Dopovoto. 113 seggi al Senato e 236 alla Camera: Meloni “vede” i numeri per governare

Secondo le stime della notte, Fdi sarebbe partito di maggioranza relativa con il Pd secondo gruppo. M5s recupera seggi negli uninominali del Sud
113 seggi al Senato e 236 alla Camera: Meloni "vede" i numeri per governare

Reuters

da Avvenire

I numeri più attesi si palesano dopo le prime proiezioni, quando i dati sembrano abbastanza stabilizzati per trarre delle parziali conclusioni sia sui collegi plurinominali sia sui collegi uninominali, per i quali però la prudenza è d’obbligo sino all’ultimo secondo perché alcuni seggi, specie al Sud, sono contesi tra centrodestra, centrosinistra ed M5s. In base ai conteggi di Quorum/Youtrend per Sky Tg24, con un errore di margine più o meno dell’1,6%, al Senato a FdI andrebbero 67 seggi, al Pd 38 e alla Lega 28. Al Movimento 5 Stelle andrebbero 24 seggi, a Forza Italia 18 seggi e ad Azione 10 seggi. In totale, il centrodestra avrebbe 113 senatori, una maggioranza non enorme ma comunque numericamente autosufficiente. A Palazzo Madama, infatti, dalla prossima legislatura siederanno 200 senatori (196 + 4 eletti all’estero), cui aggiungere i 6 senatori a vita che pure contribuiscono al quorum delle votazioni. Per questo motivo, per incassare una fiducia “comoda” al Senato era stata fissata una soglia minima, 110, che il centrodestra supererebbe.

Per quanto riguarda la Camera dei deputati, dove siederanno 400 deputati (392 più 8 eletti all’estero), Quorum/Youtrend assegna a Fdi 114 seggi, 71 al Pd, alla Lega 69. Al Movimento 5 Stelle andrebbero 45 seggi, a Forza Italia 46, ad Azione 19 seggi, all’Alleanza Verdi e Sinistra 14 seggi, a +Europa 3 seggi, a Noi Moderati 7 seggi, a Impegno Civico 1 seggio (non è certo che sia l’uninominale che il centrosinistra ha reso disponibile a Luigi Di Maio a Napoli, perché in quel collegio, nella notte, si registra un forte risultato del pentastellato Sergio Costa). A Montecitorio il centrodestra avrebbe dunque 236 seggi.

Nel complesso, il centrodestra avrebbe i numeri per governare ma sarebbe lontano dalla maggioranza dei due terzi alla Camera e al Senato che le consentirebbe di varare le riforme costituzionali senza andare a referendum. La somma di deputati e senatori del centrodestra, inoltre, farebbe 349, lontana da quel 363 che rappresenta il quorum per eleggere i componenti di nomina parlamentari di istituzioni cruciali come la Corte costituzionale e il Csm.

In ogni caso, la strada verso un nuovo governo sarà lunga e complessa. Intanto i tempi non giocano a favore di una soluzione rapida del puzzle: le nuove Camere si riuniranno la prima volta il 13 ottobre, e il dossier iniziale delle aule non sarà il nuovo esecutivo ma l’elezione dei presidenti, o delle presidenti, di Montecitorio e Palazzo Madama. Nella più ottimistica delle previsioni, l’Italia avrà il premier e una squadra di ministri entro la fine di ottobre, non prima.

Pare chiaro che, quando si dovrà lavorare attivamente alla formazione del governo, si partirà dalla coalizione uscita vincente dalle urne, e dai numeri che potrà vantare in Parlamento. Un governo politico di centrodestra, stando ai patti sottoscritti da Fdi, Lega, Fi e Moderati, prevede che il premier sia indicato dal partito più votato. E dunque Giorgia Meloni potrebbe essere la prima donna a varcare da presidente il portone di Palazzo Chigi. Ma anche un governo politico non è di facile costruzione, alla luce delle divergenze tra i partiti della coalizione sia sulla politica estera sia sulle politiche di bilancio, i due polmoni dell’azione di governo sui quali esercita la propria moral suasion il capo dello Stato. Non va dimenticato quanto accaduto nel 2018, quando Sergio Mattarella non ostacolò la nascita di un governo politico tra M5s e Lega, ma non rinunciò ad esercitare quelle prerogative costituzionali che vanno poi a prendere carne nella scelta di alcuni ministri-chiave: l’Economia e gli Esteri su tutti.

Con i risultati che sembrano emergere nella notte dalle urne, sembrano più remote ipotesi di nuove larghe intese ancora intorno a Mario Draghi. Resta aperto il tema, invece, sul coinvolgimento o meno in un governo politico di centrodestra, di figure tecniche che garantiscano esperienza e credibilità.

Le certezze per ora sono, o sembrano essere, solo due. La prima: in qualsiasi scenario, la responsabilità di formare un governo, nel 2018 caduta a furor di popolo su M5s, stavolta peserà prioritariamente su Giorgia Meloni. La seconda: il mondo non si fermerà ad aspettare che l’Italia abbia un governo. Guerra, bollette, pandemia, crisi sociale ed economica, la necessità di avere subito pronta una manovra economica per evitare l’esercizio provvisorio, i timori dei mercati finanziari, le attese di Ue e alleati atlantici… la realtà continuerà a battere i pugni sul portone della politica e a reclamare risposte. Anche il “livello di emergenza” che si raggiungerà dopo il voto giocherà un ruolo nella partita del futuro governo.