Gli Usa: «Bambini schiavizzati. No all’olio di palma malese»

Bambini schiavizzati nella produzione di olio di palma in Malaysia. Un altro colpo pesante alla produzione di olio di palma, produzione già contestata per i danni ambientali, arriva dagli Stati Uniti. Washington ha infatti vietato le importazioni dal gigante malaysiano Sime Darby Plantation dando seguito ad accuse di lavoro forzato. Sime Darby, il principale produttore di olio di palma al mondo per quel che riguarda la quantità di terreni impiegati e considerato leader nella produzione di olio di palma sostenibile, ha reagito sostenendo di essere impegnata nella lotta al lavoro forzato. La Us Customs and Border Protection (Cbp), l’agenzia Usa che si occupa dei controlli dogana-li, sostiene però che il bando sia il frutto di un’inchiesta lunga mesi e che all’interno delle piantagioni della Sime Darby molti indicatori di produzione siano in linea con i parametri di lavoro forzato dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo).

Le autorità Usa hanno riferito di aver sequestrato spedizioni di prodotti della Sime Darby sulla base delle leggi americane che combattono gli abusi contro i diritti umani. «Alcuni aspetti individuati sono sistematici in tutte le piantagioni di Sime Darby», ha sottolineato Ana Hinojosa, direttrice esecutiva della Cbp, secondo la quale il bando potrà essere rimosso se saranno immediatamente intraprese azio- ni correttive. «Le accuse suggeriscono una rottura delle stesse regole di Sime Derby», ha detto la società. L’olio di palma, utilizzato in moltissime categorie merceologiche, dagli alimentari ai cosmetici al biodiesel, è prodotto principalmente in Malaysia e in Indonesia, dove l’industria del settore è stata accusata per deforestazione su larga scala e distruzione dell’habitat naturale. Sime Darby è la terza compagnia malaysiana ad essere fermata dalle autorità Usa con le stesse accuse negli ultimi dodici mesi. L’industria malaysiana fa affidamento su 337mila lavoratori immigrati da Paesi come l’India e il Bangladesh per la raccolta dei frutti delle palme. Secondo le accuse, però, le condizioni di lavoro sono da schiavitù e sono coinvolti anche minori. L’agenzia delle dogane Usa sottolinea che Washington ha importato nei primi nove mesi del 2020 olio di palma per 410 milioni di dollari dalla Malaysia. Lo scorso luglio un gruppo basato a Hong Kong impegnato contro il traffico di esseri umani, Liberty Shared, ha chiesto alla Cbp di bandire i prodotti di Sime Darby, citando prove di abusi sul lavoro.

Il tema della difesa dei diritti dei lavoratori è sempre più sentito negli Usa. Tanto che in questi giorni le Girl Scouts hanno fatto appello a due società produttrici dei loro tradizionali biscotti ad agire in fretta contro il lavoro minorile utilizzato nella catena di produzione dell’olio di palma. L’appello è arrivato dopo che un’inchiesta della

Associated Press aveva mostrato che nella produzione dei biscotti delle Girl Scouts e di altri prodotti alimentari molto conosciuti vengono impiegati decine di migliaia di bambini in condizioni di semi-schiavitù, soprattutto nella fase del raccolto in Indonesia e in Malaysia. L’inchiesta giornalistica ha individuato tracce di lavoro minorile, tra l’altro, nella catena di produzione della Little Brownie Bakers, di proprietà dell’italiana Ferrero, che da oltre 35 anni produce biscotti su licenza delle Girls Scout.

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Le prime fasi della lavorazione dei frutti della palma a Tanjung Karang nella Malaysia/

Reuter