La guerra: tra spazio e tempo

di: Riccardo Cristiano

ucraina

Tutte le guerre vanno alla conquista dello spazio, ma devono fare i conti col tempo. Anche quella di Vladimir Putin è una guerra contro il tempo e ciò rende la sua azione esiziale per il cristianesimo, in particolare quello russo ortodosso.

Nel suo ormai famoso discorso alla nazione del 21 febbraio, nel quale ha espresso la sua considerazione della Ucraina poco prima di invaderla, Vladimir Putin ne ha negato l’esistenza temporale nella storia, conferendo, da subito alla sua guerra un carattere etnico-spaziale.

Un popolo – il popolo russo – ha una sola patria: la Russia. E questa patria unisce in un solo spazio tutta l’etnia russa. Questa etnia ha una fede. La sua Chiesa è etnica, discende da valori ancestrali ed è legata al potere politico che la rappresenta e la esprime in toto. Questa Chiesa è il patriarcato di Mosca e di tutte le Russie.

La posizione più “eversiva”, per Mosca, è risultata pertanto quella manifestata dall’arcivescovo di Kiev, il metropolita Onufrio (cf. SettimanaNewsqui) – di per sé ancora in comunione col Patriarcato di Mosca – che ha apertamente rimproverato a Putin il delitto peccaminoso di Caino nei confronti di Abele. Caino ha ucciso il fratello! Onufrio ha ribadito la sovranità dell’Ucraina, del suo esercito e del suo popolo. Ciò ha posto Onofrio dalla parte del tempo, non più dello spazio russo.

All’inizio della nostra storia c’è stata l’orda a rivendicare il diritto esclusivo sulla caccia e la pesca in un dato territorio. Già Freud negava che l’orda, prima forma di società, fosse, come si suole dire, egualitaria. Passando dal ferino al sociale – ha ricordato nel suo importantissimo libro Enriquez Eugène “Dall’orda allo Stato” (Il Mulino) – “il padre fu ucciso dai suoi figli e uno di loro lo sostituì, divenendo il capo”. Il legame, dunque, è tra il capo e l’orda. In un altro lavoro decisivo, il professor Antoine Courban ricorda che l’orda non conosce il tempo, eternizza i conflitti, rendendo le rivalità di ieri anche quelle di oggi e di domani.

Ecco, la guerra ucraina va necessariamente colta come guerra etnica, cioè come guerra tesa a guadagnare spazio alla Russia nell’Ucraina a est del fiume Dniepr sino alla Transnistria a ovest, per portare tutta l’etnia russa sotto il comando dello zar di tutte le Russie.

Se il cristianesimo russo accetta acquiescente la dimensione etnica del conflitto vuol dire che accetta per sé la dimensione di Chiesa etnica. La teologia ortodossa conosce bene questo pericolo, che ha definito “filetismo” o etno-filetismo, cioè l’amore o la predilezione etnica.

Il patriarca Kirill sa bene che nel 1872 il sinodo panortodosso condannò come eresia il “filetismo”, cioè l’idea che la Chiesa possa essere divisa per linee etniche: “Denunciamo, censuriamo e condanniamo il filetismo, vale a dire, la discriminazione razziale e le dispute, rivalità e dissensi su basi nazionali nella Chiesa di Cristo come antitetico agli insegnamenti del Vangelo e ai sacri Canoni dei nostri beati Padri, che sostennero la santa Chiesa e, ordinando l’intera ecumene cristiana, guidandola alla pietà divina”.

Cristianesimo e potere politico

Questa scelta è decisiva riguardo il rapporto che la Chiesa vuole avere col potere politico. L’architrave di una Chiesa che sceglie di stare dalla parte del tempo – e non dello spazio – è altrimenti in Evangelii Gaudium, l’esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco, da molti giustamente definita un manifesto del suo pontificato. Francesco propone l’alternativa al filetismo: avviare processi è più importante di occupare degli spazi.

È molto importante ricordare l’inizio del capitolo intitolato proprio “il tempo è superiore allo spazio”, nn. 222-225. Scrive Francesco: «Vi è una tensione bipolare tra la pienezza e il limite. La pienezza provoca la volontà di possedere tutto e il limite è la parete che ci si pone davanti. Il tempo, considerato in senso ampio, fa riferimento alla pienezza come espressione dell’orizzonte che ci si apre dinanzi e il momento è espressione del limite che si vive in uno spazio circoscritto.

I cittadini vivono in tensione tra la congiuntura del momento e la luce del tempo, dell’orizzonte più grande, dell’utopia che ci apre al futuro come causa finale che attrae. Da qui emerge un primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: il tempo è superiore allo spazio. Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo».

E al punto 224: «A volte mi domando chi sono quelli che nel mondo attuale si preoccupano realmente di dar vita a processi che costruiscano un popolo, più che ottenere risultati immediati che producano una rendita politica facile, rapida ed effimera, ma che non costruiscono la pienezza umana. La storia forse li giudicherà con quel criterio che enunciava Romano Guardini: Lunico modello per valutare con successo unepoca è domandare fino a che punto si sviluppa in essa e raggiunge unautentica ragion dessere la pienezza dellesistenza umana, in accordo con il carattere peculiare e le possibilità della medesima epoca».

Rileggo queste parole pensando alla Russia e al suo cristianesimo oggi, al ruolo che potrebbe svolgere in una globalizzazione che sembra appiattire le differenze tra i popoli e che pure le consentirebbe di poter assolvere – per sua stessa natura geografica e culturale – alla funzione di ponte tra i continenti e le religioni, credendo nel tempo. Anziché santuario di identità eterne e immodificabili. Chiuse.

Con amarezza penso che la mano pesantissima di Putin contro il dissenso interno non sia solo di natura politica, bensì culturale. In tal modo lancia un preciso messaggio al mondo: “noi siamo i russi e i russi sono un unico popolo, un’unica etnia, con un unico capo in lotta per riunificare il proprio territorio, al di fuori di ogni rapporto col tempo di questa nostra epoca”.

Anche le modalità arcaiche di conduzione di questa invasione bellica – con cingolati e assedi che sembravano appartenere ormai al passato – confermano il carattere di guerra spaziale pesante contro il tempo aeriforme della storia. In tal modo emerge l’eterna necessità di un nemico senza tempo, immodificabile, a cui contrapporre l’arroccamento aggressivo della propria immodificabile identità antica.

L’errore più grave dell’occidente è ora quello di cadere nello stesso errore: ossia fare dei russi il nemico, eterno e immodificabile.

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