Ilva, difendere la salute e il lavoro

Pubblichiamo il Primo Piano di Famiglia Cristiana n.33, in edicola e in parrocchia da giovedì 9 agosto.

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La manifestazione dei lavoratori dell’Ilva di Taranto lo scorso 2 
agosto (foto Ansa).

La manifestazione dei lavoratori dell’Ilva di Taranto lo scorso 2 agosto (foto Ansa).

C’è una scelta inaccettabile in cui la vicenda dell’Ilva di Taranto non deve scivolare: l’alternativa tra salute e lavoro. I due obiettivi vanno di pari passo. Sono entrambi irrinunciabili. Due facce della stessa medaglia, che è la vita. E la sua salvaguardia.

Il 26 luglio scorso, su richiesta della procura di Taranto, il giudice delle indagini preliminari ha firmato il provvedimento di sequestro dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa. Otto alti dirigenti sono stati sottoposti a misure di custodia cautelare. Le accuse sono gravissime. Dopo il blocco degli impianti dell’Ilva, gli operai sono scesi in piazza per difendere il loro posto di lavoro. Al netto dell’inchiesta della magistratura, che deve accertare la verità di alcune morti per tumore, va rigettata la logica di una “guerra” tra le vittime del lavoro e quelle della salute.

«Noi dobbiamo, in primo luogo, difendere la vita», ha detto monsignor Filippo Santoro, il vescovo della città dei due mari. «Non solo la vita materiale, ma anche la dignità del lavoro e l’occupazione. Il lavoro va difeso lasciando integra l’occupazione. L’ambiente va tutelato con investimenti massicci ». Parole in piena sintonia con l’intervento di Benedetto XVI, che ha chiesto «una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro ».
La giustizia deve andare di pari passo con le esigenze del lavoro. All’accertamento dei fatti, devono seguire azioni concrete per la tutela dell’ambiente e della salute. Non serve la semplice chiusura degli stabilimenti. «Buttare in strada 15 mila persone non giova a nessuno», ha detto ancora monsignor Santoro.

La vicenda dell’Ilva di Taranto dà alla politica, locale e nazionale, l’occasione per dimostrare la sua efficacia.
E il compito di mediare tra le giuste esigenze ambientali e quelle del lavoro. Senza compromessi al ribasso. Non può esserci una scelta tra rischio tumori e posto di lavoro. E nemmeno è accettabile una via di mezzo. Lo stanziamento deciso dal Governo per la bonifica dell’area tarantina va nella direzione giusta.

Resta sullo sfondo la domanda che il procuratore capo di Taranto Franco Sebastio ha rivolto al presidente dell’Ilva: «Ma voi perché, in Belgio e in Germania, dove avete altri due importanti stabilimenti siderurgici, vincete ogni anno il premio ecologia, e qui invece…?».
Già, perché? Ma questa è l’Italia dei compromessi. Dove anche il diritto al lavoro è merce di scambio elettorale.