Scenari. Giovani che lasciano la Chiesa. Ma la sete di spiritualità non si spegne

Dall’indagine dell’Istituto Toniolo, i percorsi di chi ha abbandonato. Ma continua a sognare una Chiesa libera, povera, gioiosa. La sfida rappresentata dall’«esodo silenzioso» delle ragazze
Una giovane donna prega sulla spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, durante la veglia di preghiera dei giovani con papa Francesco alla Gmg del 2013

Una giovane donna prega sulla spiaggia di Copacabana, a Rio de Janeiro, durante la veglia di preghiera dei giovani con papa Francesco alla Gmg del 2013 – Ansa

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L’esodo silenzioso delle giovani donne dalla Chiesa e dalla fede cattolica. Il “caso serio” costituito dal rapporto fra comunità ecclesiale, fede dei giovani, apertura ai credenti Lgbt+. La sete e la ricerca di spiritualità che continuano ad abitare la vita di chi ha abbandonato la Chiesa e la fede nelle sue forme tradizionali – anche quando è una spiritualità senza Dio, o con un Dio senza nome, e che sempre meno spesso ha il nome di Gesù. Le contiguità e le consonanze di interrogativi, giudizi, idee – su Dio, la Chiesa, la fede, la vita, la morte, l’etica, la sessualità – fra i giovani che hanno lasciato e quelli che sono rimasti. Sono molteplici – e tutti urgenti, provocatori, potenzialmente fecondi – i motivi d’interesse della ricerca raccolta nel volume “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità” (Vita e Pensiero, 2024) curato da Rita Bichi e Paola Bignardi, promosso dall’Istituto Toniolo – l’ente fondatore dell’Università Cattolica, nella cui sede milanese è stata presentata l’indagine (https://www.avvenire.it/giovani/pagine/istituto-toniolo-giovani-profeti-di-una-chiesa-che-sa-ascoltare-e-accogliere-tutti).

I numeri dell’esodo dalla Chiesa cattolica

L’allontanamento dei giovani dalla Chiesa e dalla fede cattolica è una tendenza che il Rapporto Giovani realizzato dal 2013 ogni anno dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo registra con fedeltà. Nel 2013 i giovani che si dichiaravano cattolici erano il 56,2% e nel 2023 il 32,7%. Negli stessi anni i giovani che si dicono atei sono passati dal 15% al 31%. Ancora più significativo il mutamento fra le giovani donne: quelle che si dichiarano cattoliche sono passate dal 62% al 33%, quelle che si dichiarano atee dal 12% al 29,8%. E se il trend continuasse così? Secondo i dati comunicati da Paola Bignardi presentando la ricerca in Cattolica, sul totale dei giovani italiani i cattolici sarebbero il 18% nel 2033 e il 7% nel 2050, le giovani cattoliche il 17% nel 2033 e il 6% nel 2050. «Un dato particolarmente interessante, forse in linea con l’evolvere della sensibilità spirituale – ha sottolineato Bignardi –: aumenta la percentuale dei giovani che dichiarano di credere in una generica entità superiore ma senza far riferimento a nessuna religione: nel 2023 sono il 13,4%; nel 2020 erano l’8,7%; nel 2016 il 6,2%».

Mettersi in ascolto di chi ha scelto altre vie

Dalle cifre alle storie. I numeri dicono molto. Ma non tutto. Ecco, allora, l’importanza di mettersi in ascolto dei giovani che hanno lasciato la Chiesa e la fede per conoscere e condividere i vissuti, i motivi e le dinamiche dell’abbandono, come ha fatto l’Istituto Toniolo con quest’ultima indagine. Nelle parole dei giovani, il ritratto di una Chiesa istituzione lontana dalla vita, più brava a giudicare che ad ascoltare e accogliere, più “azienda” che comunità dove sperimentare una fede e una spiritualità che sanno rispondere alla vita e alle sue domande di senso. Questi giovani «hanno difficoltà a riconoscersi negli insegnamenti della Chiesa, nella sua visione della vita e soprattutto nei suoi insegnamenti morali – scrive Bignardi –. Particolarmente presente è il tema dell’omosessualità; chi vive questa esperienza parla del suo essersi sentito giudicato e rifiutato; chi guarda la questione dall’esterno ritiene discriminatorie le posizioni della Chiesa e in contrasto con i suoi insegnamenti». Linguaggi e liturgia fanno sentire estranei. E l’abbandono della Chiesa è in genere graduale, consapevole, solo in alcuni casi “arrabbiato”.

