Ogni messa è la festa del Corpo e del Sangue del Signore; ne è la presenza reale e necessaria, poiché la Chiesa non può fare a meno del Corpo di Cristo, ossia della sua passione e dell’amore che in quel Corpo ritrova e assume. Oggi viene esaltata soprattutto la presenza reale di Gesù nell’Eucaristia: la solennità è nata per proclamarla e farne oggetto di adorazione, quando sorse il rischio che nella coscienza cristiana tale presenza si obnubilasse.
La vigilia della sua passione Gesù non ha lasciato un semplice simbolo di se stesso, o una sua memoria affidata solo al desiderio o all’intensità del loro affetto: egli ha lasciato la sua persona nella forma del suo sacrificio; ha consegnato la sua vita (il suo sangue) non trattenuta per sé, ma offerta per la liberazione dell’uomo. Il simbolo religioso, commemorativo, non è la novità cristiana: questa novità consiste nel fatto sorprendente che nel modo e nell’indicazione del segno del pane e del vino e quindi di una convivialità umana, Cristo ha dato se stesso; così, il segno eucaristico non è indice di lontananza, rimando a un’assenza, ma tramite di vera presenza. Del resto con il Signore Gesù i simboli non contano più; alla loro ombra si è sostituita la Sua verità; alla loro attesa la Sua venuta, nell’Eucaristia Gesù ha reso disponibile se stesso, poiché l’uomo non ha bisogno di altri che di lui e dello Spirito che viene da lui. Professare la presenza di Gesù nell’Eucaristia, nella verità del suo Corpo e del suo Sangue, vuol dire riconoscere che da lui viene la nostra salvezza: dalla comunione personale e insostituibile che con lui si stabilisce.
(©L’Osservatore Romano 30 maggio 2013)