Giovani: istantanee dal convegno del 6 ottobre

In una assolato sabato di ottobre, via Adua si popola di persone: educatori, catechisti e simili si riversano a frotte nell’oratorio Don Bosco, dove questa mattina verrà presentato il tema proposto quest’anno dal Servizio per la Pastorale Giovanile. Nell’ottica dell’Anno della fede il tema proposto dalla Diocesi mette al centro la figura di Abramo, nostro padre nella fede. Parlare di fede agli adolescenti non è certo semplice. Sarà forse per questo che stamattina il salone dell’oratorio è strapieno di gente in attesa.

Dopo una prima accoglienza di don Giordano e un breve momento di preghiera iniziale e di saluto da parte del Vescovo Lorenzo, la palla passa a don Giorgio Bezze, direttore dell’Ufficio catechistico di Padova e collaboratore della nostra Pastorale Giovanile nella stesura del progetto Salì in una barca.
Per prima cosa, don Giorgio invita tutte le figure educative presenti a mantenere la calma.
Scialla, direbbero i nostri giovani. Tra gli adulti aleggia sempre troppa ansia verso i ragazzi e i loro percorsi di crescita ed è qualcosa di rischioso e, spesso, controproducente. Quando vediamo che un ragazzo si allontana dalla parrocchia, il nostro primo istinto è quello di corrergli dietro, di tentare in tutti i modi di recuperarlo, proponendogli magari mille attività e anche in modo piuttosto insistente . Risulta invece più saggio e importante, dice don Giorgio, lasciare che il ragazzo viva questo suo bisogno di tempo e di spazio altrove, continuando però a seguirlo da lontano con il pensiero e la preghiera.

Ogni giovane ha una sua dinamica particolare nel vivere la fede e in questo va rispettato. È altresì importante che l’educatore sia sempre pronto ad accogliere (e ri-accogliere) a braccia aperte ogni ragazzo così com’è. Proprio come fa il padre misericordioso con il suo figliol prodigo: non gli corre dietro, bensì incontro quando quest’ultimo ritorna a casa cresciuto e maturato. Don Bezze sottolinea che se gli adolescenti di oggi risultano problematici è spesso la comunità degli adulti ad avere per prima dei problemi: mancano adulti significativi, a cui i ragazzi possano guardare come a dei modelli di riferimento. Troppo spesso manca negli adulti una fede plausibile e desiderabile, che possa essere trasmessa ai ragazzi in modo naturale. Il vero problema, insomma, sembrano essere la paura e l’insicurezza degli adulti (preti compresi) che li portano ad assumere atteggiamenti molto rigidi nei confronti dei ragazzi.
Questi ultimi hanno invece bisogno di una fiducia autentica, di relazioni vere con adulti che non abbiano paura di mettersi in gioco e di raccontarsi e che li aiutino a raccontarsi a loro volta dando un nome ai loro stati d’animo e alle sensazioni, insegnando loro la grammatica dei sentimenti. Vogliono incontrare adulti che sappiano trasmettere loro affidabilità e competenza esistenziale, cioè un personale cammino di vita letto alla luce della Parola. Ai ragazzi non servono adulti perfetti. A loro servono adulti che sappiano avere il coraggio e l’umiltà di camminare con loro, che facciano delle cose con loro, che vivano delle esperienze forti insieme a loro, che lascino loro dei simboli significativi. Gli adulti che parlano e basta, ai ragazzi non interessano.
A tal proposito, don Giorgio rivisita un’illuminante frase di Paolo VI: il giovane ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri,lo fa perché sono dei testimoni.

Ai nostri ragazzi occorrono dunque dei testimoni di vita e di fede.
Ma attenzione – mette in guardia don Bezze – perché un giovane sa distinguere molto bene una persona taroccata da una persona vera e autentica, proprio come sa riconoscere una felpa taroccata da una di marca. Quindi occhio, adulti! Gesù era un maestro itinerante e concreto, ed è a lui che dobbiamo guardare nella nostra missione di educatori. Perché non proporre ai ragazzi esperienze di servizio e viverle con loro? Ma che siano significative e che possano innescare in loro processi di fede! Perché non proporre ai ragazzi un pellegrinaggio di una o due settimane? Dove, però, a far fatica insieme a loro ci siano anche gli educatori!
Don Giordano prosegue il discorso intrapreso da don Giorgio ed esalta la forza del linguaggio narrativo-simbolico, sul quale la Pastorale Giovanile di Reggio Emilia ha pubblicato un libretto ad hoc.
Gesù è il primo ad utilizzare questo tipo di linguaggio. Lui raccontava. E, attraverso il racconto, insegnava.
I segni e i simboli sembrano far molta presa sui ragazzi di oggi: il cinema, l’arte, l’immagine e tutto ciò che rientra in una forma di narrazione simbolica li attrae e lascia loro qualcosa. È fondamentale perciò che gli adulti riescano a riconoscere le cornici simboliche con cui i ragazzi interpretano la loro vita.
Per saperlo non c’è che una strada: avventurarsi nelle rappresentazioni simboliche dei giovani. Partire, dunque, dalle loro rappresentazioni, dal loro universo simbolico,  per poi guidarli verso nuovi orizzonti di senso, ma facendo sì che siano i ragazzi stessi ad approdarvi in modo autonomo e dunque significativo!

Dopo aver fatto questo, continua don Giordano, è assolutamente necessario cogliere la novità profetica della Parola che annunciamo ai ragazzi. La novità del Vangelo è il regno di Dio, quello spazio simbolico assolutamente nuovo dove risuona un annuncio di gioia per i poveri: Beati voi! Leggendo il Vangelo, dobbiamo riuscire a cavarne fuori  la novità profetica che sgorga dalla narrazione stessa. Parole d’ordine: dinamismo e narrazione. Infine dobbiamo riportare questa novità del Vangelo nella nostra vita, lasciarle sconvolgere le nostre cornici simboliche acquisendone delle nuove e fare in modo che i ragazzi facciano altrettanto. Facile, no?
L’ultima attività della mattinata è un lavoro a piccoli gruppi, in cui scambiarsi le rispettive esperienze e realtà parrocchiali cercando di progettare insieme un percorso formativo da proporre ad un virtuale gruppo di adolescenti.
I saluti avvengono davanti ad un fumante piatto di pasta, quella che a don Giordano piace chiamare “la mensa eucaristica di oggi” e che segna nell’amicizia il culmine di questo ricco e ben pensato sabato formativo.

Chiara Davoli
(parrocchia di Fogliano)

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