In Europa le nuove frontiere dell’evangelizzazione

All’orizzonte non ci sono più soltanto l’Africa e altre terre lontane da evangelizzare. Il tradizionale ideale missionario di Comboni, sintetizzato nel motto “Salvare l’Africa con l’Africa”, deve oggi fare i conti anche con la nuova realtà della secolarizzazione che incalza regioni e territori di antica fede cristiana. In questa ottica, dal 7 al 17 febbraio, si è tenuta a Pesaro l’assemblea europea di animazione missionaria e di evangelizzazione dei comboniani. Una cinquantina di missionari, che per anni sono stati al servizio dei popoli e delle Chiese dell’Africa e dell’America Latina, si sono interrogati su qual è oggi il loro posto all’interno della società e delle Chiese d’Europa. Con l’obiettivo di definire linee comuni per un rinnovato progetto missionario e una più incisiva presenza comboniana in Europa.
Cambiano gli scenari. L’Europa dei mercati finanziari, delle nuove tecnologie, del rifiuto degli stranieri, della globalizzazione che esclude, è infatti la nuova terra di missione in cui i comboniani sono chiamati per una nuova evangelizzazione. E i cambiamenti avvenuti negli ultimi decenni nella società e nella Chiesa – è stato rilevato nel corso dei lavori – sfidano a un profondo rinnovamento nel modo di comprendere e attuare quella dimensione essenziale del carisma comboniano che è l’animazione missionaria. Infatti, la visione della missione come strada privilegiata per l’annuncio del Vangelo e la promozione dei valori del Regno di Dio ha ampliato il concetto di animazione missionaria, intendendola come stimolo alla Chiesa e alla società perché operino a favore della vita in ogni sua dimensione.
Del resto, se il fondatore, san Daniele Comboni, è conosciuto per aver formulato nel 1864 un grande “Piano per la rigenerazione dell’Africa”, è anche vero che quel piano è stato aggiornato più volte dallo stesso Comboni. E che il capitolo generale del 2009 ha invitato tutta la famiglia comboniana a passare “dal piano di Comboni al piano dei comboniani”.
Per il superiore generale dei Missionari comboniani del Cuore di Gesù, il messicano padre Enrique Sánchez González, quella della nuova evangelizzazione “è una riflessione che portiamo avanti da tempo, cercando di capire che cosa il Signore vuole da noi, cosa dobbiamo fare, dove impegnarci e come dobbiamo vivere”. La stessa realtà europea costituisce infatti “un invito a essere coraggiosi, per cercare modalità nuove di presenza, per essere testimoni visibili e credibili del Regno. In primo luogo – ha spiegato Sánchez González – non si tratta di fare, ma di essere testimoni del Vangelo. Se in altri continenti siamo davanti a povertà scandalose, legate a fenomeni come la fame, diversi tipi di ingiustizie sociali ed economiche, malattie che mietono molte vittime, mancanze di opportunità di educazione per le giovani generazioni, e così via, in Europa ci sono altre povertà, forse più gravi: povertà di valori, povertà di senso della vita, incapacità di condivisione, ricerca di potere e di piacere, e l’insaziabile possesso di beni materiali”.
In questa prospettiva, padre Alberto Pelucchi, vicario generale dell’istituto, ha sottolineato “l’importanza della testimonianza di vita nelle comunità comboniane e nei singoli missionari, la cui qualità dipende innanzitutto dalla vita fraterna, da un profondo rinnovamento spirituale, e da un’apertura alla gente”. E rivolgendosi ai comboniani che lavorano in Europa, ha detto che essi non possono più “limitarsi all’animazione missionaria tradizionale”, raccontando quello che fanno altrove, ma “è arrivato il tempo di vivere anche qui in Europa da missionari, impegnandosi sul posto con modalità simili a quelle praticate nel Sud del mondo”. Infine, padre Pelucchi ha auspicato che sempre più in futuro possano delinearsi “nuove aperture, cioè nuovi progetti di presenza missionaria” in Europa, rispondendo concretamente, in stretta collaborazione con le Chiese locali, ai diversi bisogni di evangelizzazione.
All’incontro ha partecipato anche l’arcivescovo di Pesaro, Piero Coccia, il quale, sottolineando l’importanza della collaborazione tra missionari e Chiesa locale, ha rilevato come la nuova evangelizzazione sia “una sfida per tutti”. Infatti, “tutti abbiamo un po’ di paura. Sappiamo infatti ciò che lasciamo, ma non sappiamo ciò che ci aspetta. Si tratta fondamentalmente di riproporre l’esperienza della fede, in modo che il singolo e le comunità cristiane la traducano in cultura e vissuto esperienziale quotidiano. Occorre tessere insieme il Vangelo e la vita in maniera creativa e nuova”.

(©L’Osservatore Romano 20-21 febbraio 2012)