Nuove rotte fra religione e spiritualità

Nelle parole di quegli stessi giovani c’è però anche nostalgia per la fede e la comunità cristiana. E c’è il sogno di una Chiesa aperta, plurale, libera e liberante, povera e vicina ai poveri, al dolore, alle fragilità: una Chiesa giovane e gioiosa, fa sintesi Giovanna Canale, docente, in uno dei contributi raccolti nel libro. I giovani lasciano la Chiesa, ma non sempre la fede, né la ricerca spirituale. Interiorità, natura, connessione i tre “luoghi spirituali” che emergono dalle interviste. Che sembrano confermare quanto scrive il teologo Tomáš Halík, citato da Bignardi: «La sfida principale per il cristianesimo ecclesiale di oggi è il cambiamento di rotta dalla religione alla spiritualità».

L’addio delle giovani donne

Fra i nodi incandescenti che emergono dall’indagine, quello che Fabio Introini e Cristina Pasqualini chiamano «l’esodo silenzioso delle giovani donne»: iniziato con la Generazione X (le nate fra 1965 e 1979), proseguito con le Millennials (1980-1995), continua con la Generazione Z (1996-2010). Per troppo tempo la Chiesa ha considerato le donne una presenza scontata, dovuta, ancillare all’establishment maschile. E oggi? Ragazze e giovani donne faticano a trovare ascolto e risposte alle loro esigenze, alle loro attese, al loro vissuto. Dall’iniziazione cristiana all’oratorio, troppe cose sono a misura di maschio.

Le “dinamiche dell’abbandono” parlano di percorsi “emancipativi” e «profondamente legati alla mobilità innescati dai percorsi di carriera di studio e lavoro». Che portano a contatto con la complessità della vita e dell’umano. E sono «la matrice di nuove domande di senso ma anche le fonti di nuovi saperi che fanno breccia nella precedente visione del mondo». L’addio, in genere non polemico, si fa “arrabbiato” «in riferimento al rapporto che l’istituzione ecclesiale mantiene con la comunità Lgbtq+ o in merito alla questione dell’aborto», e quando si toccano «la sfera della corporeità, della sessualità, delle relazioni di coppia e della maternità», scrivono Introini e Pasqualini.

La fede pare “protestantizzarsi”: non nel senso di una “individualizzazione” ma «per via del suo “trasformarsi” nel perseguimento del proprio “Beruf” di weberiana memoria, vale a dire il pieno compimento della propria vocazione “intramondana” nell’esercizio motivato e totalizzante del lavoro». Infine: le giovani intervistate, abituate a non avere spazio decisionale nella Chiesa, non lo rivendicano: hanno imparato a farne a meno. E a fare a meno della Chiesa. Ma la Chiesa può fare a meno delle donne? Come vivere e annunciare il Vangelo – e come essere Chiesa – senza di loro?

Chi se n’è andato, chi è rimasto: duecento voci da ascoltare

Cento giovani di tutta Italia, fra i 18 e i 29 anni, che si sono allontanati dalla Chiesa e dalla religione cattolica, ai quali – tramite colloqui individuali – è stato chiesto di raccontare il cammino dall’appartenenza ecclesiale all’“esodo”, la concezione di spiritualità, il pensiero sulla Chiesa e la fede. E 91 giovani che invece sono rimasti “vicini” alla Chiesa, le cui esperienze e idee sono state raccolte con la tecnica del focus group. Sono i due sotto-campioni dell’indagine pubblicata nel volume a cura di Rita Bichi e Paola Bignardi “Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità” (Vita e Pensiero, 2024): ricerca che giunge a quasi dieci anni dall’indagine raccolta nel libro “Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia” (Vita e Pensiero, 2015) anch’esso curato da Bichi e Bignardi. “Cerco, dunque credo?” è promosso dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con il Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, la Facoltà Teologica del Triveneto, l’Istituto superiore di Scienze religiose “Alberto Marvelli” delle diocesi di Rimini e di San Marino-Montefeltro e la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione “San Tommaso d’Aquino” di Napoli. Il risultato? Un ritratto provocatorio e illuminante della realtà dei giovani. E un appello alla “conversione” della Chiesa. A partire dal dialogo con i giovani e la loro vita.

