Prese il nome di Celestino V e, uomo santo e pio, si trovò di fronte ad interessi politici ed economici e a ingerenze anche di Carlo d’Angiò. Accortosi delle manovre legate alla sua persona, dopo 4 mesi rinunziò alla carica, il 13 dicembre 1294, morendo poco dopo in isolamento coatto nel castello di Fumone. Giudicato severamente da Dante come ‘colui che per viltade fece il gran rifiuto’, oggi si parla di lui come di un uomo di straordinaria fede e forza d’animo, esempio di umiltà e di buon senso.
Il secondo caso che la storia ricorda è quello di Gregorio XII, Papa dal 19 dicembre 1406 al 4 luglio 1415. Veneziano, una volta eletto si impegnò a porre fine al “grande scisma” fra i pontefici di Roma e quelli di Avignone. Ma ogni tentativo risultò vano. Solo il concilio di Costanza (1414-1417) vi riuscì. Gregorio XII rinunciò al pontificato e si ritirò a Recanati. Nel 1417, dopo la sua morte, il suo successore lo nominò Pontefice Emerito di Roma. (Nella foto, visita di Benedetto XVI a Sulmona, in provincia dell’Aquila, e l’omaggio alle spoglie di Celestino V, nel 2010)