Il Signore è vicino! C’è ancora qualcosa che non si può vendere e comprare, la gioia

“Domenica Gaudéte”, così viene tradizionalmente chiamata la terza domenica di Avvento a motivo dell’invito alla gioia presente nelle letture. Dobbiamo ammettere che, salvo forse papa Francesco, è cosa abbastanza rara trovare qualcuno che inviti alla gioia, più facile sentire parlare di felicità: c’è chi la cerca, chi la sogna, chi la vende e chi la compra. Nella Bibbia la felicità, intesa come condizione ideale, rassicurante e appagante, semplicemente non esiste. Troviamo invece la gioia per il pane e il vino, i pascoli e le messi, per il calore di una casa, per l’amore e l’amicizia, per la salvezza del bue, della pecora e della propria anima: la gioia che obbedisce alla vita, cioè a Dio. E vive della sua gratuità.
Da sempre Israele ha attribuito al soffio dello Spirito di Dio il potere della vita: “Tutti da te aspettano… Se tu togli il tuo soffio, muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (dal salmo 104).

Al tempo di Gesù era convinzione comune che il dilagare del male e del peccato avesse estinto lo Spirito e che Dio parlasse ormai solo attraverso l’eco della sua voce. Possiamo allora capire cosa significasse l’attesa del Messia, che le Scritture annunciavano come colui “sul quale sarebbe disceso lo Spirito in tutta la sua forza, e vi sarebbe rimasto”: era l’attesa del ritorno della vita, il ritorno della giustizia, della libertà, dell’unità, della pace. Giovanni il Battista aveva investito tutto in questa attesa. Se fosse stato in cerca della sua felicità, a coloro che volevano onorarlo come Messia probabilmente avrebbe risposto “Sì, lo sono”, invece obbedì allo Spirito che lo aveva fatto sussultare di gioia per la presenza di Gesù nel grembo di Maria (Lc 1,44), e lo Spirito lo rese “più che profeta, il più grande tra i nati da donna”, uno strumento di giustizia e di pace tra la gente, che veniva a lui per sapere “cosa doveva fare”.

Non è stato facile per Giovanni, che desiderava vedere il male spazzato via con un colpo di pala, riconoscere Gesù come il Messia. Cosa può averlo convinto se non la potenza dello Spirito che operava in lui? “Andate e riferite a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitato, ai poveri è annunciato il vangelo”. La gioia, che per Giovanni ebbe inizio con Gesù, si compirà in Gesù (Gv 3,29), non perché vedrà il male e la morte spazzati via, ma perché conoscerà il vangelo dell’amore, più forte del male e della morte.

La gioia obbedisce alla vita, che gratuitamente viene e cresce, si perde e si ritrova, si dona e si moltiplica: la troviamo all’alba della creazione, nella notte del Natale a Betlemme, alla vigilia della pasqua di Gesù, quando l’amore, da parola astratta, diventa “dare la vita”. “Rimanete nel mio amore, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).
Il Signore è vicino! Vuole che tutti abbiano la vita in abbondanza, e che tutti abbiano anche la gioia.

Perciò c’è bisogno della nostra “amabilità verso tutti”, c’è bisogno di condividere l’abbondanza della vita tra tutti, c’è bisogno che l’amore dello Spirito in noi non diventi una parola astratta.

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