Elogio della vita consacrata. L’omelia di Mons. Caprioli 2 Febbraio in S. Stefano Reggio Emilia

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ELOGIO DELLA VITA CONSACRATA

Festa della Presentazione del Signore al Tempio 2016 e XX Giornata della Vita consacrata

Non è un caso che, nel Vangelo proclamato dalla odierna liturgia, al centro del messaggio stia il tema dell’incontro di Dio con il suo popolo nella persona di Gesù, vero Tempio di Dio in mezzo a noi. E figure di accompagnamento, rappresentative dell’intero popolo, siano l’anziano Simeone e la profetessa Anna.

La profezia dell’attesa

“Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto di Israele”. Uomo giusto e timorato di Dio: così dunque lo qualifica il Vangelo.

È questo un elogio della sua vita passata, vissuta all’insegna della obbedienza alla legge del suo popolo, al quale si sentiva appartenente. E più ancora è l’elogio della sua vita di credente in Dio, di un religioso che è riuscito a fare della pratica esteriore il luogo del suo cammino interiore verso Dio.

E, tuttavia, questo uomo che poteva ben dirsi soddisfatto della sua vita passata, si rivela ancora un uomo non arroccato sul suo passato, ma aperto alla novità, proteso verso ciò che ancora doveva accadere: “aspettava il conforto di Israele”.

Colpisce la capacità di guardare al futuro di questo anziano, non per rassegnazione, ma mosso da un vivo desiderio. Che cosa spiega questa capacità di sguardo al futuro? Potremmo dire così: è uno sguardo non su di sè, ma su di un Altro; non rivolto al proprio io, ma rivolto a Dio.

L’invito che viene da questa figura del Vangelo che è l’anziano Simeone è quello di alzare lo sguardo verso il futuro.

È quanto il beato Paolo VI richiama, nel suo Pensiero alla morte, quando “davanti alla morte, maestra della filosofia della vita” afferma “che l’avvenimento fra tutti più grande fu per me, come lo è per quanti hanno pari fortuna, l’incontro con Cristo, la Vita”. E ancora: “Non più guardare indietro, ma fare volentieri, semplicemente, umilmente, fortemente il dovere risultante dalle circostanze in cui mi trovo, come Tua volontà”.

Come per Paolo VI, come per Simeone, come per ogni persona consacrata, che ha incontrato il Signore, è la Verità dell’incontro pieno ed appagante con la Parola eterna di Dio il segreto e la testimonianza da dare al nostro mondo.

Vengono in mente gli imperativi sempre del Pensiero alla morte di Paolo VI: “Fare presto, fare bene, fare soprattutto con gioia ciò che Tu, o Signore, vuoi da me, anche se supera immensamente le mie forze e se michiede la vita”.

“Profezia della speranza” è stata definita la vita della persona consacrata. Di questa figura profetica, che è la vita consacrata — la quale ha imparato a giocarsi su ciò che non ha riscontro nel tempo come l’attesa del Signore che viene —, ha ancora bisogno la nostra Chiesa e il nostro tempo.

Profezia della fedeltà

Di un’altra figura parla il Vangelo: “C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele della tribù di Aser… Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del Bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.

Oltre alla profezia della speranza, troviamo qui la profezia della fedeltà. La parola fedeltà sembra diventata oggi una parola fuori moda, un po’ come la donna di chiesa, sempre presente alle celebrazioni che si svolgono: animatrice della preghiera e del canto, pronta a dare una mano anche ai servizi più umili ma preziosi nella cura e nel decoro necessari ad una degna celebrazione.

Fedeltà è per la Bibbia una parola teologica. Fedele è Dio nei riguardi dell’uomo, di ogni sua creatura. Ritroviamo qui l’altro aspetto della vita consacrata nella Chiesa: non solo profezia della speranza, ma profezia della fedeltà di Dio, testimonianza di Cristo ieri, oggi e sempre. È questo il gioioso annunzio che questa giornata della vita consacrata intende testimoniare nella Chiesa e nel mondo: Dio è fedele.

La vita della persona consacrata è la singolare risposta alla fedeltà di Dio, e per questo ha bisogno di stare nella casa del Signore con la preghiera e il digiuno. La preghiera, sopratutto la preghiera per eccellenza dell’Eucaristia, è l’anima della fedeltà, perchè essa ci colloca, ci stabilisce e ci edifica nell’orizzonte della fedeltà di Dio, che in Gesù Cristo, avendo amati i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Ma, se la preghiera è l’anima della fedeltà, il digiuno inteso biblicamente come l’opera e il servizio della carità, il mettere sè a servizio degli altri nelle varie forme della carità, è per così dire il terreno concreto in sui è chiamata ad esercitarsi la fedeltà.

Fedeltà ha così anche il significato di fedeltà alla Chiesa. Vale anche per i religiosi e le religiose l’invito, ispirato al Concilio, “a considerare il Vescovo non solo come pastore di tutta la comunità diocesana, ma anche come garante della loro fedeltà alla propria vocazione nell’ adempimento del loro servizio a vantaggio della Chiesa locale” (Mutuae relationes). Anche il carisma del fondatore, ovviamente da privilegiare per il rinnovamento della vita religiosa, resta sullo sfondo della Chiesa particolare, nella quale il fondatore si è formato come cristiano e successivamente ha operato.

Non è un caso che le Sorelle e i Fratelli della Case della Carità siano nati qui a Reggio e abbiano “messo su casa” con i poveri della parrocchia e delle unità pastorali. Non è un caso che questa celebrazione della Presentazione al tempio veda qui riunite a S. Stefano le parrocchie della Unità pastorale dei Santi Crisanto e Daria con le comunità religiose del territorio.

Le ricordiamo: le Figlie di Gesù, le Suore della Carità di S. Giovanna Antida, le Figlie di S. Paolo, le Sorelle dell’Imitazione di Cristo (dal Kerala), le Missionarie di S. Carlo presso il Vescovado — e stasera si aggiungono le Suore Dorotee di Regina Pacis, le Suore di Sant’Anna dell’India a Villa Verde —, Fabrizia e Maura, sorelle dei poveri; non da ultimo l’Ordine dei Servi di Maria presso il santuario cittadino della Madonna della Ghiara.

  1. Giuseppe, il silenzioso, e Maria, la Vergine dell’ascolto, per le numerose famiglie religiose che ancor oggi vivono ed operano nella nostra Diocesi — negli ospedali a consolare gli afflitti, nelle scuole ad istruire i fanciulli e i giovani, nelle parrocchie a qualificare l’azione pastorale, nelle terre di missione a portare a tutti il Vangelo di Cristo, nei conventi e nei monasteri a contemplare e proclamare le lodi del Signore nella preghiera e nella vita comune — siano i vostri e nostri compagni di pellegrinaggio nel cammino verso l’incontro con il Signore Gesù.

+ Adriano Caprioli vescovo emerito

Chiesa parrocchiale di Santo Stefano – Reggio Emilia, 2 febbraio 2016

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foto di Zanetti P.