E se anche al Gay pride si imparasse a chieder scusa. Che libertà di espressione è quella che consente di dileggiare a senso unico?

Immaginate un manichino vestito come una Madonna, con il seno scoperto. E immaginatelo, ora, portato in parata a spalla da quattro ragazzi, rigorosamente a volto coperto, durante un Gay Pride, con l’usuale contorno di Drag Queen, lustrini, ricchi premi e cotillons. Che cosa c’entra? Nulla. Come non c’entra nulla il fantoccio raffigurante papa Francesco che benedice, anch’esso sfoggiato nella medesima occasione. È successo al Cremona Pride, e se era un modo per fare pubblicità all’evento beh… ci sono riusciti. Ma un modo ben triste, di quella tristezza che lascia senza parole.

Squallido, prima ancora che blasfemo. Di una volgarità incomprensibile. Gli organizzatori, continuando a non collegare i neuroni tra di loro (ce ne saranno stati almeno due tra i presenti, o no?), alle dichiarazioni di quanti non hanno gradito la trovata l’hanno buttata in caciara, come si dice a Roma. «È la festa dei diritti contro tutte le discriminazioni, il nostro modo per rivendicare la possibilità di esprimere liberamente», ha detto dal palco uno dei promotori della marcia. E questo diritto alla libertà di espressione comprende anche libertà di insultare una religione? Fatemi capire bene: in Parlamento giace da tempo una proposta di legge ambigua, in base alla quale qualcuno potrebbe tentare di tappare la bocca anche ai parroci, in nome della (pur giusta) lotta all’omofobia e gli stessi che invocano certe norme reclamano il ‘diritto’ di far sfilare una Madonna con il seno nudo (e non perché allatta, come in tante immagini il Bambino)?

E io che scrivo queste righe potrei essere accusato (o persino incriminato) di omofobia? Che libertà di espressione sarebbe quella che consente di dileggiare a senso unico? È uno dei paradossi del politicamente corretto, che fanno a pugni con la logica più elementare. Come quelle assurdità che si sentono di tanto in tanto, che vorrebbero riscrivere le favole per renderle ‘neutrali’, così la matrigna di Biancaneve potrebbe essere declinata come ‘genitore tre’ , lasciando però sempre aperto il dubbio su chi sia il genitore uno e chi il due. Provate a esercitarvi su una qualsiasi favola, non se ne esce mai.

È impossibile. Perché è contro la logica, e andare contro la logica non si può. O meglio, forzando un po’ le cose si può provare a farlo, ma si finisce per truffare l’intelligenza delle persone, perché l’intelligenza è regolata dalla logica. E respinge le incursioni tentate da ciò che è illogico. Su questi paradossi gli esempi che si potrebbero fare sono decine e decine, ma restiamo sulla vicenda. Non sono mancate, a Cremona, le reazioni alla ‘provocazione’ dei manifestanti. I quali invece che dire: ‘Ok, scusate, stavolta abbiamo fatto una stupidaggine’, hanno rilanciato dicendo che le proteste veniva da ‘partiti di destra’, cosa data evidentemente per scontata, mentre avrebbe ‘sorpreso’ gli organizzatori la critica molto dura arrivata dal noto imprenditore e presidente della Cremonese Giovanni Arvedi. Sorpresi perché? Non è dato saperlo.

O forse proprio perché la libertà di pensiero dovrebbe funzionare a senso e schema unico? Il presidente dell’Arcigay s’è detto molto soddisfatto della riuscita della parata di Cremona. E non si sa se è una promessa o una minaccia, è il primo di cinquanta Pride che toccheranno tutte le città italiane. Non ci resta che pregare e sperare perché qualcuno ‘attacchi’ finalmente il cervello e lo accenda. Eppure non è così difficile da capire: se le persone hanno tutte eguale dignità, questo vale per tutti, non per qualcuno meno e per qualcuno più. Quale che sia la loro condizione personale, il loro modo di pensare, la loro fede. Il rispetto è dovuto alle persone e ai simboli che parlano al cuore e all’intelligenza di quelle stesse persone. Certo non di meno ai simboli delle religioni, di ogni religione. Compresa quella cattolica.

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