Dimmi come reagisci all’imprevisto estivo nella liturgia e ti dirò cos’è per te davvero la Messa

Grandi Scuole

Un rumore di sedie smosse, un’esclamazione soffocata, il brusio di un capannello che si raduna intorno al caduto: plof! In chiesa è svenuto un fedele. D’estate accade più frequentemente che in altre stagioni. Sarà il caldo (d’inverno miete invece vittime il troppo freddo), o la posizione statica e fissa imposta dal rito, o l’età generalmente avanzata degli astanti, o ancora lo stress di un’eccessiva concentrazione ­- non saprei – ma lo svenimento durante la messa risulta ormai un importante fattore d’animazione assembleare cattolica, il secondo dopo lo squillo del telefonino dimenticato acceso dal solito distratto.

E perché ci occupiamo qui di tale evento banale, anziché nelle sedi più acconce dei soccorritori d’ambulanza? In quanto è proprio in queste circostanze improvvise ed emotivamente provocatorie che si rivela inconsciamente, attraverso il comportamento assunto, l’idea più profonda che i presenti hanno della liturgia cui stanno partecipando. La messa si segue con automatismi dettati dalla tradizione e dalla convinzione razionale, ma allorché un evento imprevisto viene a scompaginarne gli schemi, è probabile che le reazioni spontanee «dicano» ben più delle parole qual è la vera immagine che i partecipanti hanno del rito stesso.

Ora, i celebranti possiedono soltanto tre modi per reagire all’eventualità che un loro fedele scivoli come al suolo una pera matura:

a) Tirare dritto come se niente fosse accaduto. The show must go on: ciò che sta avvenendo sull’altare è assai più grande e più sacro dell’incidente capitato laggiù tra le panche e non può né deve esserne disturbato; così come il contingente non muta il corso dell’eterno. La liturgia è considerata cioè una ritualità intangibile e separata, non va contaminata con le altre preoccupazioni della vita e della storia.

b) Fare una pausa silenziosa e attendere, mentre si dispiegano i soccorsi. Stiamo celebrando una cena comune e, proprio come succede ad un pranzo allorché un commensale accusa un malore, il menu fa uno stop, le voci si abbassano, le conversazioni s’interrompono: se non altro per rispetto dell’infortunato e per educazione. La liturgia comunque non può disinteressarsi alla vita di quanti la celebrano.

c) Tentare di introdurre l’evento nel rito. Qualcuno (ma occorre del coraggio…) ci prova, assumendo esplicitamente quanto è avvenuto in chiesa anzitutto per informare e guidare l’emotività dell’assemblea, «spiegando» ciò che accade, ma spesso addirittura per far convergere quell’evento inatteso nella celebrazione comune, magari inserendovi una preghiera per la salute dell’infortunato.

Chi ha ragione? Ognuno dica la sua. Comunque sia, l’imprevisto è rivelatore. Dimmi come reagisci (anche al chiasso dei bambini in chiesa, al ritardatario che viene a piazzarsi impunemente in prima fila, al gruppo di adolescenti che chiacchiera masticando gomma americana, e così via…) e ti dirò cos’è per te davvero la messa. Anzi di più: ti dirò a cosa credi.

vinonuovo.it