Progetti. «Abbiamo rilanciato il laboratorio per la felicità di coppia»

Sette anni fa Marco e Maria avevano inventato Briicks, una strategia per nutrire l’amore a due con libri, giochi, percorsi. Ora l’esperienza riparte in grande con l’Editrice Effatà
«Abbiamo rilanciato il laboratorio per la felicità di coppia»
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Il «laboratorio di felicità per coppie» Briicks entra a far parte di Effatà Editrice. Fondato nel 2017 dagli amici e colleghi Marco Mattio, informatico e digital designer, e Maria Cesaro, grafica e illustratrice, il progetto era nato per creare libri, giochi, percorsi, ovvero «strumenti per nutrire la coppia e prendere coscienza del valore immenso che ha nella vita di ciascuno e nella società una relazione profondamente felice. Per ciascuna fase della coppia c’è un prodotto che aiuta a camminare insieme e regali per i futuri sposi». Infatti «crescere come coppia è possibile e farlo può essere anche molto divertente.

Ogni esperienza è adatta ad un momento specifico che la coppia sta vivendo» e le aiuta «a prendersi cura del proprio amore. Abbiamo scoperto che ci sono tantissimi modi per esprimere l’amore, le persone possono essere profondamente simili, amarsi molto, ma non riuscire a comunicarlo come si vorrebbe». Un paio di titoli erano già presenti nel catalogo Effatà, che ora ha acquisito tutta la produzione Briicks.

Purtroppo un anno fa Marco e Maria avevano annunciato la chiusura dell’esperienza. «Il 16 marzo 2023 avevamo deciso che la società che aveva in concessione il marchio Briicks non poteva stare più in piedi. Ma dopo questo annuncio ci avete aiutato tantissimo a svuotare il nostro magazzino. L’ultima parte l’ha acquistata Effatà Editrice, perché porterà avanti il nostro progetto: sappiamo che faranno benissimo e daranno continuità a Briicks per il quale abbiamo speso 7 anni di vita. Grazie anche a questa acquisizione siamo riusciti a saldare gli ultimi debiti», raccontano su YouTube.

«Siamo molto felici di aver lasciato tutto il progetto in mano a Effatà, perché siamo sicuri che – essendo in linea con i nostri valori e avendo già collaborato in passato – sapranno fare un ottimo lavoro. Noi continueremo a essere autori delle esperienze e magari, in futuro, ce ne saranno di nuove». Intanto si può scegliere fra “Love Island. L’isola dei momenti speciali di coppia” a “Tree Time. Mamma e papà si prendono cura del loro amore”, “Love Mountain. Sfide per cuori che puntano in alto” ed “Evergreen Love. Il gioco delle domande che vi farà conoscere ancora di più”, “Grow Your Love. 90 messaggi potenzianti per crescere la vostra relazione” e “Adnega. Date spazio al potere della gratitudine nella vostra relazione di coppia”, oltre a “Our First Year Love. La mappa per uscire vittoriosi dal primo anno di convivenza” e “Happiness52. Donate al primo anno da sposi un messaggio settimanale di amore”.

«La relazione con i creatori di Briicks era stata già avviata da molti anni con la diffusione libraria di due manuali. Quando Marco e Maria hanno annunciato che erano in difficoltà per portare avanti il progetto, ci siamo fatti avanti per capire come dare una mano, dato che eravamo molto contenti della collaborazione. Dopo vari studi e approfondimenti, abbiamo optato per l’acquisizione del progetto Briicks compreso il marchio», commenta Gregorio Pellegrino, che per Effatà editrice sta curando la fusione tra le due realtà editoriali. «Per noi questa è una scelta strategica, perché questo passaggio è avvenuto in concomitanza con alcuni ragionamenti che stiamo facendo da tempo. Data la difficoltà del mercato librario religioso in Italia ed essendo noi editori indipendenti, stiamo cercando di capire come riposizionarci perché Effatà sia a prova di futuro. I temi che ci sono cari sono quelli della relazione e della coppia, dal punto di vista psicologico e spirituale, e quelli del sociale. Stiamo pensando di creare nuove collane e il progetto Briicks ci porta a proporre i nostri contenuti a un pubblico laico, non connotato da un punto di vista religioso».

