Grünewald e lo splendore d’oro del corpo risorto

Alla Crocifissione di Isenheim di Matthias resurrezione.grünewald

fa da contrappunto la Risurrezione. Se la prima colpisce per l’intenso e crudo realismo, la seconda impressiona per la straordinaria visionarietà. Anche questa scena è immersa nelle tenebre. Il risorto si staglia su uno sfondo notturno, originando un’esplosione di luce che si irradia dal suo volto, creando un cerchio luminoso rosso-fuoco circoscritto da un bordo verde-azzurro, come a suggerire un arcobaleno, simbolo dell’alleanza tra Dio e uomo. Il cerchio soprannaturale appare poi infiammarsi e dileguarsi in minuscole stelle che trapuntano il cielo vuoto, cupo, nero. Il Cristo appare qui ben diverso. Non è più gigantesco, osceno. È come se avesse perduto la pesantezza, l’opacità, la deformità. È ora corpo spirituale, esile, luminoso. Leggero si libra nell’aria, come se fosse senza peso. Mostra le ferite del costato, delle mani e dei piedi, a sottolineare che proprio quel Gesù crocifisso, l’uomo dei dolori, è ora risorto. Quel Gesù che i discepoli avevano visto nella sua vita terrena, morto sulla Croce, è risorto col corpo glorioso. Anche dalle ferite si irradia la luce. Il risorto è colui che manifesta la sua gloria nei segni della Passione.
Se nella Crocifissione Dio si nasconde sub contraria specie, nella sua atroce bruttezza, nella Risurrezione Cristo diventa un sole sfolgorante che rifulge nella notte. Cristo è la luce che viene dall’abisso delle Origini, che sconfigge l’oscurità del male. Contrariamente al sole naturale, risplende nel cuore della notte. È un’irruzione improvvisa nel buio più profondo e abissale. È Sol Iustitiae che si oscura durante la Passione, per poi risplendere nella risurrezione. Il risorto è colui che risplende nella notte.
Nella Crocifissione la forma del suo corpo era alterata, deformata, raccapricciante. Era la manifestazione di una bellezza che si rivelava nello splendore della sua kenosi. Era la via discensiva di Dio, in cui Dio si fa uomo. Cristo crocifisso era il luogo della rivelazione di una Bellezza… che scende negli abissi del Venerdì Santo. Dall’eternità del tempo Dio si rivelava nella storia. Mistero del Deus absconditus, mediterà Lutero. Epifania rovesciata del Dio sulla Croce. Era l’esodo che Dio compie da se stesso, per prendersi cura dell’ultimo, del sofferente, del malato. La Risurrezione è invece la rivelazione di Cristo glorioso. Della sua divina bellezza. La luce si concentra sul suo volto che accenna a un sorriso di compassione e di tenerezza. Da questo volto si irradia la luce, diventa tutt’uno con la luce, in una progressione luminosa che inizia nella parte inferiore della scena che sprofonda nel buio del sepolcro, per infiammarsi nel sudario di colore bianco azzurro, per poi accendersi nella sfolgorante veste di Cristo, nei diversi toni del lilla, del rosa, del rosso, esplodendo, infine, nella calda luminosità dell’oro. In un passaggio senza soluzione di continuità dal bianco ghiaccio del lenzuolo funebre al rosso oro della veste regale di Cristo, in un crescendo dai toni freddi a quelli caldi, come in una metamorfosi alchemica.
Se i corpi materiali sono attratti verso il basso, qui tutte le leggi di gravità sembrano annullate. Un forte movimento ascensionale dà slancio all’intera composizione. Il lenzuolo che avvolgeva il corpo del Figlio di Dio libera ora il suo corpo trasfigurato che si libra verso l’alto, facendo emergere la pesantezza e la goffaggine delle guardie in basso al dipinto. Come tramortite dal bagliore di luce, rivolgono il proprio volto verso la terra, ricurvi su se stessi.
Sullo sfondo, immersa nell’oscurità, si staglia una pietra “gigantesca”, imponente, una sorte di dolmen preistorico. È forse la pietra angolare, salda, ben fissa, Cristo stesso che ora si innalza in tutta la sua leggerezza? L’opera di Grünewald sembra ricordare Paolo di Tarso, quando, riflettendo sulla resurrezione, parla del seme del chicco di grano che muore trasformandosi in spiga (cfr 1 Cor 42-44). È il passaggio da una forma “deformata” allo splendore di una nuova forma: un corpo spirituale abitato dalla potenza dello spirito. Il corpo glorioso del risorto non è più sottoposto alla degenerazione e all’umiliazione. Non è più minacciato dalla debolezza spirituale, né vincolato alle leggi di ordine naturale. In quanto spirituale può rinascere luminoso, incorruttibile. E tutto questo, non grazie a un processo evolutivo per cui, come per il chicco di grano, passa naturalmente dalla forma del seme a quella della spiga, ma per una forza al di fuori di lui, che lo ricrea nuovo corpo. È il dono dello Spirito. Grazie alla forza di questo Spirito che lo abita, il Risorto può portare vita dove è assente o debole, o minacciata. Ci chiama alla nostra resurrezione.

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