LA FAMIGLIA NELL’ARTE Una semplicità mai banale

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Osservatore Romano

La pittura di Jan Knap è solo in apparenza semplice. Oggi semplicità fa pensare a banalità. Le opere di Knap, quando si studiano e si approfondisce anche la conoscenza dell’artista stesso, da apparentemente elementari, diventano intellettualmente impegnative. Angioletti con tanto di ali, bambini dai dolci visi, ambienti domestici da casa delle bambole, questi particolari occupano la pittura di Knap. Può sembrare anacronistica, vista la ruvidezza dei linguaggi della maggior parte degli artisti contemporanei. Può sembrare sdolcinata, sentimentalista, in conflitto con la schizofrenia della nostra umanità, può addirittura scandalizzare per la mitezza delle sue figure, eppure non è niente di tutto questo. Dietro alle composizioni idilliache, si celano ricerche filosofiche, teologiche, antropologiche. Allievo del più grande artista contemporaneo, Gerhard Richter, da lui apprende l’uso e le potenzialità dei colori, ma non lo imita, non ne segue i codici espressionisti astratti, anzi se ne discosta sviluppando la sua cifra stilistica che vede dominante l’elemento del sacro nella proposta cristiana cattolica (Knap studia filosofia e teologia a Roma dal 1982 al 1984).

L’iconografia della Sacra Famiglia non nasce da spinte emotive fideistiche, da devozionismi gratuiti, nasce dallo studio del Vangelo, dall’individuazione di quella “luce” che solo chi indaga il Vangelo seriamente riesce a cogliere e della quale non potrà più fare a meno. L’identità di Knap si rivela entrando nelle stanze dei suoi quadri, sedendosi ai tavoli apparecchiati, spiando da finestre di luce la quotidianità della famiglia che è sacra, tanto quanto lo è la famiglia stessa.

Una quotidianità che nelle opere di Knap diventa mistica, spazio dove far posto a Dio, sul divano, la sera prima di addormentarsi, la mattina al risveglio. Papa Francesco richiama la bellezza della quotidianità: accettare in silenzio la fragilità dell’altro, saper chiedere scusa e perdono, avere gesti di dolcezza, mostrando al coniuge la propria bontà concretamente «In ogni famiglia ci sono problemi» ma ci sono sempre tre parole che vengono in soccorso: «Permesso, per non essere invadenti, grazie, per aiutarci reciprocamente, e scusa. Dire scusa, poi, prima che finisca la giornata» per evitare «le guerre fredde del giorno dopo» (Angelus 27/12/2020).

Con queste parole entriamo nell’opera di Knap dal titolo La sacra famiglia.

Un olio su tela del 1994, pieno di candore e sapienza familiare potremmo dire. Nostalgico di quelle famiglie che vivono nel nostro immaginario. Scorgiamo una classicità nella composizione che trasuda contemporaneità nell’uso di colori e luce che si riflette su una bianchissima tovaglia in contrasto con il grigio delle pareti. Pareti spoglie, prive di arredi eccetto una stilizzata croce. Sono Giuseppe e Maria col Bambino, hanno l’aureola infatti, ma sono allo stesso tempo tutti i Giuseppe e Maria di oggi che portano la croce o la appendono al muro come guida. La fede dei membri di una famiglia non si misura dal numero di immagini sacre presenti in casa o dalla quantità di riunioni settimanali alle quali partecipa, ma è nella vita di famiglia praticata e pensata secondo il Vangelo di Gesù.

Torniamo però alla concretezza delle pareti di casa: ci viene in mente un passaggio profetico di Papa Francesco in Amoris laetitia: «La mancanza di un’abitazione dignitosa o adeguata porta spesso a rimandare la formalizzazione di una relazione. … “La famiglia ha il diritto a un’abitazione decente, adatta e proporzionata al numero dei membri, in un ambiente che provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della comunità”. Una famiglia e una casa sono due cose che si richiamano a vicenda» (44). La casa è importante nella pittura di Jan Knap forse perché, costretto a fuggire dalla Cecoslovacchia del blocco sovietico, si ritrova esule tra Europa e Usa. Quasi un nomade, Jan inserisce nei suoi quadri delle case silenziose, scene di vita familiare intime, finestre con vista su giardini rilassanti, per accedere a questo bisogno di luce.