Infatti la relazione di coppia è sempre molto sfidante dal punto di vista relazionale, lavorativo, economico, con equilibri in continua evoluzione. Ci piaceva dare strumenti semplici e anche accattivanti graficamente, ma con una base scientifica di psicologi e sessuologi, di supporto e per aiutare le coppie a porsi delle domande». Pensando – specifica Pellegrino – «a tutte le coppie, anche quelle più lontane dai percorsi ecclesiali».

Prossimamente il progetto Briicks sarà al Salone del Libro di Torino all’interno dello stand Effatà anche con gadgets e attività; inoltre consulenti si stanno occupando del sito e dello sviluppo della diffusione diretta dei prodotti, che sbarcheranno pure su Amazon e altre piattaforme di e-commerce. Ma c’è una sorpresa, ancora a livello embrionale: «Stiamo progettando una collana di libri agili sui temi più sentiti dalle coppie, dove prevediamo una collaborazione dei creatori e degli esperti di Briicks».

Storia. Così Federico II e Al-Malik governavano il mondo costruendo la pace

Dalle due sponde del Mediterraneo il sovrano ayyubide e lo “stupor mundi” avevano molto in comune: arti, scienze e diplomazia. E infatti la Sesta crociata si concluse in modo incruento
L'incontro tra Federico II e Al-Malik in una miniatura per la "Nova Cronica" di Giovanni Villani (1348)

L’incontro tra Federico II e Al-Malik in una miniatura per la “Nova Cronica” di Giovanni Villani (1348)

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Le Marche celebrano Federico II di Svevia ad Ancona (11-14 aprile) e Jesi (9-11 maggio) conl primo festival di storia dedicato alla figura di Federico, curato da Fulvio Delle Donne e dal titolo: “Stupor Mundi. Cercare la pace e stupire il mondo”. Questa prima edizione propone lezioni di docenti universitari come Franco Cardini, Agostino Paravicini Bagliani, Umberto Longo, Amedeo Feniello, Alessandro Vanoli, Laura Minervini, Annick Peters-Custot, Oleg Voskoboynikov, Antonio Musarra. Qui anticipiamo in sintesi la lezione di Marina Montesano; programma completo su www.festival-stupormundi.it.

Nel 1229, Al-Malik al-Kamil governava come sultano un vasto territorio che andava dall’Egitto alla Siria, e includeva dunque la Terra Santa. La sua dinastia, detta ayyubide, aveva conosciuto una straordinaria ascesa grazie a suo zio, Salah ad-Din Yusuf ibn Ayyub, per gli occidentali Saladino, generale curdo al servizio dei governanti zengidi di Mosul. Egli aveva creato il sultanato ayyubide nel 1171 grazie alla conquista dell’Egitto, riportato all’islam sunnita dopo la lunga parentesi del califfato fatimide sciita.

Fu un buon governo, quello degli ayyubidi, che mantennero una forte infrastruttura militare e politica, in grado di resistere alle minacce esterne, tra cui le invasioni crociate e le incursioni mongole. Stabilirono relazioni diplomatiche con gli Stati vicini e si impegnarono in alleanze e trattati per salvaguardare i loro territori. Allo stesso tempo, il periodo fu testimone di significativi progressi culturali e intellettuali. Al-Kamil sponsorizzò numerosi studiosi, poeti e artisti, contribuendo alla fioritura delle attività intellettuali e artistiche durante il suo regno. Egli attirava presso la sua corte del Cairo studiosi provenienti da varie parti del mondo islamico. Fornì loro risorse, tra cui biblioteche e stipendi, per condurre ricerche e studi. Questi studiosi contribuirono al progresso in campi come la teologia, la legge, la filosofia, la medicina e l’astronomia. Inoltre, egli sosteneva iniziative di traduzione, in particolare dal greco e da altre lingue, all’arabo. Uno sforzo atto a facilitare la trasmissione del sapere dalle antiche civiltà al mondo islamico, favorendone la crescita intellettuale e l’innovazione. Sotto di lui, il Cairo divenne un centro di attività letteraria e poetica, oltre a sponsorizzare la costruzione di moschee, madrase, palazzi e altri progetti architettonici. La corte di Al-Kamil era nota per il suo carattere cosmopolita e accoglieva studiosi e artisti provenienti da contesti culturali diversi. Questa atmosfera di scambio culturale favoriva la tolleranza e la comprensione tra le diverse comunità religiose ed etniche del suo regno.

