La conchiglia del pellegrino, invito all’incontro

Non sembra un giardiniere, come narrano i Vangeli, il Cristo Risorto di Duccio da Buoninsegna. Non sembra un giardiniere e nemmeno uno che viene dal Cielo. Nel tergo della Maestà senese, dove questo dipinto è incastonato, il Risorto è vestito rigorosamente di rosso e di blu con bagliori dorati sui panneggi che rendono evidente la sua dimensione “altra”.
Chissà perché, in questa formella posta nell’estremo più alto della Maestà, Duccio ci offre un’immagine così quotidiana del Redentore. Ci voltiamo a guardarlo con lo stesso sguardo stupito e indagatorio dei due apostoli fuggiaschi. Leggiamo nei loro occhi quell’angoscioso “speravamo” che registra l’evangelista Luca e che esprime efficacemente lo sconcerto dei discepoli di fronte alla sconfitta.
L’abito di Cristo è quello del viandante, porta un mantello di pelo e il cappello dei romei o di quelli che, per impegno votivo, decidono di viaggiare fino al Campus stellae. Sì, Cristo è un pellegrino, il più grande della storia, non si può fermare alle attese di quei due discepoli delusi, deve raggiungere la “fine del mondo” cioè finis terrae, quegli estremi confini che al tempo di Duccio si fermavano allo Stretto di Gibilterra. Cristo ha l’equipaggiamento necessario per mangiare la Pasqua: fianchi cinti, bastone, sandali ai piedi e passo frettoloso. Così ci accorgiamo del cenno deciso del Cristo, dello sguardo penetrante verso un punto lontano, più lontano rispetto al cuore e all’attesa dei due compagni di viaggio.
Sorprende, di Cristo, la borsa: Duccio ha voluto corredarla con due conchiglie. Le capesante del cammino di Santiago.
La conchiglia è un simbolo raro. Nella bibbia, la parola “conchiglia” ricorre una sola volta e a proposito degli aromi necessari per i sacrifici della Tenda. Secondo la leggenda, quando i primi cristiani giunsero alle coste della Galizia trasportando il corpo di San Giacomo apostolo, un giovane a cavallo (Cristo stesso) si fece loro incontro e per raggiungerli si gettò in mare riemergendo con il corpo pieno di conchiglie.
Così il mito greco di Posidone, Dio del mare, e di Venere, dea dell’amore, trova contatto con la simbologia cristiana. Leggenda, certo, ma vero è che chiunque raggiungeva Compostela aveva l’obbligo di immergersi nel mare, rinnovare il battesimo, e portare con sé la testimonianza di una capasanta.
Il Cristo di Duccio ha due conchiglie, ha già percorso due volte il giro della terra, ma ancora ne deve percorrere prima che tutta l’umanità (dunque anche noi) sia entrata in quella locanda dove lui è con noi fino alla fine del mondo.

 

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