Con il Papa. Via Crucis, ecco cosa diranno le donne ucraina e russa nella meditazione

La tredicesima Stazione vedrà la presenza di una donna russa e di una ucraina. L’incontro tra un’infermiera ucraina, Irina, nel Centro di cure palliative “Insieme nella cura” della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e una studentessa russa, Albina, del Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università Campus Bio-Medico. Le loro voci, quotidianamente vicine a chi soffre, esprimono la stessa speranza per la pace. Il mondo ha bisogno di pace e amore.

“Signore, perché hai abbandonato i nostri popoli?”

Questa scelta ha sollevato diverse voci contrarie (LEGGI QUI), ma anche valutazioni positive per la forza profetica del perdono che la meditazione suscita.

IL TESTO INTEGRALE DELLE MEDITAZIONI

Sull’Osservatore Romano si legge della lunga testimonianza di fede e dell’incontro tra Irina e Albina. “La nostra amicizia nasce all’interno del reparto di cure palliative “Insieme nella cura”. Il nostro incontro è avvenuto proprio in questo luogo molto delicato. Dal primo momento, il nostro legame è stato molto naturale. È nata questa una amicizia in modo spontanea. E quindi, ogni volta che ci incontravamo, era una emozione.

Quando ci siamo incontrate poco dopo l’inizio della guerra, Albina è venuta nel reparto. Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime. Mi emoziono sempre nel ricordare che Albina, (di nazionalità russa, ndr) ha cominciato a chiedermi scusa. In quel momento era veramente inconsolabile. Non riuscivo a consolarla. Lei si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c’entrava niente in tutto questo”.

 

Ansa

 

La Via Crucis, dopo l’interruzione per il Covid, tornerà nella sede tradizionale del Colosseo. Struggente il testo della meditazione scritta in riferimento alla guerra in Ucraina e posta significativamente a commento della tredicesima stazione, quella in cui Gesù muore sulla croce, gridando “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. E proprio a questo “abbandono” fa ampio riferimento la meditazione.

Eccolo:

“La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. “Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”.

Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.

Le meditazioni della Via Crucis del venerdì santo di quest’anno sono tutte scritte da famiglie. Una coppia di giovani sposi, una famiglia in missione, sposi anziani senza figli, una famiglia numerosa, una famiglia con un figlio disabile, una famiglia che gestisce una casa famiglia, una famiglia con un genitore malato, una coppia di nonni, una famiglia adottiva, una vedova con figli, una famiglia con un figlio consacrato, una famiglia che ha perso una figlia e una famiglia di migranti, oltre a quelle russa e ucraina di cui si è già detto.

Toccante anche la meditazione scritta dalla famiglia migrante per la quattordicesima stazione, Gesù deposto nel sepolcro. “Ormai siamo qui. Siamo morti al nostro passato. Avremmo voluto vivere nella nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito. È difficile per una famiglia dover scegliere tra i suoi sogni e la libertà. Tra i desideri e la sopravvivenza. Siamo qui dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle. Siamo qui, sopravvissuti. Percepiti come un peso. Noi che a casa nostra eravamo importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure siamo molto di più che immigrati. Siamo persone. Siamo venuti qui per i nostri figli. Moriamo ogni giorno per loro, perché qui possano provare a vivere una vita normale, senza le bombe, senza il sangue, senza le persecuzioni. Siamo cattolici, ma anche questo a volte sembra passare in secondo piano rispetto al fatto che siamo migranti. Se non ci rassegniamo è perché sappiamo che la grande pietra sulla porta del sepolcro un giorno verrà rotolata via”.

Avvenire