IN DIALOGO, CERCANDO IL DIO NASCOSTO

FRANCESCO TOMATIS – avvenire 9/3/2010

È essenziale per i cristiani aprire un nuovo cortile dei Gentili, davanti al Tempio, come auspicato da papa Benedetto XVI. Uno spazio interrogativo e di preghiera aperto a tutti coloro che siano alla ricerca di Dio pur non trovandolo, per chi lo avvicini come sconosciuto, ignoto, straniero. Non soltanto un luogo di dialogo fra religioni, ma anche fra credenti e non-credenti, accomunati dalla ricerca. Gesù stesso indicò tale via, quando scacciò quanti riducevano l’atrio dei Gentili del Tempio di Gerusalemme a mero luogo di commercio, auspicando che diventasse casa di preghiera per tutte le genti. Con tale gesto con cui avviò il suo ministero a Gerusalemme, Gesù squarciò infatti il velo di ipocrisia che vorrebbe distinguere, laicisticamente, una sfera religiosa da coltivare in templi ben reclusi e una sfera mondana priva di ricerca di Dio e dedita ai mercimoni più arbitrari. Tale distinzione, spesso di moda, malgrado la parvenza irenica e tollerante sta di fatto alla base delle più coriacee idolatrie e ideologie, con tutte le violente conseguenze che comportano.
  Destina infatti i credenti a identificare una volta per tutte il proprio Dio con spazi, nomi, dottrine ben circoscritti, riducendolo di fatto a misure umane, immagini antropomorfiche assolutizzate, idolatriche, facilmente assurgibili a strumenti di violenta omologazione etica e normativa.
  Lasciando i non credenti preda di proprie miopi ideologie, frutto della pretesa validità universale di prospettive finite, umane, non aperte a interrogativi che travalichino il mero scambio utilitaristico, infine prevalente attraverso la legge della forza e sopraffazione. Ma allora un nuovo cortile dei Gentili non potrà essere inteso soltanto come spazio di possibile accesso alla fede da parte di atei, agnostici, non-credenti che credano almeno nella ricerca: presupponente in quanto tale un ricercato, un senso supremo, un Dio ignoto, l’’ágnostos theós’ dell’ara scorta da san Paolo nell’Areopago ateniese. Bensì anche come necessità per gli stessi credenti, pena l’idolatricizzazione dei propri sancta sanctorum, di confrontarsi incessantemente con la mera ricerca laica, sapendo presupposta alla propria fede, sempre, l’ignoranza di Dio, la dotta ignoranza dell’uomo che non può non riconoscere apofaticamente come il Dio unico, onnipotente e rivelato, sia un Dio nascosto. «Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio di Israele salvatore» (Isaia, 45 15). Ciò che davvero accomuna credenti e non credenti, se saggiamente dotti sui limiti della propria comune natura umana, è la comprensione dell’incomprensibilità di Dio con le misure umane. Il Dio nascosto è lo spazio di ricerca di Dio, continuamente, inesauribilmente aperto anche attraverso lo stesso Dio rivelato, incarnato, come mostra il mistero trinitario, la divino-umanità di Gesù Cristo nell’incarnazione e resurrezione; aperto anche per la ricerca atea, senza Dio al cospetto silenzioso di Dio. Solo di fronte al Dio nascosto è possibile dialogo fra credenti e non-credenti, fra credenti di diverse religioni, agnostici di svariate posizioni, senza violenze o sopraffazioni, umane mediazioni, riduzioni, violazioni. Perché il Dio nascosto è l’esperienza di trascendenza essenziale ad ogni uomo, esperienza dei propri limiti costitutivi: finiti eppure anche esposti, aperti a qualcosa di più grande benché indeterminato. E in tale esperienza comune a tutti gli uomini risiede anche l’autentica possibilità di credere all’unico vero Dio che si riveli.