La recensione: Bruno Ferrero e il capovolgimento radicale della fede

di Luca Miele – avvenire 19/2/2010


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Nella sua storia delle emer­genze del nulla nel pensie­ro occidentale, Sergio Gi­vone così tematizza l’esperienza dell’angoscia: «Le cose si allontana­no da noi e noi non abbiamo modo di ancorarle a noi stessi, a un nostro progetto, perché insieme “affondia­mo” ». A questo sprofondare, a que­sto spegnersi delle tonalità emotive con cui ci rapportiamo al mondo, don Bruno Ferrero, fino a luglio 2009 direttore editoriale dell’editri­ce Elledici, contrappone l’esperien­za “altra” della fede. Quello che ne deriva è un capovolgimento radica­le. Allo scivolamento nell’insignifi­canza, subentra l’attenzione al tempo e la sporgenza del dono. Alla chiusura affettiva, lo spalancamen­to verso gli altri. Alla disattenzione e alla neutralità indifferente, la compartecipazione. All’angoscia, la meraviglia. Ferrero propone quella che potremmo definire una “stilisti­ca” dell’esistenza cristiana. Cosa ne costituisce il centro? L’esperienza del «tempo capovolto». Il cristiane­simo vive non una temporalità che corre verso la sua irreversibile di­struzione, ma una temporalità che si riaccorda all’inizio: «Gesù ha ca­povolto il senso del tempo: non si va verso la fine, ma verso il princi­pio ». È questo capovolgimento ad annientare l’angoscia: «La persona spirituale – scrive Ferrero – è una persona tutta desta. Sveglia è la persona che mira radicalmente a reagire con occhio vigile a ciò che la volontà di Dio raccomanda nella si­tuazione che si presenta di volta in volta. Veglia per Gesù significa: sen­sibilità per gli uomini e le cose. Il contrario sono la sonnolenza e il sopore, mancanza di partecipazio­ne ed elusione delle responsabi­lità
». Se è vero che «stiamo co­struendo ogni giorno quell’io che si presenterà a Dio» – e se questo è il cuore della stilistica cristiana – è ur­gente allora riformulare l’interroga­tivo cruciale: quale Dio ci chiama, ci pro-voca alla relazione? «Fin dall’inizio – scrive Ferrero – , la Bib­bia insiste sul primato dell’amore divino, relativizzando tutti i testi che mettono in campo un Dio giu­stiziere. Dio stesso lo esprime chia­ramente per bocca del profeta Osea (11,9): “Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distrug­gere Efraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò a te nella mia ira”». La scelta del profeta Osea, da parte di Ferrero, non è casuale. Come ha scritto Giacomo Debenedetti, Osea «mette Iddio sotto il segno dell’a­more. Dio si mette a parlare un lin­guaggio del tutto intellegibile: e i­naugura, intorno alla propria figu­ra, una serie infinita di tenerissime modulazioni». Ferrero può allora indicare chi è il Tu che abbraccia l’uomo e lo chiama a praticare virtù con «coraggio, radicalità, risolutez­za »: «un Dio senza misura nell’esi­gere e senza misura nell’amare».

 Bruno Ferrero
 DIECI BUONI MOTIVI PER ESSERE CRISTIANI (E CATTOLICI) Elledici. Pagine 176. Euro 8,00