Irriga i deserti dell’anima!

Ascolta, amico lettore, quanto arriva nel profondo dell’anima tua dalle parole di un inno dei vespri che leggi nella penombra della sera e nella pace del cuore; ascolta e pacatamente rifletti: «Irriga, o Padre buono, / i deserti dell’anima / coi fiumi d’acqua viva / che sgorgano dal Cristo». Quanta avidità, quanta sete nell’anima orante che eleva il cuore, le braccia, il corpo intero al Signore Dio altissimo. Irriga: hai presente, amico lettore, il lavoro dei contadini, dei giardinieri nelle ore estive del torrido caldo, allorquando e ortaggi e fiori reclamano la goccia d’acqua che viene dall’alto, come se avessero e bocca e lingua e gola da inumidire non per una insensata avidità, bensì per la vita, la loro breve vita che si prolunga appena per pochi mesi. Irriga. Bagna… nel misterioso e infinito orizzonte, sotto la voce onnipotente del Dio altissimo, all’origine dei tempi: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque. […] Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo e appaia l’asciutto. […] Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra». Le acque… Le acque! È la poesia dell’infinito, dell’indefinito, dell’archè di tutto, in cui campeggia la figura del Dio altissimo al di sopra delle acque, della terra, degli esseri viventi: degli uomini, delle bestie selvatiche, dei rettili come degli uccelli del cielo, dei pesci del mare come dei grandi e terribili mostri; agli albori del viaggio che segna le traiettorie della storia dell’uomo, all’ombra dello Spirito, dello Spiritus, di Ruah; Spiritus Dei ferebatur super aquas!

Mi sovvengono le parole della Bibbia, nelle pagine della Genesi, allorquando l’autore fa riferimento ai quattro punti cardinali con l’immagine delle acque. «Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre attorno a tutta la regione di Avìla, dove si trova l’oro, e l’oro di quella regione è fino. […] Il secondo fiume si chiama Ghicon. […] Il terzo fiume si chiama Tigri. […] Il quarto fiume è l’Eufrate». Le origini di un mondo in largo, in vastità, al di là delle colonne, al di là della terra asciutta. Mi sovvengono, amico lettore, i versi del Papa-poeta nel Trittico romano, allorquando egli è affascinato dallo stupore «del seno di bosco (che discende) / al ritmo di montuose fiumare. / Questo ritmo mi rivela Te, / il Verbo primordiale. / […] L’argentata cascata del torrente / che dal monte cade ritmato». Ciò che è estasi, meraviglia, stupore! Mi sovvengono parole relative a tante acque, a tante forme di acque: su nel cielo, sotto la terra, a lambire la terra: a dar vita, a distruggere, a piantare, a sradicare, ad abbattere, nella pace, nella gioia, nella disperazione… nella morte. Tante acque! Tante lacrime! Tante gioie!

Finché arrivo all’acqua del Messia, al pozzo di Giacobbe, a Sicar, in un mezzogiorno assolato e stanco, nel silenzio della campagna samaritana; e qui risento l’eco delle parole di Gesù, in cui ad ascoltare c’è una donna, prima diffidente poi devota, e ci sono le piante, i rovi, le erbe, i cani silenziosi, le nuvole attente, le spighe fruscianti al dolcissimo vento, gli asini fermi, e in lontananza i discepoli di ritorno dal fare la spesa (che scena altamente umana e divina).

Ascolta, amico lettore: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete, ma chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno. Anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

È questa l’acqua che irrigherà i deserti della tua anima. È questa l’acqua dello Spirito che ci fa un’unica Chiesa al dire di sant’Ireneo vescovo, nel momento in cui il santo riflette sulla missione dello Spirito Santo: «Come la farina non si amalgama in un’unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l’acqua, così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un’unica Chiesa in Cristo Gesù senza “l’acqua” che scende dal cielo». È questa l’acqua che ti verrà data dal Padre buono. Ma chi è buono? Apri le pagine sacre e stendi il tuo occhio sui salmi 135, 136: «Lodate il Signore, perché il Signore è buono», «Rendete grazie al Signore, perché è buono»; e vai avanti nella paziente e sapiente lettura e t’imbatterai con il sacro vangelo di Luca in cui vi leggi: «Un notabile lo interrogò: “Maestro buono, che cosa debbo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Gesù gli rispose: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo”». Dio solo è buono! La bontà, la magnanimità, la misericordia. Dio è buono e ti ri-darà vita abbondantemente.

Troveranno, le acque, nel loro veloce cammino, le aridità della tua vita, i deserti della tua vita. Le aridità! La terra arida, il campo arido, il cuore arido, il deserto alla maniera dell’angelo della Chiesa di Laodicea: «Così parla l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio. Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo»; sei arido. I deserti della tua anima: le spigolosità, i rancori, l’avidità del potere, del denaro, l’egoismo, il vergognarsi di Dio e della fede, il rinchiudersi in sé stessi, il voltare le spalle a Dio e al prossimo, il voler essere puro e impuro, il voler niente e tutto, il voler essere della carne e dello spirito… I tuoi deserti che cingono la tua giornata e la tua vita.

Oh, se avessimo sulle labbra e nel cuore le parole di Agostino, peccatore e santo: «Quando ti confessiamo, o Signore, le nostre miserie e riconosciamo la tua misericordia verso di noi, manifestiamo il nostro amore per te perché, come hai cominciato, tu completi la nostra liberazione; perché cessiamo di essere infelici in noi stessi e diventiamo felici in te che ci hai chiamato »; perché ritroviamo l’acqua pura che irriga i deserti della nostra vita. Mi sovvengono parole – avvolte nelle melodie alte di una struggente bellezza – che danno un tripudio di zampilli d’acqua, un tripudio di immagini, di simboli, che aprono il cuore e danno diletto all’intelligenza e all’emozione: «Chi berrà la mia acqua non avrà più sete in eterno. / E quest’acqua sarà per lui fonte di vita per l’eternità. / Fiumi di acqua viva sgorgheranno in colui che crederà. / Nel Signore che dona a noi l’acqua di vita e di verità». Alzati, amico lettore, e bevi di quest’acqua che viene dal costato di Cristo, dal suo corpo morente e risorto nell’ora che cadono le ombre sul calvario di Gerusalemme, ma danno spazio, passati tre giorni, alla luce della risurrezione.

Vincenzo Arnone

vita pastorale febbraio 2012