In cammino verso Betlemme

 

Nel motu proprio La porta della fede dell’11 ottobre 2012, Benedetto XVI scrive: «Sin dall’inizio del mio ministero come successore di Pietro, ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia e il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo. (…) La Chiesa nel suo insieme, e i pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio». Come Mosè, come i Re Magi, come i pastori di Betlemme dobbiamo in questo Anno della fede andare incontro al Dio vivente. «Nell’Anno della fede», leggiamo in una “Nota” pastorale della Congregazione per la dottrina della fede, «occorre incoraggiare i pellegrinaggi dei fedeli alla sede di Pietro, per professarvi la fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, unendosi con colui che oggi è chiamato a confermare nella fede i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32). Sarà importante favorire anche i pellegrinaggi in Terra Santa, luogo che per primo ha visto la presenza di Gesù, il Salvatore, e di Maria, sua madre».

 

Pellegrini come Elena, la moglie di Costanzo Cloro e madre di Costantino; prima sposata dal generale romano e poi ripudiata. Elena, per la sua composta dignità e per la fede nel Dio dei cristiani, fu esaltata sopra ogni donna dell’Impero. Suo figlio Costantino, diventato imperatore unico, l’ha onorata del titolo di «Augusta». La chiamavano la «piissima Augusta» quando, per conto di suo figlio, costruiva le basiliche in Terra Santa: il Martyrium sul Golgota, l’Anastasi sul luogo della resurrezione, il Lazarium a Betania e la cattedrale di Betlemme. Le feste più grandi e più seguite dai pellegrini del quarto secolo erano Pasqua, Pentecoste e l’Epifania, che inglobava anche il Natale. In quei giorni e in quel tempo di pace oggi lontano, i pellegrini riempivano le strade arrivando a Gerusalemme e a Betlemme da ogni regione: «I vescovi, quando sono pochi, a Gerusalemme sono più di quaranta o cinquanta; insieme a loro vengono molti dei loro chierici», racconta nel suo Diario Egeria, una nobildonna spagnola pellegrina in Terrasanta tra il 381 e il 383.

 

Il 5 gennaio, nel pomeriggio, si andava a pregare al Campo dei pastori, poi la notte si faceva la veglia alla Grotta e al mattino, al canto del gallo, si celebrava la Messa nella basilica eretta da Elena e Costantino. Egeria annota: «Lì, al di fuori di oro e gemme e seta, non vedi nient’altro; se vedi dei veli sono di seta tessuta d’oro… E che dire dello splendore dell’edificio stesso che Costantino, rappresentato da sua madre, avendo a disposizione tutte le risorse del suo impero, ha gratificato d’oro, mosaici e marmo prezioso…». Egeria ci informa anche della liturgia che celebravano allora i pellegrini, con le lunghe preghiere intercalate ai Salmi. «Come ombra è l’uomo che passa… io sono un forestiero davanti a Te, un pellegrino come tutti i miei padri» (Salmo 39,7-13).

 

Antonio Tarzia

jesus dicembre 2012