Con De Rita e Mons. Bregantini CONCLUSI I DIALOGHI IN CATTEDRALE

Il moderatore don Giuseppe Dossetti ha opportunamente accentuato il carattere dialogico dell’incontro, contattando precedentemente i due relatori con uno scritto e parlando con loro sulla procedura all’ultimo momento. Ha iniziato De Rita ponendo l’interrogativo: obbedisco? mi sottometto? Si è richiamato al teologo luterano Dietrich Bonhoeffer, impiccato il 9 aprile 1945 per avere partecipato all’organizzazione dell’attentato a Hitler. Si è soprattutto richiamato alla enciclica di Paolo VI “Populorum progressio” del 1967 per affermare che l’impegno per migliorare la condizione umana è partecipazione all’opera della creazione. E ha quindi affermato che il nostro destino è partecipare. Rifacendosi poi a Pierre Teilhard de Chardin, gesuita, filosofo e paleontologo francese, morto nel 1955, ha lanciato il motto: “in avanti e in alto”. Non seduti o inginocchiati davanti all’autorità. Non possiamo essere sottomessi ad un’autorità statica. Posso sbagliare, ma vado avanti. Così De Rita. Mons. Bregantini ha visto nel capitolo 13 della lettera ai Romani un grande invito al coraggio che gli ha suggerito il motto “Guardare in alto, guardare oltre”. Siamo cittadini leali, ha detto, paghiamo le tasse. Ma l’autorità, proprio perché viene da Dio è giudicata da Dio, e quindi relativizzata. Dalla enciclica Laborem exercens del 1981 di Giovanni Paolo II ha formulato il principio: “Lottare sempre pro, non lottare contro”. Una lotta cioè costruttiva. Dopo lo stacco musicale è iniziato il dialogo vero e proprio. Per primo è stato il moderatore Don Dossetti a porre una domanda: se cioè nel contesto italiano i cristiani dovrebbero obbedire di meno o di più. Poi ha sollecitato i due relatori a porsi reciprocamente una domanda. Ne sono scaturite precisazioni stimolanti. De Rita ha affermato che non si obbedisce se l’autorità viene esercitata in modo verticistico, senza i meccanismi di partecipazione. Una comunità vive di decisioni partecipate. Ha affermato: io non obbedisco per i contenuti, ma per le forme, cioè per le modalità di esercizio dell’autorità. Anche Bregantini ha sottolineato lo stile, inteso come il modo con cui si fanno le cose. Ma soprattutto ha insistito sulla corresponsabilità, sul coinvolgimento: il problema degli altri è il mio problema. Il problema della mafia è di tutti. La mafia, ha aggiunto, è potente fuori, ma dentro è debolissima. Dev’essere demitizzata. E ha espresso l’auspicio che la nostra obbedienza ci restituisca le ali. Unica stonatura della serata si è registrata alla fine, quando De Rita ha risposto alla domanda di Bregantini, il quale gli ha chiesto perché ha espresso riserve sull’ultima enciclica Caritas in veritate. Qui il sociologo si è lasciato andare come se parlasse a tavola con amici. Ha detto che in questa enciclica c’è una sostanziale negazione della Populorum progressio, non avendo riprodotto l’affermazione sulla partecipazione. Ha poi accennato ai collaboratori del Papa, allo stesso Benedetto XVI, uomo di pensiero, che soffre nobilmente, ma non di organizzazione e di decisioni concrete. Tutto questo in Duomo davanti a 700 persone con una presenza di giovani mai vista nelle serate precedenti. Davvero De Rita poteva risparmiarsi giudizi sommari che hanno lasciato l’amaro in bocca a molti dei presenti. Il Vescovo Adriano, pure lui colto di sorpresa da queste battute, ha preferito dedicare i restanti pochi minuti ad esprimere la giusta soddisfazione per la buona riuscita dei Dialoghi in Cattedrale.

 Don Emilio Landini – inwebdiocesi