Il senso del Natale…. nascere a noi stessi

Il Natale ogni anno ci può riportare all’inizio del nostro viaggio, al momento in cui abbiamo sperimentato la nostra nascita…

fonte: vinonuovo.it

«L’uomo entra nel mondo, vede la luce nella condizione del migrante. Alla nascita non perde qualcuno – la madre – ma la propria casa, il proprio habitat. Deve perfino mettersi a introdurre in sé la vita, a respirare, in una modalità del tutto nuova, che non conosceva. La vita è da subito una lingua straniera e l’acquisizione della sua stessa lingua, l’idioma che gli è proprio, gli richiederà un delicato apprendistato» (Francesco Stoppa, psicoanalista).

Noi nasciamo da un viaggio… il viaggio che va dall’utero materno al mondo fuori: nasciamo attraverso un atto che ci porta fuori, fuori verso l’esterno, verso l’apertura, verso lo sconosciuto… che è il percorso della nostra vita: ma richiede un lungo tragitto perché quel neonato diventi un vero uomo e una vera donna…
Si avvicina l’evento del Natale, che proprio nell’etimologia del termine sta ad indicare la nascita, il venire al mondo.
Ogni volta che arriva Natale mi mettono in discussione due pensieri.


Il mio primo pensiero ha a che fare con il ricontattare ancora una volta dentro di me la mia venuta al mondo: ciascuno ha la propria storia, l’essere stato desiderato o no, atteso o no, cercato o no, e ciascuno ha sperimentato nella propria crescita l’essere stato curato, accudito, protetto in modo sufficientemente buono oppure no… ciascuno ha inscritto nel proprio volto, nel corpo, nei pensieri e nei sentimenti del cuore questo impatto iniziale.
Certo poi la vita, con le sue innumerevoli risorse, ci ha permesso di modificare, consolidare o cambiare rotta rispetto ad una “partenza” di vita più o meno ricca oppure più o meno povera di amore… con incontri di persone, situazioni, realtà che ci hanno fatto fare esperienza: conferme di amore per alcuni, esperienze oserei dire “correttive di amore” per altri che hanno potuto respirare e assaporare modi di essere visti, considerati, apprezzati del tutto nuovi ed insperati… esperienze in cui l’altro diventa “luogo in cui rinascere”.
Penso ai bambini non voluti, ai bambini adottati che hanno nel cuore un sentimento radicato di rifiuto, alle persone con disabilità che non hanno il calore della presenza di un compagno/a di vita, ai malati cronici che non hanno prospettive di futuro roseo davanti a sé, alle persone con grosse sofferenze psichiche e relazionali che si sentono sole ed emarginate… ma anche alle persone con storie ordinarie, come tutti, ma che proprio come tutti sono costellate di insoddisfazioni, ferite, stanchezze, mancati perdoni…

Ed è qui che si innesta il mio secondo pensiero, che mi sovviene da qualche anno ormai puntualmente durante la Messa di mezzanotte a Natale.
Mi accade al momento della Consacrazione, nel cuore della Messa e del silenzio di questa notte misteriosa: mentre il sacerdote alza l’ostia pronunciando quella formula che la sta rendendo in quell’istante Corpo di Cristo, mi sovvengono internamente queste parole: “Sei appena nato Gesù, e già di nuovo muori per me” … un moto di commozione mi coglie pensando che, dopo pochi minuti dall’aver esultato per la Sua Nascita, Gesù sta nuovamente donando la Sua Vita per me, per noi, in un atto di morte di sé, di consegna di sè per Amore nostro..
E non possono non passarmi davanti agli occhi quei bambini e ragazzi, donne e uomini giovani e meno giovani che incontro durante le mie giornate, che mi consegnano le loro solitudini, le loro sofferenze, i segnali delle loro mancanze di cura e di affetto. Sentimenti e vissuti che non sono estranei a me, come credo a nessun abisso del cuore umano, soprattutto quando ci smarriamo e ci allontaniamo dall’unica Fonte di Vita.
In quel momento sento che siamo fratelli e sorelle e vorrei che non ci sentissimo soli mentre un piccolo bambino appena nato è già pronto a consegnare la Sua Vita perché noi possiamo ancora una volta nascere a noi stessi.

tratto da vinonuovo.it