"La Papessa", storia di un Papa mai esistito

 di Elizabeth Lev

ROMA, venerdì, 2 luglio 2010 (ZENIT.org).

Fin dall’antichità, i romani hanno amato una bella farsa. Da Plauto a Neri Parenti, donne mascherate da uomini, personaggi di cliché e buffoni hanno deliziato gli abitanti della Città Eterna. Il nuovo film tedesco "La Papessa", uscito la scorsa settimana a Roma, è purtroppo sfuggito alle possibilità comiche di raccontare la storia fittizia di un Papa donna e ha optato per presentare un racconto lungo e pesante che fa rimpiangere i Monty Python. "La Papessa" si basa sul libro omonimo della scrittrice americana Donna Woolfolk Cross. Pubblicato nel 1996 dopo "sette anni di ricerche", racconta una favola con svolte grottesche degne dei Fratelli Grimm. La storia si evolve intorno a Giovanna, una ragazza cresciuta nella Germania del IX secolo da un sacerdote-padre che si rifiutava di riconoscere le sue qualità intellettuali perché nella mentalità della Chiesa "le donne sono inferiori". Questo ultimo aspetto, sottolineato da maltrattamenti, tradimenti e stupri, rende chiara fin dall’inizio la convinzione dell’autrice del fatto che la Chiesa cattolica abbia evidentemente bisogno di un tocco femminile. Giovanna cresce travestita da uomo, e attraverso una serie di incidenti "provvidenziali" finisce a Roma, dove, grazie al buonsenso e alle superiori capacità mediche, il suo alter ego "Giovanni Anglicus" diventa il confidente di Papa Sergio II (844-847). Alla morte prematura del Pontefice (provocata da intrighi), "Giovanni Anglicus" diventa Papa Giovanni per acclamazione popolare. Giovanna si imbarca in una serie di riforme che includono le "scuole cattedrali" per le donne (nonostante il fatto che queste scuole non esisteranno per altri due secoli), la ricostruzione degli acquedotti e un miglioramento generale della vita civica. Ovviamente la Messa, la preghiera e i sacramenti non figurano mai nella vita impegnata di Giovanna come frate o Papa, e il film non mostra alcun tipo di ordinazione di "Giovanni Anglicus". Il suo breve pontificato termina quando muore nella processione della Domenica di Pasqua per un aborto, e il suo nome (secondo i suoi sostenitori) venne eliminato dal Liber Pontificalis in segno di vendetta. Il film presenta una tipica visione del pontificato come corporazione in cui una donna può essere "direttore esecutivo" così come un uomo. La seduzione di Giovanna nei confronti del suo amante, il Conte Gerold (interpretato dal Faramir de "Il Signore degli Anelli", David Wetham), sembra più che altro una scena di "Sex in the City". Giovanna può guarire i corpi con erbe e diete, ma non si preoccupa di guarire le anime – anche quando viene messa davanti alla scelta di sposare il Conte Gerold o accedere al pontificato, quando prende la tiara e lascia il suo corteggiatore appeso a un filo. La storia della Papessa Giovanna ha 800 anni ed è nata con gli eretici catari del XIII secolo. Ci sono molte discrepanze nelle storie: alcuni dicono che venne eletta nel 847, altri parlano del 1087; alcuni affermano che il suo nome era Giovanna, altri che fosse Agnese o Giberta; alcuni dicono che morì durante la cerimonia di insediamento, altri che regnò per due anni. Ciò che è certo è che non viene menzionata prima del 1250, quando la Cronaca Universale di Menz ne parla per la prima volta. "La Papessa" non vuole essere un modello per le donne, ma in un tentativo di spezzare la linea continua dei Papi e di mostrare il pontificato come istituzione profondamente umana presenta una situazione assurda, in cui una donna, per di più promiscua, è riuscita a eludere l’attenzione dello Spirito Santo. La storia è stata ripresa dai protestanti nel XVI secolo ed è circolata per danneggiare il pontificato. David Blondel ha dimostrato la falsità della vicenda in una serie di studi pubblicati ad Amsterdam nel 1650. Il XIX secolo ha avuto un particolare attaccamento alla questione, come negli anni Settanta, quando Liv Ullman ha interpretato il primo film sul tema. L’arrivo de "La Papessa", il secondo "round", era piuttosto prevedibile nel contesto attuale. Come la maggior parte dei film anticattolici, "La Papessa" fa un uso libero delle parole di San Paolo sulle donne per sostenere che la Chiesa le ha oppresse fin dalle origini. E’ stata tuttavia la società medievale che ha promosso Trotula di Ruggiero, medico italiano dell’XI secolo che aveva un gruppo di studentesse aristocratiche. L’Università di Bologna, la più antica dell’Occidente, ha permesso alle donne di assistere alle letture fin dai suoi inizi, nel 1088, mentre i tanti scritti scientifici della badessa Hildegard di Bingen risalgono al XII secolo. Il film si prende molto sul serio, ma il risultato sono 2 ore e 19 minuti di noia. In un tentativo di risvegliare il pubblico dal torpore, quando la storia si sposta a Roma, le scene rurali scompaiono per essere sostituite da una corte papale che ostenta tagli di capelli alla Cesare e toghe di satin, mentre gli appartamenti papali (situati erroneamente a San Pietro anziché a San Giovanni in Laterano) vantano brillanti colonne di marmo nero e un letto papale faraonico con tende di velluto e statue dorate. "La Papessa" è stato diretto dal tedesco Sönke Wortmann, un ex giocatore di calcio diventato attore e poi regista. Anche se la maggior parte dei suoi lavori è stata trasmessa dalla televisione tedesca, è autore di due documentari, "Il miracolo di Berna" del 2003 e "Germania: una favola estiva" del 2006, entrambi su partite dei Mondiali di calcio. Wortmann sarebbe stato probabilmente più convincente se avesse fatto un film su una donna che si traveste per giocare nella nazionale tedesca di calcio e segna il gol decisivo – potrebbe essere considerato un sacrilegio. Se il film deve ancora trovare un distributore negli Stati Uniti, è arrivato a Roma giusto in tempo per la festa dei Santi Pietro e Paolo. Mentre il mondo celebrava la testimonianza del primo Papa, quindi, gli spettatori guardavano la storia di un Papa che non è mai esistito. [Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti]