Giorgio La Pira, quando la politica sa diventare profezia

Anticipiamo ampi stralci della prefazione del cardinale Gualtiero Bassetti al libro di Carlo Parenti La Pira e i giovani. Rondini in volo verso la primavera di papa Francesco (Società editrice fiorentina, pagine 208, euro 15,00). L’autore è un ex allievo del professor La Pira all’Università di Firenze. Il libro sintetizza gli insegnamenti del «sindaco santo» di Firenze ai giovani, che raffigurava come rondini in volo verso la primavera.

Sono convinto che La Pira acquisti, proprio in questi anni carichi di drammi e di promesse deluse, una sua cogente attualità. L’accoglienza degli sfollati, la lotta per la “piena occupazione”, il dialogo come unico mezzo per la costruzione della pace, sono i testimoni che il professore consegna a quanti non si rassegnano all’inerzia di fronte alle sfide odierne e alla apparente incapacità della politica di affrontarle.

È vero, non si può ridurre la poliedrica personalità di La Pira alla sua sola azione politica, ma non perché esistano più La Pira, sovrapponibili l’uno all’altro: il La Pira giovane animatore dell’Azione Cattolica, l’accademico e luminare delle istituzioni di diritto romano, il pensatore politico, il sindaco e infine il profetico animatore di una politica internazionale costruita sulla fiducia nella capacità umana di fare la pace e non la guerra.

Esiste, invero, un solo Giorgio La Pira, la cui vocazione intima e profonda è quella mistica. È dalla unione di vita col Maestro, che la Pira traeva forza e contenuti del suo apostolato, anche quando questo smise (fra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso) di essere esclusivamente rivolto all’Azione Cattolica e divenne prevalentemente lotta politica in vista della costruzione del bene comune. Contemplata aliis tradere: è soprattutto l’azione politica che sgorga dalla pienezza della vita interiore di La Pira, dall’unione con Gesù. Don Bensi mi ha raccontato di essere stato testimone delle notti di preghiera del professore, nella sua chiesa di San Michelino, che seguivano le confessioni sacramentali. Le lettere, recentemente pubblicate, fra La Pira e il suo padre spirituale confermano e attestano quest’anima essenzialmente mistica del professore.

Beninteso, il fatto che in La Pira l’azione politica sgorgasse dalla contemplazione e dalla vita unitiva con il Signore non significa che egli fosse un “visionario”, nel senso di fautore di azioni non aderenti alla realtà e non scaturenti dalla lucida analisi delle condizioni concrete del suo tempo. Tutto il contrario: l’affermazione della centralità delle questioni mediterranee e mediorientali per l’equilibrio geopolitico globale, il posto di assoluta preminenza della Cina popolare, l’esigenza di politiche e di scelte economiche europee capaci di generare relazioni e integrazione con la Russia (la casa comune europea), sono solo alcuni esempi della lungimiranza di alcune prospettive genuinamente politiche.

A La Pira non mancavano il senso della concretezza e il realismo politico, ma essi traevano origine dalla sua anima mistica che li integrava con due “ingredienti” che oggi nessun politico autentico può misconoscere nella loro essenziale necessità: la profondità e la misericordia. La “profondità” di scorgere nelle culture e nella storia dei popoli una dimensione essenziale, anche in vista delle loro relazioni internazionali. Uno sguardo eminentemente geopolitico, quindi, quello di La Pira, con in più una consapevolezza: le tradizioni religiose, nella loro pluralità, permeano le culture e le storie dei popoli e se – sulla scia di san Francesco d’Assisi – si “rovesciano le crociate”, si opera, cioè, per il dialogo tra tradizioni diverse (ecco i Colloqui Mediterranei), si trovano ragioni ed energie per superare la conflittualità attraverso vie pacifiche e si smascherano la miopia e la fallacia delle ragioni della guerra. La pace è più ragionevole della guerra, soprattutto da quando la guerra – nell’era atomica – non è più in grado di consegnare né vinti né vincitori, come confermano drammaticamente le interminabili guerre che dagli anni ’90 del secolo scorso stanno squassando gli equilibri e mettendo a serio rischio la tenuta di intere aree (compresa l’Europa) ben oltre i limiti geografici delle azioni belliche.

Non solo profondità, ma anche la “misericordia” è la virtù eminentemente politica che La Pira traeva dalla sua vita unitiva col Signore e che ci consegna oggi. La misericordia, ovviamente, è quella di Dio: è l’origine, il senso e il destino di tutta l’umanità, della vita di ognuno. Nessun uomo è escluso da questa volontà creatrice d’amore che trova in Gesù la sua vetta più alta; questa volontà creatrice non solo è donata, ma è anche partecipata all’uomo e alla donna, immagini di Dio. La politica, allora, sarà costruire la città dell’uomo inclusiva. Questa l’autentica cifra dell’impegno cristiano in politica: non le vuote devozioni pubbliche, non le – spesso strumentali – crociate sui valori senza che essi siano mai tradotti in priorità fattive, in danari spesi, in realizzazioni concrete: ma la città che include, la politica che riconosce, fattivamente, nel diritto all’istruzione, al lavoro e alla casa i presupposti ineliminabili per lo sviluppo pieno, nella famiglia e nella società, della personalità dell’uomo.

Quale modello di sviluppo può dirsi adeguato se esso priva – come il nostro – i giovani «di lavori degni che permettano loro di svilupparsi per mezzo delle loro mani, della loro intelligenza e delle loro energie?» (Francesco, discorso in occasione del conferimento del premio Carlo Magno, 6 maggio 2016). Solo una politica inclusiva, solidarietà che sostanzia i diritti della dignità, per la quale lottare senza giochi al ribasso e soprattutto senza anteporre mai i propri interessi e la propria carriera.

Ci sono due “ingredienti” che oggi nessun politico può misconoscere nella loro necessità: la profondità e la misericordia L’accoglienza degli sfollati, la lotta per la “piena occupazione”, il dialogo per la pace, sono sfide anche per la società odierna

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