Sull’altra sponda del Mediterraneo, in Italia meridionale, contemporaneamente al sultanato di Al-Kamil, regnava Federico II, re di Sicilia a soli quattro anni, nel 1198, e dal 1220 incoronato imperatore. Il lettore avrà riconosciuto, nello specchio del sultanato ayyubbide, molti dei caratteri di fondo del regno di Federico. La sua corte era un centro d’irradiazione di novità e di sperimentazioni culturali. La scuola poetica siciliana era sì debitrice della tradizione provenzale dei trovatori, ma a quell’influenza aveva unito i caratteri della tradizione lirica araba, sviluppata nell’isola dalla dominazione islamica e poi anche in epoca normanna. Lo stesso Federico II e i suoi figli Enzo e Manfredi poetarono, insieme a figure di spicco quali Giacomo da Lentini, Guido delle Colonne, Pier della Vigna, Cielo d’Alcamo, Jacopo da Bologna.

Presso la curia federiciana convennero studiosi tra i più notevoli del tempo, come il filosofo e astrologo Michele Scoto, che tradusse alcune opere di Aristotele; l’arabo cristiano Teodoro; l’enciclopedista ebreo Juda ben Salomon Cohen. Il sovrano ordinò la fondazione dello Studium napoletano di diritto e curò la scuola medica salernitana. Continuò la tradizione normanna di edificare castelli, spesso aggiungendo nuove strutture alle precedenti, ma edificò dal nulla il capolavoro di Castel del Monte. Come tutti gli aristocratici del suo tempo era amante della caccia, ma Federico stesso fu autore di un celebre trattato di falconeria, il De arte venandi cum avibus, nel quale immise il frutto della sua straordinaria capacità di osservazione.

Insomma, Al Kamil e Federico II avevano molto in comune fra loro, ed è per questo che il loro incontro durante quella che siamo soliti chiamare “sesta crociata” diede vita a qualcosa di nuovo: invece di combattere, i due sovrani si accordarono per negoziare lo status di Gerusalemme senza spargimento di sangue. Federico II andò all’incontro in una posizione particolare; poiché non si decideva a partire per la spedizione, Gregorio IX l’aveva scomunicato, e i suoi nemici in Italia avevano invaso il regno di Sicilia. Anche la pace con il sultano non piacque: si sarebbe preferita la guerra, invece del Trattato di Giaffa che nel 1229 poneva fine alle ostilità e permetteva ai cristiani di riprendere il controllo di Gerusalemme, acquisito dai crociati con una strage nel 1099 e perso per opera del Saladino nel 1187. Il trattato garantiva ai cristiani l’accesso ai luoghi santi di Gerusalemme, compresa la chiesa del Santo Sepolcro, il rilascio dei prigionieri e un passaggio sicuro ai pellegrini. In cambio Federico non proseguiva nella guerra. Sia chiaro: nessuno dei due era un idealista; entrambi avevano dimostrato di saper tenere saldamente il potere, anche con il pugno di ferro. Nel 1225, Federico aveva contrattato un’alleanza matrimoniale con Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme: ne avrebbe sposato la figlia ed erede Isabella II. Dopo aver negoziato il trattato di Giaffa con il sultano, Federico si recò a Gerusalemme per affermare la sua pretesa al trono. Il suo matrimonio con Isabella II e il suo status di consorte fornirono la base legale e politica per la sua incoronazione come re di Gerusalemme. Dunque, l’interesse politico entrò certamente nel patto fra i due, che non vanno scambiati per “pacifisti”, termine che all’epoca non avrebbe avuto senso; entrambi, però, considerarono che l’assenza di guerra, per una questione che si poteva risolvere altrimenti, fosse una buona mossa. In fondo, trattative e paci non si stipulano forse fra nemici?

