperfetto, ma autentico, con robusti periodi di luce, speranza e nutrimento».

E concludendo mi scriveva: «La sfida è quella di abitare le tensioni in modo fruttuoso, perché questo è il vero dono del Vangelo ed è centrale per il modo di procedere della Chiesa».

  • Pubblicato sulla rivista dei gesuiti degli USA, America, il 29 marzo 2022.
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