DIARIO DI UNA CATECHISTA: «Che cosa vuol dire separati?»

di Assunta Steccanella | 22 gennaio 2013
Nel gruppo del primo anno sono tre su quattordici e la domanda viene subito fuori. Insieme ad alcuni pensieri che mi inquietano

Il primo incontro con i bambini di primo anno, dopo le vacanze natalizie, si presenta ricco di interessanti premesse: ci sono quasi tutti, ne colgo la viva curiosità e le aspettative, e mi sento provocata a fare del mio meglio per non deluderli, per non iniziare a perderli fin dal primo momento.

Durante i mesi di novembre e dicembre avevo incontrato i loro genitori, proponendo tra l’altro alcune attività concrete da realizzare in famiglia ed anticipando che sarebbero state riprese a gennaio, con i piccoli. Una di queste attività riguardava l’Avvento: avevamo consegnato loro quattro candele, insieme ad un piccolo spunto per la preghiera.

Dopo l’accoglienza, quindi, tiro fuori dal mio “scrigno dei tesori” quattro candele colorate e le metto sul tappetone.

Immediatamente i bambini le riconoscono: “Sono le candele dell’Avvento!” Ognuno ha qualcosa da dire, c’è entusiasmo nelle voci:

“Noi le abbiamo accese a tavola, la domenica sera…”

“Noi a mezzogiorno, invece…”

“L’ultima domenica, insieme alla candelina bianca, la mamma ha acceso anche le altre, la viola la verde e la rossa, e sul tavolo erano bellissime…”

Sono piacevolmente sorpresa. Si trattava di una proposta semplice, ma non superficiale, e ora posso verificare che le famiglie hanno aderito concretamente: certo, in modi e con intensità diverse, ma comunque hanno posto un segno nella loro quotidianità; hanno ricordato e atteso l’Evento, ed hanno anche testimoniato interesse e condivisione verso ciò che proviene dalla comunità parrocchiale.

Serena interviene: “Io le ho accese solo con la mamma, perchè i miei genitori sono separati”.

“Anche i miei!”

“Anche i miei!”

Tre su quattordici… nella nostra realtà piccola e periferica, un numero significativo. Ma non faccio in tempo a soppesare tra me questo dato perchè, guardandomi da sotto in su con i suoi grandi occhi chiari, Lucia mi chiede:
“Cosa vuol dire separati?”

Rispondo: “Vuol dire che la mamma e il papà non vivono più insieme nella stessa casa”.

Lo sguardo di Lucia si fa interrogativo, e un po’ sgomenta sottolinea: “Non vivono insieme?”

“No, Lucia. Però la mamma e il papà continuano sempre a volere molto bene ai loro bambini”.

“Sì – ribadisce con fermezza Serena – io ho lo stesso una mamma e un papà!”

Io ho lo stesso una mamma e un papà.

Chissà se questa frase è l’eco delle spiegazioni che le sono state offerte, a casa, o se ha cercato e trovato parole altrove.

Non ha importanza. A me, adesso, importa solo lei, e gli altri. E sono tanti i pensieri che mi inquietano, insieme alla coscienza, acuta e dolorosa, che tra qualche anno non potrò più sfuggire alle ulteriori domande di questi bambini diventati più grandi: sarà la loro realtà esistenziale a farsi domanda per la mia fede, e a verificare le mie risposte di fede.

Tuttavia per ora il problema è risolto, l’incontro prosegue serenamente.

Ci sarà tempo per pensare, e per curare le parole con cui parlare di Dio (Dio padre? Ma davvero tutti loro sanno com’è avere un padre?), di amore indefettibile (stabilità nelle relazioni? In un panorama di rotture e ricomposizioni anche ripetute?), di perdono (con genitori risposati, non accolti alla mensa il giorno della loro Prima Comunione? Non sarà facile giustificare il senso di esclusione che così si aggiunge al dolore).

In un’udienza del periodo di Avvento, papa Benedetto ci ricordava che «Dio non si è tolto dal mondo, non è assente, non ci ha abbandonato a noi stessi, ma ci viene incontro in diversi modi, che dobbiamo imparare a discernere». Chiedo allo Spirito di illuminarmi, ho tanto da imparare.

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