La liturgia, in questo tipo di società secolarizzata, ha anzitutto il compito di rendere visibile la presenza di Dio nel mondo

La riforma avviata dal Concilio Vaticano II per una liturgia capace di parlare di più e meglio all’uomo di oggi, è chiamata a cinquant’anni dalla costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” a fare i conti con una società ampiamente secolarizzata. La sfida posta alla Chiesa e alla liturgia dalla cultura postmoderna è saper cogliere anche in questo tempo un “tempo favorevole” per l’annuncio della novità del Vangelo. E’ questo uno dei temi affrontati nel convegno “Liturgia ed evangelizzazione” promosso dalla Conferenza episcopale italiana e dalla Pontificia Università Gregoriana e in corso a Roma con la partecipazione di circa 350 direttori e membri degli uffici per la pastorale liturgica diocesani. Aleteia ne ha parlato con Goffredo Boselli, monaco di Bose e tra i relatori del convegno. Il monastero ecumenico di Bose, tra le altre attività, ospita già da oltre dieci anni un convegno internazionale annuale, in collaborazione con l’Ufficio beni culturali della Cei, incentrato sui temi della liturgia e dell’architettura sacra (il prossimo dal 4 al 6 giugno 2015 affronterà il tema del ruolo della luce nello spazio liturgico).

Celebrare la liturgia in un contesto secolarizzato è diverso da celebrarla in un contesto di cristianità diffusa o fiorente?

Boselli: In un contesto secolarizzato come quello occidentale il cristiano è responsabile in prima persona della scelta di fede, a differenza di quanto avveniva in tempi in cui la cristianità era diffusa. La vita di fede era allora sostenuta da una comunità civile compatta, addirittura da un regno, da un re, da un esercito. Oggi, invece, il credente deve essere personalmente motivato, deve aver “scelto” la fede e non ha un contesto sociale che lo sorregga.

Quale liturgia è più adatta a questo contesto?

Boselli: La liturgia, in questo tipo di società secolarizzata, ha anzitutto il compito di rendere visibile la presenza di Dio nel mondo. In un mondo dove Dio è assente, la liturgia è epifania della sua presenza perchè una comunità di credenti si riunisce, confessa il suo nome, lo invoca e, in questo modo, lo rende presente nella storia.

Come si traduce nella pratica? 

Boselli: Si traduce molto semplicemente in quello che i cristiani hanno sempre fatto dal giorno di Pasqua: radunarsi in assemblea liturgica ogni domenica, fare memoria del Signore risorto, celebrare l’Eucarestia e confessare la presenza del Signore vivente in mezzo a loro. La differenza è che, prima, nella società cristianizzata la presenza di Dio era un’evidenza, tutto parlava della presenza di Dio nel mondo, attraverso la cultura e la società: oggi la presenza di Dio è resa visibile dalla comunità riunita in assemblea. Inoltre oggi la liturgia evangelizza nella misura in cui è riflesso del Vangelo: nell’età secolare, infatti, solo il nudo Vangelo ha la forza di evangelizzare.

Quali segni possono aiutare?

Boselli: L’assemblea riunita è, a livello liturgico, il segno principale. La comunità di credenti, spesso povera, numericamente inferiore – pensiamo a comunità un pò isolate, che magari non hanno più il loro prete – attraverso il fatto che si radunino nel giorno di domenica e insieme ascoltino la Parola di Dio, confessano che il Signore è presente nella società. A una società secolarizzata che sembra aver dimenticato l’esistenza di Dio, i cristiani confessano ancora la presenza di Dio radunandosi in assemblea nel giorno del Signore, facendo memoria di Lui e della sua resurrezione.

Quali sono gli aspetti della liturgia che, in questo contesto, possono essere, invece, un ostacolo all’evangelizzazione?

Boselli: Un certo linguaggio della liturgia può diventare un ostacolo. Penso a certi testi che abbiamo ricevuto dalla tradizione, antichissimi, che per l’uomo contemporaneo risultano impenetrabili. La difficoltà di comprensione può impedire alla liturgia di tradursi in annuncio del Vangelo. Lo stesso può avvenire per certe immagini di Dio presenti all’interno della liturgia, retaggio di una civiltà cristianizzata, ma ostiche per il credente di oggi. La liturgia ha sempre bisogno di essere evangelizzata, cioè ha sempre bisogno di un rapporto costante con il Vangelo di Dio.

Negli ultimi anni è stata avviata una riflessione approfondita sull’edilizia di culto e la sua capacità di elaborare forme nuove per il nostro tempo: esiste un’architettura “necessaria” alla liturgia di oggi?

Boselli: Di per sè non esiste “una” architettura per la liturgia nell’età secolare. Non c’è “uno” stile, così come c’è stato il romanico o il gotico in altre epoche: non esiste il “contemporaneo”, quindi, ma la contemporaneità rende possibili diverse forme dell’unica realtà Chiesa. Lo stile sta nella pluralità delle forme e non in un’unica forma.

Papa Francesco e l’Evangelii Gaudium quale direzione indicano alla liturgia nel mondo secolarizzato?

Boselli: Tutto ciò che papa Francesco afferma circa l’evangelizzazione e la missione della Chiesa  nel mondo contemporaneo vale anche per la liturgia della Chiesa. Una liturgia, quindi, “in uscita”, aperta, attenta alle fragilità dell’uomo e della donna contemporanei, capace di misericordia, di accoglienza. Una liturgia, ancora, ospitale, capace di far spazio ai bisogni e alla fragilità della fede. Tutto ciò che il pontefice chiede all’immagine della Chiesa di oggi vale perfettamente per la liturgia.

sources: ALETEIA