Gesù Cristo è il cuore felice della vita

XXII Domenica
Tempo ordinario – Anno B
« (…) “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza»…

Gesù si mostra durissimo contro il rischio di una religione esteriore. Veniva da villaggi e campagne dove il suo andare era come un bagno dentro il dolore. Dovunque arrivava, gli portavano i malati, mendicanti ciechi lo chiamavano, donne di Tiro e Sidone cercavano di toccargli almeno la frangia del mantello, almeno che la sua ombra passasse come una carezza sulla loro umanità dolente. E ora gli chiedono di tradizioni, di mani lavate o no, di abluzioni di stoviglie, di formalismi vuoti! Ed ecco che Gesù inaugura la religione del cuore, la linea dell’interiorità. «Non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa renderlo impuro. Sono le cose che escono dal cuore dell’uomo a renderlo impuro». Gesù scardina ogni pregiudizio circa il puro e l’impuro, quei pregiudizi così duri a morire. Rivendica la purezza di ogni realtà vivente. Il cielo, la terra, ogni specie di cibo, il corpo dell’uomo e della donna sono puri, come è scritto «Dio vide e tutto era cosa buona». E attribuisce al cuore, e solo al cuore, la possibilità di rendere pure o impure le cose, di sporcarle o di illuminarle. Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Il grande pericolo è vivere una religione di pratiche esteriori, emozionarsi per i grandi numeri, i milioni di pellegrini…, amare la liturgia per la musica, i fiori, l’incenso, recitare formule con le labbra, ma avere «il cuore lontano» da Dio e dai poveri. Dio non è presente dove è assente il cuore. Ma il ritorno al cuore non basta. Ci guardiamo dentro e vi troviamo di tutto, anche cose delle quali ci vergogniamo: dal cuore vengono le intenzioni cattive, prostituzioni, omicidi, adulteri, malvagità... un elenco impressionante di dodici cose cattive, che rendono impura la vita. C’è bisogno di purificare la sorgente, di evangelizzare le nostre zone di durezza e di egoismo, guardandoci con lo sguardo di Gesù: il suo sguardo di perdono sulla donna adultera, su Maria Maddalena, su Pietro pentito, sguardo che trasforma, che ci fa abbandonare il peccato passato e ci apre a un futuro buono. Non sono le pratiche esteriori che purificano, è più facile lavare le mani che lavare le intenzioni. Occorre lo sguardo di Gesù. Allora cadono le sovrastrutture, le esteriorità, le disquisizioni vuote, tutto ciò che è cascame culturale, «tradizione di uomini». Che aria di libertà con Gesù! Apri il Vangelo ed è come una boccata d’aria fresca dentro l’afa dei soliti discorsi. Scorri il Vangelo e passa l’ombra di una perenne freschezza, un vento creatore che ti rigenera, che apre cammini, perché con Cristo sei tornato al cuore felice della vita.
(Letture: Deuteronomio 4, 1-2.6-8; Salmo 14; Giacomo 1, 17-18. 21b-22.27; Marco 7,1-8.14-15.21-23)
di Ermes Ronchi – avvenire.it