Il valore della paternità responsabile. «Humanae Vitae», una profezia da rileggere alla luce della nuova pastorale

«Humanae Vitae», una profezia da rileggere alla luce della nuova pastorale dell’accoglienza e della misericordia voluta da papa Francesco. Le parole attente e coraggiose di Paolo VI sull’esercizio responsabile della maternità e della paternità riproposte nella “Chiesa ospedale da campo”. Non per attenuarne la portata e per ridefinirne il significato, ma per attualizzarne la traduzione pastorale.

Don Paolo Gentili, direttore nazionale dell’Ufficio Cei per la famiglia, rilegge le parole pronunciate da Francesco sull’aereo di ritorno dal viaggio nelle Filippine, con un sentimento che sta a metà strada tra la leggerezza dell’entusiasmo e il peso della responsabilità.

Entusiasmo perché quello che il Papa ha detto a proposito della paternità responsabile è «come un potente schiaffo assestato a tutte le ideologie». Quelle del gender, che vorrebbero decomporre la famiglia dal suo interno, spostando i fondamenti antropologici dal piano della natura a quello dell’arbitrio culturale.

Ma anche quelle della famiglia “obbligatoriamente numerosa” o – al contrario – quelle che vorrebbero un rifiuto pregiudiziale della generazione secondo una dissennata “cultura del benessere che anestetizza”.

La responsabilità invece riguarda i nuovi percorsi pastorali incoraggiati e, anzi, resi ormai urgenti e irrinunciabili da questa lettura. Si tratta di percorsi capaci di mettere davvero al centro la responsabilità della coppia e della famiglia, sollecitando quella capacità dei coniugi di essere “soggetti pastorali” che deriva direttamente dal sacramento del matrimonio. La strada per arrivare a comporre questa sapiente integrazione pastorale – che riprende le indicazioni dell’enciclica “Humanae vitae” e ne rilancia le grandi intuizioni con l’abbraccio della tenerezza accogliente che non teme di confrontarsi con ferite e fragilità – è quella della riscoperta del figlio come dono.

E la responsabilità dell’accoglienza non deriva da un rispetto acritico di indicazioni che hanno il sapore di “posti di dogana” a cui mostrare un lasciapassare, ma dall’adesione intelligente a un progetto di vita che non guarda tanto alla lettera, secondo le parole di san Paolo, quanto al cuore e alla volontà di costruire un futuro di bene.