Festival Biblico: ecco i 200 appuntamenti per festeggiare i 20 anni

È “Agape” il filo conduttore della rassegna 2024 presentata a Vicenza, dove ha avuto origine prima di espandersi a tutta Italia: quest’anno entrano anche Alba, Catania e Genova

La presentazione del Festival biblico 2023 nella sala Stucchi del comune di Vicenza

La presentazione del Festival biblico 2023 nella sala Stucchi del comune di Vicenza – Romina Gobbo

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Il Festival Biblico, iniziativa della diocesi di Vicenza e Società San Paolo, compie vent’anni. E festeggia con oltre 200 appuntamenti, in programma tra Vicenza, Verona, Padova, Rovigo, Vittorio Veneto (TV), Treviso, Chioggia (Ve), Alba (Cn), ma anche nelle new entry Alba Catania e Genova, dal 18 aprile al 26 maggio, e con un’iniziativa speciale conclusiva, il Festival Biblico tech, il 9 e 10 novembre. Inaugurata oggi, nella sala Stucchi del comune di Vicenza, la ventesima edizione – il cui filo conduttore è “Agape” – si è aperta con i saluti del sindaco Giacomo Possamai e del vescovo Giuliano Brugnotto, che ha sottolineato come «il Festival biblico sia un modo per la Chiesa di stare nel mondo, nonché un appuntamento per creare coscienza».

«Agape è il nucleo sintetico e generativo di tutta la Sacra Scrittura. E, nello stesso tempo, è anche la grande risorsa che il cristianesimo di oggi può mettere in campo nella società; è il grande contributo che i cristiani possono offrire. Agape è l’amore generativo di Dio, che Egli espande su tutte le creature come anima del loro esistere», ha spiegato don Roberto Tommasi (presidente del Festival, in rappresentanza della diocesi).

«Si tratta di un tema trasversale a tutte le Sacre Scritture – ha aggiunto la direttrice generale, Roberta Rocelli -, potente nella sua essenzialità e radicale per questi tempi, perché suggerisce un modo di abitare il mondo, a livello sociale e civile, rivelandosi nella concretezza delle relazioni della vita di ogni giorno. La prima lettera di Giovanni, in particolare il capitolo 4, versetto 7 “Carissimi, amiamoci gli uni e gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama, è nato da Dio e conosce Dio”, sarà il nostro punto di partenza».

Don Ampelio Crema (presidente del Festival, in rappresentanza della Società San Paolo), nel ripercorrere i vent’anni, ha affermato che la motivazione da cui scaturì l’iniziativa, ovvero «far sì che la Bibbia uscisse dalle sacrestie ed entrasse il più possibile in contatto con le città, è più che mai valida. La Bibbia parla ancora all’oggi, e ha anche la capacità di provocare, come si può vedere dai vari temi affrontati negli anni». Un successo confermato anche dai numeri dell’edizione 2023: circa 25mila presenze nelle sette diocesi; 169 eventi realizzati; 316 ospiti.

Nel delineare le caratteristiche che rendono longeva una manifestazione di questo tipo, il sociologo Maurizio Busacca, ricercatore all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha detto: «È importante che i festival siano inclusivi, che siano aperti a dialogare con chi è al di fuori della stretta cerchia di addetti ai lavori, che pongano attenzione a chi partecipa all’organizzazione – lavoratori e volontari – nonché agli impatti locali, ovvero il valore sociale, culturale ed economico generati».

La stagione culturale si apre giovedì 18 aprile al Teatro Olimpico di Vicenza, con un dialogo fra il filosofo francese François Jullien e il teologo Alberto Cozzi. Lunedì 20 maggio, invece, a dialogare saranno il prefetto per il dicastero della Cultura, José Tolentino de Mendonça, e il filosofo Massimo Cacciari. Altri tre eventi speciali – tutti ospitati nel Parco della Pace saranno all’insegna di arte e musica: Jesus’ blood never failed me yet, suggestiva performance che coinvolgerà il pubblico in un’esperienza immersiva e innovativa (giovedì 23 maggio), il concerto della band piemontese dei Perturbazione con Nada, che riporteranno al Biblico La Buona Novella di Fabrizio De André (venerdì 24 maggio), e il concerto di piano solo del celebre pianista, compositore e produttore Daino Faini, in arte Dardust (sabato 25 maggio).