Giuseppe e Maria, nell’opera che stiamo osservando, sono genitori che non hanno paura di parlare di Dio e con Dio, ambiscono all’Eden (la mela e gli angeli seduti alla mensa lo ricordano) sono genitori che nella limpidezza dei loro sguardi, i vestiti senza inutili orpelli, la compostezza dei loro corpi, i capelli in ordine, simboli di umiltà come valore, non come sottomissione bigotta, ci dicono la bellezza della famiglia nella semplicità della fede. Ecco la ricchezza e la forza di questo quadro. Grida quanto è bella la famiglia che crede. Il Papa ci accompagna con tenerezza: «L’educazione dei figli dev’essere caratterizzata da un percorso di trasmissione della fede, che è reso difficile dallo stile di vita attuale, dagli orari di lavoro, dalla complessità del mondo di oggi, in cui molti, per sopravvivere, sostengono ritmi frenetici. Ciò nonostante, la famiglia deve continuare ad essere il luogo dove si insegna a cogliere le ragioni e la bellezza della fede, a pregare e a servire il prossimo. Questo inizia con il Battesimo, nel quale, come diceva sant’Agostino, le madri che portano i propri figli “cooperano al parto santo”. …La fede è dono di Dio, ricevuto nel Battesimo, e non è il risultato di un’azione umana, però i genitori sono strumento di Dio per la sua maturazione e il suo sviluppo». Perciò «è bello quando le mamme insegnano ai figli piccoli a mandare un bacio a Gesù o alla Vergine. Quanta tenerezza c’è in quel gesto! In quel momento il cuore dei bambini si trasforma in spazio di preghiera» (Amoris laetitia, 287).

La tavola è il luogo della riunione familiare, in cui si racconta e si interpreta la realtà. Così si svela la vita alla luce del vangelo, le parole scambiate ai pasti sono una quotidiana scuola di vita tra genitori e figli. Come va con quel collega insopportabile? Come facciamo con quel compagno di scuola fastidioso? Come andranno le cose nel mondo dopo le notizie ascoltate in tv? Le risposte, se nascono dal vangelo, diventano il catechismo familiare. Immerso nella vita vera.

La sacra famiglia di Knap è composta da tanti quadri in uno solo. Ogni personaggio potrebbe essere quadro a se stante. Ogni particolare si traduce in una molteplicità di visioni nell’unicità dell’essere famiglia. Il padre, con l’angioletto che richiama il sogno di Giuseppe, sembra dormire ad occhi aperti. In effetti è assente rispetto a quello che sta succedendo dall’altra parte del tavolo, rispettando alla perfezione l’iconografia classica di un Giuseppe che si fa da parte perché è solo un custode. Protagonisti sono Maria e Dio. È nella fede, guardando l’angelo, che Giuseppe comprende il suo ruolo e riesce a portarlo avanti nonostante le difficoltà. Quanti genitori e sposi fanno fatica a prendere decisioni, a fare le scelte giuste davanti agli ostacoli che la vita getta loro davanti!

Spostiamo lo sguardo su Maria. Anche lei è quadro a sé. È “Madonna col Bambino”. Sfogliano o giocano con un libro, un chiarissimo richiamo e omaggio all’iconografia cinquecentesca, riletta nell’oggi. Maria, con quel bambino biondo, quasi botticelliano, sfoglia le bianche pagine di un libro da scrivere, che rivelerà la storia della vera salvezza.

E poi l’angioletto con le gambine intrecciate sulla sedia e le mani al petto. Omaggia Maria regina degli angeli? È un angelo custode? Sappiamo che ogni famiglia ha una parte di sé in Cielo. Può essere il bimbo concepito che non ha visto la luce o il familiare che non c’è più, che abbiamo salutato in questa terra ma che ci resta accanto e che un giorno ritroveremo perché la risurrezione ci riporterà di nuovo tutti insieme per sempre.

A sinistra abbiamo una porta dorata, fa accedere al laboratorio di Giuseppe. Il lavoro è separato ma non è lontano dalla vita familiare. Famiglia è anche concretezza: cose da fare, giustizia da pretendere, stipendi da cercare e da utilizzare in modo intelligente, ambienti dei quali aver cura. Nessuna famiglia può pensare di vivere senza lavoro, di dipendere dai soldi degli altri, di non ricevere la giusta ricompensa.

Dalla finestra si vede il cielo azzurro, piante verdi, nuvole che portano vita. Questa famiglia è immersa in una bellezza terrena ma non solo.