È possibile raccontare l’Italia di oggi, melmosa e volgare, senza ricorrere al grottesco o all’indulgenza verso i vizi italici? Silvio Soldini ha scelto di farlo con una commedia dolce e poetica, Il comandante e la cicogna, capace di mostrarci un paese alla deriva attraverso gli occhi di personaggi che molti direbbero perdenti, ma che invece, proprio grazie alla loro posizione marginale possono osservare il mondo con uno sguardo diverso. E così un idraulico vedovo e i suoi figli adolescenti, una artista squattrinata e un sensibilizzatore urbano diventano simboli di una resistenza in nome della bellezza, antidoto ai tanti disonesti che hanno devastato il paese lasciatoci in eredità da Garibaldi e Leopardi, Verdi e Da Vinci. I quali, dall’alto dei loro piedistalli nelle piazze cittadine, commentano con amarezza non senza accorgersi per primi che forse un vento nuovo comincia a soffiare sotto le ali di una cicogna. Non convince del tutto invece Gladiatori di Roma di Iginio Straffi, ambizioso kolossal di animazione ambientato nell’antica Città Eterna. Qui un pigro giovanotto, Timo, deciso a conquistare il cuore di Lucilla, si impegna a diventare un vero combattente scoprendo quanto illusoria sia ogni scorciatoia affidata al doping e quanto sia necessario lavorare sodo per raggiungere un obiettivo. Troppo impegnato a gareggiare con i cartoon americani, invece, il film smarrisce la propria identità e il regista confeziona una storia senza originalità.
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