Inediti Barsotti e Dossetti. Lettere sulla Chiesa

Don Divo Barsotti e Giuseppe Dossetti si incontrano nella prima metà degli anni Cinquanta, molto probabilmente a Firenze. Sono anni difficili, non solo per la società italiana, che comunque sta per vivere il boom economico, ma anche per la Chiesa, che avverte, in molte delle sue componenti, la necessità di un rinnovamento.

Anche Barsotti, sacerdote da diverso tempo, e Dossetti, ancora laico impegnato in politica, uomo pubblico a livello nazionale, «sembrano tutt’altro che giunti ad una configurazione definita nella loro personale ricerca di vita e di fedeltà evangelica. Dal loro incontro, in questo contesto incandescente per la vita del Paese e della Chiesa, scaturisce un rapporto destinato a durare nei decenni e ad incidere in maniera profonda in diversi ambiti delle loro vite».

Lo spiega bene Fabrizio Mandreoli nell’introduzione all’epistolario tra Dossetti e Barsotti, La necessità urgente di parlare. Carteggio 1953-1995, curato a quattro mani con Elisa Dondi e in uscita in questi giorni per i tipi del Mulino (pp. 226, euro 20). L’epistolario, che va ad arricchire le iniziative editoriali in quest’anno centenario della nascita di don Barsotti (nato a Palaia in provincia di Pisa e diocesi di San Miniato nel 1914), è una delle testimonianze più significative di questo intenso e complesso rapporto spirituale e culturale che lascia «intravedere, come attraverso una sorta di prisma, le vicende del Paese e della Chiesa del Novecento».

Sia pure incompleto, il carteggio si snoda in un arco temporale molto lungo e contiene sicuramente le lettere più importanti tra le quali quella (e non è la sola) in cui Dossetti, ex deputato alla Costituente, riconosce a don Divo il merito di averlo guidato al sacerdozio. Siamo nel 1958, la lettera porta la data del 21 gennaio, Sant’Agnese, Dossetti (che è nato a Genova nel 1913) si è ritirato ormai da sette anni dalla politica (a parte la parentesi del 1956) e ha già fondato a Monteveglio, in provincia e diocesi di Bologna, la comunità monastica della Piccola famiglia dell’Annunziata. Collabora con l’arcivescovo Giacomo Lercaro, ma non è ancora sacerdote. Lo diventerà l’anno successivo, il 6 gennaio 1959.

La ricostruzione dei contatti iniziali tra Barsotti e Dossetti è invece complicata: le testimonianze si sovrappongono e a volte si contraddicono. Al momento del loro primo incontro, quasi certamente alla fine del 1951, entrambi hanno sentito parlare o letto dell’altro. Sicuramente è Dossetti a conoscere meglio don Divo perché ne ha sentito parlare da Giorgio La Pira e da Gian Paolo Meucci e ha già letto il volume del 1951 Il mistero cristiano nell’anno liturgico, che rese Barsotti una delle figure teologiche e spirituali di rilievo nel panorama della Chiesa preconciliare.

Poco tempo dopo, come testimonia un appunto del 24 ottobre 1952, Dossetti avverte la necessità di un padre spirituale per fare chiarezza sulla sua vita e sulla sua vocazione. Cercherà di «fare di tutto per accelerare da Dio la grazia di un direttore saggio e santo» al quale presentarsi «in piena apertura e limpidità di cuore». Sarà così che nel 1953 Barsotti diventerà il direttore spirituale di Dossetti. Da quel momento gli incontri saranno sempre più frequenti. Dossetti passerà lunghi periodi presso don Divo. Sono gli anni in cui a Bologna, dove vive Dossetti, prende avvio l’esperienza pionieristica del Centro di documentazione e della Piccola famiglia dell’Annunziata (1955). Ma sono anche gli anni in cui Dossetti dovrà tornare in politica per la richiesta del cardinale Lercaro a candidarsi a sindaco di Bologna come capolista della Dc alle elezioni amministrative del 1956. Ma l’esito del voto lo costringerà per due anni al ruolo di capo dell’opposizione, mentre il pensiero sarà sempre alla sua piccola comunità.

Don Divo intuisce che la vicenda di Dossetti e quella della sua fondazione hanno bisogno della paternità del ministero presbiterale e propone all’amico di farsi prete. Indicazione che Dossetti accoglie e che presenta al cardinale Lercaro con il quale, dopo l’ordinazione, collaborerà attivamente negli anni del Concilio. Allo stesso tempo prosegue e si sviluppa il rapporto con don Barsotti, fino a che, nel febbraio 1970, quest’ultimo non chiede a Dossetti di interrompere immediatamente i rapporti con lui in quanto non se la sente di essere più la sua guida spirituale. Barsotti ha saputo delle posizioni critiche di Raniero La Valle e di Giuseppe Alberigo nei confronti del magistero di Paolo VI e le reputa ispirate dallo stesso Dossetti. Cosa che il diretto interessato smentisce categoricamente in un’accorata, lunga e documentata lettera del 5 febbraio.

Il rapporto si ricompone, ma i contatti si diradano comunque con la partenza di don Giuseppe per la Terra Santa, che nel 1972 si stabilisce a Gerico. Riprenderanno all’inizio degli anni Ottanta fino a quell’ultima commossa visita di Dossetti a Settignano (a Casa San Sergio dove Barsotti vive con la Comunità dei figli di Dio da lui fondata) prima del suo ricovero urgente in ospedale nel luglio del ’95. Da allora le condizioni di don Giuseppe si aggraveranno e don Divo, nel novembre del ’96 si recherà all’ospedale vicino a Monteveglio per un ultimo incontro, «che avviene in silenzio – racconta Mandreoli – perché Dossetti non parla più». «Stamani alle sei e mezzo è morto Dossetti – annota Barsotti il 15 dicembre 1996 –. Quanta della mia vita si è conclusa alla sua morte!». Barsotti, però, morirà dieci anni dopo, il 15 febbraio 2006.

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