Il convegno ecclesiale di Firenze, dal Papa “affetto e vicinanza”

La visita di Papa Francesco ha lasciato il segno nel Convegno ecclesiale in corso a Firenze. Il suo discorso di indirizzo alla Chiesa italiana ha scaldato i cuori e offerto un respiro nuovo ai lavori. Questa mattina il cardinale Giuseppe Betori ha voluto salutare gli oltre 2.200 delegati (la prima fascia di età rappresentata è quella tra i 36 e i 59, la terza tra i 18 e i 35 anni, oltre il 50% è formato da laici) ricordando le parole di Bergoglio alla partenza: “Mi ha chiesto di trasmettere a tutti i vescovi italiani la sua gratitudine, il suo affetto e la sua vicinanza”.

Lo stesso Papa Francesco, all’udienza del mercoledì, ha rivolto ancora il suo pensiero a Firenze: prima di inziare la sua catechesi, ha ricordato che “in questi giorni la Chiesa italiana sta celebrando il Convegno nazionale a Firenze: cardinali, vescovi, consacrati, laici, tutti insieme. Vi invito a pregare la Madonna, una Ave Maria, per loro”.

LA RELAZIONE DI MAURO MAGATTI
Occorre “un nuovo umanesimo della concretezza che, guardando a Gesù Cristo, torni a essere capace di quella postura relazionale, aperta, dinamica, affettiva, generativa, verso cui ci sospinge continuamente Papa Francesco con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium e l’enciclica Laudato si’”. Ne è convinto Mauro Magatti, ordinario di sociologia presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, che oggi a Firenze ha tenuto una delle due relazioni introduttive ai lavori nei gruppi sulle cinque “vie” indicate nella Traccia: abitare, educare, trasfigurare, uscire, annunciare. Umanesimo concreto, dunque, ed eccone alcune declinazioni: “Il volontariato, le cento città, l’artigianato, l’arte, la cura e la carità, le tante forme di sussidiarietà ed economia civile, la famiglia”. Sono queste che possono aiutare l’Italia ad “uscire dalla sua crisi di identità”.

Mauro Magatti auspica “una Chiesa ardente, coraggiosa, povera”, “in cammino, che si sa popolo e vicina al popolo”, guarda con simpatia ogni uomo, soprattutto “chi è scartato”. Questa, secondo Magatti, la “grande responsabilità della Chiesa nella sfera pubblica contemporanea”. Mai come in questo momento, ha aggiunto, “è necessario coltivare la fratellanza e l’ospitalità”. Se, come “rete sinodale”, radicata “in tutto il Paese, ci facessimo convertire” dai due “movimenti dell’uscire – avviandoci verso quell’umanesimo della concretezza verso cui ci sollecita Papa Francesco – e del trasfigurare, l’annuncio tornerebbe a essere ascoltato, la fede a radicarsi nella carne del Paese, l’intera società italiana a mettersi in cammino”.

Rilanciare l’economia, affrontare l’emergenza profughi, accompagnare il cambiamento demografico: queste le sfide per l’Italia, che sono anche “occasioni per vivificare la nostra Chiesa”. “L’umanesimo della concretezza suggerisce di cercare le soluzioni nella tessitura di nuove alleanze” rimettendo insieme “l’educazione con il lavoro, la famiglia con l’ospitalità, l’efficienza con il senso”, ha detto Mauro Magatti. “Non si tratta di cominciare da zero. Le nostre comunità sono già al lavoro. Senza clamore”. Non si può non partire dalla uestione storica dei rifuggiati. La direzione, peraltro, è quella auspicata da Papa Francesco con l’idea dell’ospitalità diffusa. Con lo stesso stile si può lavorare attorno al tema dei neet, i giovani che non studiano né lavorano, “rilanciando gli oratori come luoghi di trasmissione di competenze lavorative”.

Pensando al cambiamento generazionale, Magatti invita ad “accompagnare e sostenere, anche mettendo in campo i patrimoni ecclesiali, nuove forme dell’abitare, più consone ai corsi e percorsi di vita, lunghi, articolati, qualche volta tortuosi, delle persone e delle famiglie di oggi”. La società italiana – ha concluso il sociologo – “ha bisogno di una Chiesa viva”, sempre più capace di trasfigurazione e in uscita. Maestra di umanità perché capace di parresia e ricca di misericordia”.

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