Dischi Sacra. Codice di Guardiagrele, anno 1410 Musica in Majella, com’era dov’era

Guardiagrele è una antica e pittoresca cittadina abruzzese che si affaccia sul massiccio montuoso della Majella; definita «la città di pietra» dal sommo vate Gabriele D’Annunzio, è rinomata principalmente per le sue produzioni artigianali e per la lavorazione dei metalli, ma in età medievale ha ricoperto un ruolo di primo piano dal punto di vista economico, commerciale e politico, al punto che tra XIV e XV secolo ha addirittura ricevuto il permesso di battere moneta e si è dotata di statuti comunali autonomi.
Proprio a quel periodo di fasto e splendore risalgono alcuni manoscritti musicali di fondamentale importanza, conosciuti come Codici di Guardiagrele, che testimoniano anche della centralità artistica e spirituale della città. I diversi tomi si compongono di un Graduale, un Antifonario e un Salterio custoditi presso gli archivi del Duomo, la Collegiata intitolata a Santa Maria Maggiore, da sempre al cuore della vita religiosa della comunità. La redazione dei volumi risale al 1410, ma la datazione specifica di alcune composizioni può essere retrodatata fino alla prima metà del Trecento. Trafugati nel 1979 in seguito a un furto rocambolesco e attualmente recuperati solo in parte, si trovano al centro del progetto discografico intitolato Il Codice di Guardiagrele, registrato dall’ensemble De bon parole diretto da Marco Giacintucci tra le navate della stessa Cattedrale (cd pubblicato da Tactus e distribuito da Sound and Music).
Il programma appare alquanto vario e articolato, per impianto stilistico, destinazione e organici impiegati. AllaSchola spetta l’intonazione dei brani gregoriani incentrati sulle festività mariane celebrate in Santa Maria Maggiore (come l’inno Rorate caeli, il graduale Benedicta et venerabilis e parti della Missa in festivitatibus Sanctae Mariae Virginis), mentre a un ricco strumentario è affidato il compito di “contraffare” le armonie di alcune composizioni e in alcuni casi a dialogare con i cantanti solisti in eleganti intrecci polifonici, assecondando schemi interpretativi radicati in forme e modelli aperti verso scambi tra il repertorio sacro e quello profano: con un occhio indirizzato verso la solida tradizione medievale e l’altro già aperto verso le slanciate architetture rinascimentali.

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