Nella sua storia delle emergenze del nulla nel pensiero occidentale, Sergio Givone così tematizza l’esperienza dell’angoscia: «Le cose si allontanano da noi e noi non abbiamo modo di ancorarle a noi stessi, a un nostro progetto, perché insieme “affondiamo” ». A questo sprofondare, a questo spegnersi delle tonalità emotive con cui ci rapportiamo al mondo, don Bruno Ferrero, fino a luglio 2009 direttore editoriale dell’editrice Elledici, contrappone l’esperienza “altra” della fede. Quello che ne deriva è un capovolgimento radicale. Allo scivolamento nell’insignificanza, subentra l’attenzione al tempo e la sporgenza del dono. Alla chiusura affettiva, lo spalancamento verso gli altri. Alla disattenzione e alla neutralità indifferente, la compartecipazione. All’angoscia, la meraviglia. Ferrero propone quella che potremmo definire una “stilistica” dell’esistenza cristiana. Cosa ne costituisce il centro? L’esperienza del «tempo capovolto». Il cristianesimo vive non una temporalità che corre verso la sua irreversibile distruzione, ma una temporalità che si riaccorda all’inizio: «Gesù ha capovolto il senso del tempo: non si va verso la fine, ma verso il principio ». È questo capovolgimento ad annientare l’angoscia: «La persona spirituale – scrive Ferrero – è una persona tutta desta. Sveglia è la persona che mira radicalmente a reagire con occhio vigile a ciò che la volontà di Dio raccomanda nella situazione che si presenta di volta in volta. Veglia per Gesù significa: sensibilità per gli uomini e le cose. Il contrario sono la sonnolenza e il sopore, mancanza di partecipazione ed elusione delle responsabilità ». Se è vero che «stiamo costruendo ogni giorno quell’io che si presenterà a Dio» – e se questo è il cuore della stilistica cristiana – è urgente allora riformulare l’interrogativo cruciale: quale Dio ci chiama, ci pro-voca alla relazione? «Fin dall’inizio – scrive Ferrero – , la Bibbia insiste sul primato dell’amore divino, relativizzando tutti i testi che mettono in campo un Dio giustiziere. Dio stesso lo esprime chiaramente per bocca del profeta Osea (11,9): “Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò a te nella mia ira”». La scelta del profeta Osea, da parte di Ferrero, non è casuale. Come ha scritto Giacomo Debenedetti, Osea «mette Iddio sotto il segno dell’amore. Dio si mette a parlare un linguaggio del tutto intellegibile: e inaugura, intorno alla propria figura, una serie infinita di tenerissime modulazioni». Ferrero può allora indicare chi è il Tu che abbraccia l’uomo e lo chiama a praticare virtù con «coraggio, radicalità, risolutezza »: «un Dio senza misura nell’esigere e senza misura nell’amare».
Bruno Ferrero
DIECI BUONI MOTIVI PER ESSERE CRISTIANI (E CATTOLICI) Elledici. Pagine 176. Euro 8,00
La recensione: Bruno Ferrero e il capovolgimento radicale della fede
di Luca Miele – avvenire 19/2/2010