Dal 2 al 5 maggio, il festival sarà a Verona. Il clou sarà il dialogo tra il teologo Paolo Curtaz, il cardinale Jean Marc Aveline, arcivescovo metropolita di Marsiglia, la giornalista Francesca Mannocchi e fratel Giulio Michelini, direttore dell’Istituto Teologico di Assisi.

Dal 19 al 21 aprile, appuntamento nelle nuove sedi di Catania e Genova e, dal 29 al 30 aprile, ad Alba, con dialoghi, meditazioni e incontri biblici “giorno e notte”. Tra gli ospiti: Maurizio Gronchi, professore ordinario di Cristologia Pontificia Università Urbaniana, (Catania 19 aprile), il vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri, Ambrogio Spreafico e don Antonio Raspanti, vice-presidente Cei (Genova, 20 aprile ), la biblista Silvia Zanconato e il sociologo Franco Garelli (Alba, 29 e 30 aprile).

Si arriverà poi dal 9 al 12 maggio nelle città di Padova e Rovigo (attive anche con alcune città in provincia dal 6 al 9 maggio), che ospiteranno entrambe un atteso incontro con i domenicani padre Timothy Radcliffe e padre Łukasz Popko, a partire da loro ultimo libro Domande di Dio, domande a Dio. In dialogo con la Bibbia. A Padova interverranno anche il monaco di Bose, Luciano Manicardi, la teologa Simona Segoloni e la giornalista Ritanna Armeni; mentre a Rovigo dialogheranno lo scrittore e drammaturgo francese Eric-Emmanuel Schmitt e Antonio Spadaro, sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e tornerà anche Luciano Manicardi per un doppio appuntamento: un incontro biblico giorno e notte e un dialogo con la scrittrice Antonia Chiara Scardicchio.

Il fine settimana successivo sarà la volta delle sedi di Vittorio Veneto e Chioggia da 17 al 19 maggio. A Vittorio Veneto dialogheranno tra gli altri, Luigi Perissinotto, filosofo del linguaggio, e Beatrice Cristalli, linguista, la sociologa Sara Nanetti e il direttore di Famiglia Cristiana, don Stefano Stimamiglio, i giornalisti Nello Scavo, Riccardo Maccioni Pier Maria Mazzola con Mariagrazia Salmaso, direttrice del Centro Missionario Diocesi di Vittorio Veneto. Il programma di Chioggia vedrà, invece, tra gli ospiti il presidente del Tribunale di Venezia, Salvatore Laganà, padre Guido Bertagna, esperto di giustizia riparativa, il professor Giovanni Bachelet, figlio di vittima del terrorismo, e don Antonio Pitta, presidente dell’Associazione Biblica Italiana, nonché prorettore dell’Università Lateranense.

Si arriverà così alla fine della primavera dal vivo del Festival Biblico 2024, con Treviso e Vicenza, entrambe dal 23 al 26 maggio. Tra gli ospiti di Treviso: lo scrittore e regista Manlio Castagna, il poeta Paolo Ruffilli, la filosofa Catherine Chalier e la suora orsolina Grazia Papola.

A Vicenza, infine, dopo i primi due appuntamenti speciali del 18 aprile e del 20 maggio, il Festival prenderà ufficialmente il via giovedì 23 maggio e fino a domenica 26 proporrà un calendario di oltre trenta appuntamenti che vedranno, tra gli ospiti, la poetessa Mariangela Gualtieri, l’economista Luigino Bruni, il giornalista Fausto Gasparroni, lo scrittore Matteo Bussola, Cecilia Strada di ResQ People Saving People, Chiara Albanese, corrispondente di Bloomberg News, fra Adrien Candiard padre domenicano di base in Egitto, la teologa Elizabeth Green.

La provincia di Vicenza sarà quest’anno attiva da giovedì 16 a martedì 21 maggio con 11 città e circa 30 appuntamenti. Programma completo del Festival al sito: https://www.festivalbiblico.it/edizione/festival-biblico/2024/.