Parla la docente del «Marianum» di Roma Cettina Militello
Un fiume sotterraneo che ha attraversato i secoli radicandosi sempre più nella fede cristiana, fino a sgorgare nella proclamazione del dogma. E donare così al mondo di oggi una provocazione ben precisa: «La salvezza offerta agli uomini da Cristo è globale, coinvolge il corpo». Un messaggio di speranza affidato al corpo femminile di Maria e portato alla luce da Pio XII con la proclamazione del dogma dell’Assunta. È questa la lettura offerta dalla teologa Cettina Militello, direttrice della cattedra «Donna e cristianesimo » presso la Pontificia facoltà teologica «Marianum» di Roma. Qual è il senso teologico di questo dogma? Dal punto di vista teologico la nostra comprensione del dogma dopo sessant’anni è mutata, perché nel frattempo c’è stato il Concilio Vaticano II, che ha guardato a Maria come icona anticipatrice della Chiesa. L’Assunta mostra alla Chiesa come compiuto il disegno di Dio per l’umanità salvata. Lei è la prima che partecipa in pienezza della salvezza apportataci dal figlio ed è immagine concreta dell’umanità salvata. Perché stabilire in un dogma questa verità di fede? La storia del dogma è complessa. Nei primi tempi la comunità cristiana, con la crescita del dogma cristologico, ha prestato sempre più attenzione alla Madre del Signore collegandola sempre più al mistero del figlio. In questa prospettiva, fin dal IV secolo, ci si è posti la questione della sua condizione di grazia – e da qui il dogma dell’Immacolata concezione – e sul suo destino finale. Le prime tracce intorno a questa riflessione arriva dai cosiddetti «apocrifi assunzionisti ». Questi testi furono poi recepiti dall’omiletica e dall’iconografia e il racconto dell’assunzione di Maria entrò nelle nostre chiese, radicandosi nel «sensus fidei» della comunità cristiana fino a diventare enunciato dogmatico. Certo, il pronunciamento trovò anche voci di perplessità e non solo tra i protestanti e gli ortodossi. Entusiasta, invece, fu, strano a dirsi, lo psicoanalista Carl Gustav Jung, che ne colse il portato di speranza. Va detto, comunque, che dietro a questo gesto di Pio XII c’è una lunga sedimentazione e riflessione, come prova la bolla papale. Il dogma va inserito anche nella speciale devozione mariana di Pio XII? Pio XII era particolarmente legato all’Assunta e, a quanto ne so, faceva anche parte della Confraternita dell’Assunta. Ma la sua forte devozione mariana era molto solida e non lascia spazio alla credulità. Fu un Papa devotissimo, insomma, ma con uno sguardo teologico molto solido nei confronti di Maria. E dal suo pronunciamento partì tutta una ricerca teologica intorno al rapporto tra Maria e la Chiesa che ha arricchito la stessa costituzione conciliare Lumen Gentium. Cosa insegna questo dogma sul rapporto tra «genio femminile» e comunità cristiana? Questa dimensione è una grande risorsa del dogma: il corpo femminile, oggi così vituperato, così negato, così disprezzato, è in realtà il primo a partecipare della gloria delle risurrezione. Colpisce che al centro della fede ci sia proprio questo corpo di risurrezione che rimane nella sua identità di genere. Maria è la Madre del Signore, lo ha generato nella carne e dunque il suo corpo di donna è il primo che partecipa della gloria del figlio. Il messaggio che oggi ci lascia il mistero dell’Assunta è che la redenzione cristiana è globale, accoglie la carne che entra nel mistero di Dio.
Matteo Liut – avvenire.it 15 agosto 2010