Chiesa sempre pellegrina

 

Siamo nel tempo della «società liquida», dove la «questione delle istituzioni» e delle loro «mediazioni» viene associata all’aggettivo «autoritario» e «arbitrario». Anche la Chiesa è dentro questo dibattito e, riandando alla lunga e ricca storia della discussione sul rapporto tra realtà visibile e invisibile, emergono gli elementi utili per discernere l’oggi, mentre siamo alla ricerca di un orientamento nel percorso sinodale.
È in questa chiave che suggeriamo di leggere, sul numero 8 del 2022 de Il Regno attualità, lo Studio del Mese «Sempre pellegrina» a firma di Pierre Gisel, docente di Teologia sistematica all’Università di Losanna.
Dopo aver passato in rassegna elementi della (variegata) Riforma protestante, della Controriforma di Trento e del Vaticano II (e delle sue questioni aperte), il teologo svizzero pone la tesi centrale: «La Chiesa non si dà fuori dalla cultura e dovrà resistere a quella tentazione del nostro tempo di essere la realtà resa autonoma e mondiale di un identitario deculturato» e basato su «una rilettura ideologizzata della tradizione da cui proviene».
Essa deve essere «eterotopia significativa (…) iscritta in un luogo e determinata nella sua differenza», non s’identifica «in un progetto per il mondo», ma saprà dare valore a «richieste di cui essa non è l’orizzonte, come i riti di passaggio», «luogo di racconto» – a volte «un contro-racconto» – , luogo dove si coltivano pratiche di spiritualità (…) quasi pensate come servizio pubblico per l’umano», «luogo di diaconia attento a urgenze che la società non vede o non vede ancora o di cui non sa come farsi carico».

Il Regno